Care sorelle e fratelli, vogliamo raccogliere le proposte che Papa Francesco consegna all’umanità in questa 55ma Giornata Mondiale della Pace, per un “dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura: come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace (Is 52,7)”.
Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. L’esigenza e nello stesso tempo la difficoltà a praticare questo esercizio: custodire ciò che viviamo, attraverso la meditazione nel cuore.
Care sorelle e fratelli, abbiamo appena ascoltato queste parole: “Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”.
Care sorelle e fratelli, viviamo insieme questa celebrazione nel ricordo del Natale del Signore. Non molti secoli fa un uomo ha detto: “Fino ad oggi abbiamo cercato di capire il mondo, adesso dobbiamo cambiarlo”.
Cosa c’è di più bello e consolante di avere fiducia di qualcuno e di sentire che qualcuno ha fiducia in noi? Ma questa bellezza e consolazione sembrano esposte alla precarietà e alla delusione, che alimentano indifferenza, amarezza e a volte anche violenza.
Cari giovani ordinandi, siete stati chiamati per nome. Questa chiamata è molto particolare. Non è l’unica, non è la prima. Essere chiamati per nome ha qualcosa che, in maniera non sempre chiara, ci riconduce a Dio. Penso a quando una persona nasce: ancor prima che venga alla luce si pensa al suo nome, un nome proprio per quella persona.
Cari fratelli e sorelle, il dono dello Spirito Santo accompagna tutta l’esistenza di Gesù, ma nell’ultima parte della sua esistenza terrena Gesù si sofferma più volte su questo dono. Prima della passione, nei discorsi dell’ultima cena, Gesù promette lo Spirito.
Cari fratelli e sorelle, ci sono state consegnate alcune testimonianze e alcune storie. Vorrei dire grazie. Questa sera invochiamo insieme lo Spirito, con una corale invocazione, riconoscendo la vitalità generativa dello Spirito. Ciascuna delle realtà che voi rappresentate, ciascuna delle nostre comunità è espressione di questa generatività dello Spirito.
Vi è un appello che risuona in questi mesi, con esiti diversi: l’appello all’unità. Nel pericolo, nel bisogno, di fronte all’assalto di un male oscuro, sembra istintivo “serrare le fila”. Un appello che ha trovato inizialmente riscontri immediati, per poi risuonare sempre più inascoltato, mentre un altro istintivo sentimento è andato crescendo: “si salvi chi può”. Con insistenza instancabile, il Santo Padre richiama all’unità che abbracci tutti, senza escludere coloro che “non contano”, ma le logiche esclusive rimangono in agguato.
Abbiamo ascoltato le parole di Vangelo che annunciano una speranza: il lebbroso è guarito. Le abbiamo ascoltate oggi, proprio nei giorni in cui, un anno fa, la violenza del contagio si manifestava lontano da noi e poche settimane dopo, avrebbe colpito anche noi come mai avremmo immaginato.