Pontificale del giorno di Pasqua

05-04-2015
Care sorelle e fratelli,
Proprio nell’annuncio della pagina evangelica abbiamo sentito le parole che squarciano la storia degli uomini, che squarciano ogni notte e ogni morte. Alle donne che vanno per il gesto della pietà nei confronti del loro amato maestro, morto, e si domandano – come da sempre l’uomo – “Chi ci rotolerà la pietra dal sepolcro?”, risponde l’angelo: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto! Non è qui”. Queste sono le parole che continuamente ricreano la storia e la speranza.
 
Nonostante tutte le smentite, nonostante tutte le delusioni, nonostante tutte le oscurità, anzi queste parole risuonano in tutte le smentite, delusioni, oscurità. I cristiani raccolgono queste parole e le fanno diventare il cuore della loro fede. Siamo cristiani perché crediamo alle parole dell’angelo.
 
Per i cristiani la morte non è la fine, non è una pietra tombale sulla vita, ma è una porta, un parto, un passaggio. Lo crediamo per la nostra fede in Cristo Gesù che con la sua morte e la sua risurrezione ha aperto la porta, ci ha partoriti ad una vita nuova, ha aperto il varco impensabile.
 
Con la risurrezione di Gesù si inaugura una vita nuova. Una “vita nuova”, non semplicemente una “nuova vita”. Una nuova vita siamo capaci di darcela da soli. A volte è avvenuto: possiamo raccontare di quando i nostri sentimenti o i nostri gesti sono stati abitati dalla decisione o dalla determinazione di cominciare una nuova vita. Gesù risorto inaugura qualcosa di impensabile, qualcosa che non sta nell’orizzonte delle possibilità che ci diamo, anche quelle più ampie, le più raffinate, le più tecnicamente meravigliose. Noi possiamo creare una nuova vita, ma Gesù inaugura una vita nuova.
 
È qualcosa di diverso. Una nuova vita comincia quando ci sposiamo, quando dopo una malattia ricominciamo in salute, quando dopo un periodo oscuro nel nostro lavoro apriamo un nuovo varco. Una nuova vita comincia anche quando abbandoniamo un vizio, una debolezza, un tradimento e cominciamo una nuova vita. Ma la “vita nuova” è solo un dono. La nuova vita dipende da noi, dalle nostre decisioni. La vita nuova può essere soltanto un dono.
 
È un dono la vita che abbiamo ricevuto, qualcuno pensa che sia semplicemente una combinazione ma vorremmo ricordare e per tanti mi auguro ringraziare i nostri genitori per la vita che ci hanno donato. Nella risurrezione di Gesù, Dio stesso ci dona una nuova vita. Benedetti quei genitori che credono e che ai loro figli donano attraverso il sacramento del battesimo questa nuova vita. Una vita che non è destinata alla morte.
 
Le “vite nuove” che possono essere più nel corso di una vita sono sotto il segno della morte, sono destinate a finire, ma la nuova vita non è sotto il potere della morte, è la vita del Risorto.
 
Gesù è veramente il nuovo Adamo. Possiamo vedere questa vita nuova proprio nella sua storia: nella storia di Gesù possiamo capire cosa è una vita nuova. È una vita che genera vita. Quando io comincio una nuova vita sono contento per me e penso di far contenti altri. Qui non si tratta soltanto di essere contenti. Gesù, il nuovo Adamo, colui che nella sua morte e risurrezione ci fa dono della vita nuova, è colui che genera vita. Sembra che dalle sue parole, dalle sue mani, dal suo esserci, dai suoi incontri sbocci la vita, fiorisca la vita come una primavera. Lo possiamo riconoscere nel Vangelo e il fascino di Gesù anche per chi non crede sta in questo: non soltanto la luce che le sue parole rappresentano, non soltanto la sua ricchezza umana, non soltanto il suo coraggio, non soltanto il suo sacrificio, ma è la seminagione di vita che Gesù continuamente distribuisce ciò che tutti colpisce. Gesù passa e la vita fiorisce.
 
Questa è la vita nuova: una vita che genera vita, una vita che destruttura e scatena tutti quei poteri che vogliono mettere la mani sulla vita. Perché Gesù finisce così? Perché quell’ostilità violenta che alla fine lo porta in croce? Da parte di chi? Da parte di coloro che voglio continuare a tenere le mani sulla vita. E così continua sempre la vicenda umana: c’è sempre qualcuno che pretende di mettere la mani sulla vita.
 
Gesù muore e risorge perché la sua è una vita nuova. La nostra vita è mortale, anche la morte è mortale. Finisce la morte. La vita del Risorto è una vita decisiva, definitiva. Non immaginate la vita eterna, la vita oltre la morte, semplicemente come un prolungarsi del tempo e ci auguriamo felice. Non è semplicemente questo. È quello che abita nel profondo del cuore di ogni uomo, cioè il desiderio di una vita veramente piena, veramente realizzata, veramente pacificata, veramente luminosa. Questa è la vita del Risorto, questa è la seminagione che esce dalle sue mani.
 
Una vita che per prima viene accolta e riconosciuta da chi fa fatica a vivere. Quelli sì, per primi, non abbagliati dalle nostre pretese di vita, sono i primi a dire “è arrivata la vita nuova”.
 
Una vita che non si ferma nemmeno di fronte ai nostri peccati. A volte i nostri peccati ci pesano come una morte: svuotano le nostre energie, le nostre determinazioni, le nostre voglie di bene, i nostri tentativi, i nostri propositi e si riflettono sulla vita delle nostre famiglie, delle nostre comunità, della nostra società. La vita nuova non è uccisa nemmeno dal potere del peccato e della morte.
 
Capite allora che la risurrezione non è semplicemente spalancare le porte dell’al di là, ma è l’inizio di una vita nuova. Coloro che credono in Cristo e ricevono il suo dono – il dono del battesimo, il dono dell’Eucaristia – alimentano la vita nuova. Gesù è una primizia: ogni volta che chi crede in lui lo asseconda, vivendo tutto questo con convinzione, da lui stesso nasce vita nuova. Noi siamo limitati, la nostra vita cristiana a volte ci sembra troppo povera, eppure possiamo dire che nel momento in cui abbiamo assecondato il dono di Gesù, la sua vita nuova, nel momento in cui abbiamo vissuto secondo il suo Vangelo, veramente attorno a noi si è generata vita, anche nel momento più cupo del dolore, addirittura dentro quell’oscurità che è la disperazione che a volte attraversa le nostre esistenze. La fede che apre le porte a questo dono di Dio – non soltanto a un’idea, ma alla sua stessa vita – è capace di illuminare e rigenerare anche l’oscurità più grande.
 
Tutto questo noi cristiani lo dobbiamo testimoniare non con virulenza o con forza pretendendo perfezioni che non avremo mai, ma con quella gioia intima di chi ha ricevuto il grande dono. Così, in qualche modo, come siamo capaci, lo testimoniamo, lo trasmettiamo, lo coltiviamo.
 
La vita nuova non si fonda sul potere, ma sull’amore. Trova nell’amore la sua fecondità. Ecco perché la vita nuova non sta soltanto alla fine della vita, anzi è il principio di una vita. Celebrare la Pasqua ogni anno significa ritornare a questo principio vitale, rinnovando la nostra fede e la disposizione a convertirci a questo dono.
 
L’Eucaristia che celebriamo insieme ogni domenica è il memoriale, è il nutrimento di questa vita.
 
Care sorelle e cari fratelli, tutto questo si dispiega un po’ come il canto che stiamo ascoltando. Abbiamo ascoltato il “victimae paschali” così leggero, abbiamo ascoltato l’alleluia glorioso, sentiamo voci e canti che a volte sono sottili come il vento e a volte la forza degli ottoni che ci dicono la bellezza e lo splendore della vittoria. La Pasqua di risurrezione è così: passa attraverso le pieghe dell’esistenza, a volte è una forza dimessa, umile, quasi non ce ne accorgiamo, e ci sono mille persone attorno a noi – e forse anche noi siamo di queste – che stanno seminando in maniera semplice i semi della Pasqua; poi ci sono momenti in cui tutto splende, tutto risuona e allora sembra che veramente la risurrezione sia visibile agli occhi di tutti. Viviamo dentro questa realtà che è la realtà della vita: non solo fatta di luci e di ombre, di splendore e di oscurità, ma fatta anche di questi aspetti che connotano la maggior parte della nostra esistenza, a volte esaltante, anche proprio sotto il profilo del Vangelo, altre volte molto semplice e dimessa, ma altrettanto evangelica.
 
Che il Signore apra ancora il nostro cuore al dono della vita nuova, la vita del Risorto. 
(trascrizione da registrazione)