1° Maggio – S. Giuseppe Lavoratore

01-05-2015
Il ricordo delle vittime, dei feriti e della popolazione colpita dal terremoto in Nepal
 
Il ricordo delle vittime e degli uomini, delle donne e dei bambini che fuggono dalla fame, dalla guerra, dallo sfruttamento e sbarcano sulle nostre coste chiedendo aiuto
 
Il ricordo di tutti i lavoratori e di tutti coloro che il lavoro non l’hanno, lo hanno perduto, lo vivono in modo precario, sono sfruttati, sono emigrati: particolarmente i giovani e gli adulti che ormai avanti negli anni non riescono più a ricollocarsi
 
Il ricordo di coloro che sono morti sul lavoro e coloro che sono rimasti invalidi: ieri l’ultimo infortunio nel quale ha trovato la morte un operaio della Valle Imagna
 
Il saluto a tutta la grande compagine di Pneumax che ci sta ospitando e particolarmente al suo Presidente cav.Roberto Bottacini, che ringrazio d cuore
Il saluto all’intera Coldiretti provinciale, al suo Presidente Alberto Brivio
Il saluto a tutte le autorità, al sindaco, al presidente Alberto Brivio e a tutta la Coldiretti provinciale, alle rappresentanze sindacali, al parroco di Lurano e all’intera comunità, ai sacerdoti concelebranti, al vicario episcopale e al Direttore dell’ufficio di pastorale del lavoro, don Cristiano Re, a cui porgo un grazie sentito
 
La celebrazione di oggi si pone dentro le coordinate del prossimo Sinodo della famiglia, del Convegno della Chiesa italiana che si terrà a Firenze sul nuovo umanesimo e dell’inaugurazione di Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita”
 
“Senza lavoro non c’è famiglia e non c’è dignità umana”. Possiamo aggiungere: non c’è pane.
Nel messaggio del Papa all’inaugurazione di Expo abbiamo udito queste parole: Penso a tanti uomini e donne che patiscono la fame, e specialmente alla moltitudine di bambini che muoiono di fame nel mondo.”
Allora la nostra preghiera sia questa: dacci oggi il nostro pane quotidiano, il nostro lavoro quotidiano, il nostro amore quotidiano che è “la vera “energia per la vita”: l’amore per condividere il pane, in pace e fraternità. Non manchi il pane e la dignità del lavoro ad ogni uomo e donna, ha detto il Santo Padre.
 
Sono importanti tutte le forme di ammortizzatori sociali,  ma quando si è fuori dal mondo del lavoro, viene meno l’intima soddisfazione di “portare a casa il pane”. E’una questione di dignità.
Nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita (EG 192)
Non avere lavoro non è soltanto non avere il necessario per vivere, no. Noi possiamo mangiare tutti i giorni, a differenza di tanti altre persone umane: andiamo alla Caritas, andiamo al Comune, andiamo dai frati; là ci danno da mangiare. Ma questo non è il problema. Il problema è non portare il pane a casa: questo è grave, e questo toglie la dignità! Per questo dobbiamo lavorare e difendere la dignità che dà il lavoro. (Campobasso)
 
La Chiesa accoglie il grido di chi è senza lavoro e si prodiga esercitando la carità e promuovendo la giustizia, con uno stile di accompagnamento, affiancamento, promozione. In essi riconosce il volto di Cristo crocifisso, sulla croce della disoccupazione.
Inevitabile e drammatico il rapporto tra disoccupazione e povertà, ma altrettanto distruttivo il rapporto tra disoccupazione e perdita della speranza.
 
Non si tratta soltanto del posto di lavoro, ma del posto dell’uomo
Quale posto occupa l’uomo nel mondo del lavoro e quale posto occupa l’uomo nel mondo, quando non ha lavoro?
Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. … Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma  di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. (EG 53
Il rischio per tutti, politici e amministratori, sindacalisti e imprenditori, uomini dell’economia e della finanza, lavoratori e pensionati, è quello di smarrire la nostra umanità e di rassegnarci a forme di potere impersonale che non distingue tra uomini e cose.
 
La fede e l’ispirazione alimentata dai valori evangelici, sono capaci di aprire in maniera inesauribile percorsi alternativi alla disumanizzazione dell’uomo e della società.
 
Sono percorsi che vengono aperti da questa stessa Eucaristia che celebriamo in un luogo di lavoro connotato non solo da una straordinaria capacità innovativa, ma che si propone un “modello organizzativo impostato sulla valorizzazione della persona, nel pieno rispetto dei suoi diritti e della sua dignità; un ambiente di lavoro studiato con attenzione che favorisce l’armonia indispensabile per una costruttiva collaborazione a tutto campo”.
 
Sono percorsi che scaturiscono da questa Eucaristia in cui pane e vino, frutti del lavoro dell’uomo e particolarmente rappresentativi del mondo dell’agricoltura a cui ancora una volta vogliamo manifestare la nostra vicinanza, da nutrimento del corpo vengono trasformati in energia dell’anima.
 
Sono percorsi caratterizzati da:
  • l’importanza della famiglia: una famiglia vicina, unita, riconciliata
  • la coscienza della responsabilità sociale dell’imprenditore:
  • la consapevolezza responsabile di coloro che gestiscono gli strumenti finanziari in rapporto al mondo del lavoro e delle imprese presenti in un territorio riconoscibile
  • la responsabilità di chi governa e il rinnovamento del valore della partecipazione e della rappresentanza sociale, incarnato dalle compagini sindacali
  • la fiducia nelle nuove generazioni
  • una forte reazione morale alla corruzione diffusa e tentatrice.
Nutriamo la speranza con l’Eucaristia, con la responsabilità di chi lavora e con la solidarietà nei confronti di tutti coloro che sono fuori dal mondo del lavoro.