Care sorelle e fratelli, cari sacerdoti e diaconi, cari amici che siete uniti in preghiera attraverso la diretta televisiva, stiamo celebrando la solennità di Maria venerata come Madre di Dio. La figura di Maria è sempre un pensiero che apre il cuore, apre il cuore alla preghiera, apre il cuore alla speranza.
Care sorelle e fratelli, dobbiamo ammettere che viviamo un tempo in cui tutti desideriamo essere ascoltati. Non solo in questi giorni o in questi mesi, segnati dal silenzio e da tante parole che sono rimaste in noi. Ma anche gli anni che stiamo vivendo sono contrassegnati da questo bisogno, da questa attesa: tutti ci attendiamo di essere ascoltati veramente, ascoltati anche nelle parole che non riusciamo a dire.
Care sorelle e fratelli, dobbiamo ammettere che gran parte della vita di Gesù ci è sconosciuta. Sappiamo che è stata una vita relativamente breve, tenendo presenti le condizioni del suo tempo, ma poi non ne abbiamo molte notizie, se non dell’ultima parte della sua esistenza, quando ormai adulto comincia la sua missione. Prima le informazioni sono esigue, frammentarie, qualcuna anche un po’ leggendaria.
Care sorelle e fratelli, presenti in questa chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie o uniti spiritualmente attraverso la diretta televisiva a questa preghiera che innalzeremo a Maria e, attraverso di lei, al Signore. Ho desiderato tanto questo appuntamento. Nei mesi più violenti della pandemia siamo stati in compagnia spirituale: abbiamo condiviso tanto pur da lontano.
Care sorelle e fratelli,
abbiamo appena non solo ascoltato, ma visto questi giovani chiamati e confermati dal Vescovo a nome di tutta la Chiesa come coloro che verranno ordinati presbiteri, in un anno particolare, tanto che siamo rimasti incerti non sulla loro ordinazione, quanto sulla data della celebrazione.
Il comandamento dell’amore fraterno, che abbiamo sentito risuonare nel Vangelo, è connotato da due caratteristiche: l’esemplarità dell’amore di Gesù e il dono della propria vita. È a queste caratteristiche che vogliamo ispirarci nella festa del nostro Patrono, S.Alessandro. Gesù offre ai suoi discepoli l’esempio del suo amore nell’infinita gamma delle sue espressioni.
Care sorelle e fratelli, il Vangelo che abbiamo appena ascoltato segna in maniera indimenticabile la nostra fede: Gesù crocifisso con presso di lui, nel momento della morte, sua madre. Stava. Tra coloro che sono rimasti vicino a Gesù fino alla fine c’è proprio sua madre. Gesù volge lo sguardo a lei. Possiamo immaginare gli occhi del crocifisso mentre consegna sua madre al discepolo e consegna il discepolo a sua madre.
Una delle iniziali conseguenze della pandemia è stata la scomparsa della Chiesa. Vietate tutte le liturgie, ogni forma di incontro comunitario, la possibilità di visitare famiglie, anziani e malati, chiusi oratori, centri di ascolto, scuole parrocchiali e paritarie, impediti gli ingressi negli ospedali e nelle case di riposo, la Chiesa si è ritrovata senza corpo, invisibile.
Care sorelle e fratelli, abbiamo appena udito che la sera del giorno di Pasqua, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, per timore dei Giudei, venne Gesù. Gesù viene a porte chiuse. Non sfondando la porta.
Care sorelle e fratelli, innanzitutto grazie! Grazie a voi per la vostra presenza. Grazie a coloro che ci hanno offerto la testimonianza. Grazie a coloro che ci stanno seguendo dalle loro case, non soltanto per ascoltare le parole che ci vengono offerte ma per pregare insieme.