Cari giovani ordinandi, siete stati chiamati per nome. Questa chiamata è molto particolare. Non è l’unica, non è la prima. Essere chiamati per nome ha qualcosa che, in maniera non sempre chiara, ci riconduce a Dio. Penso a quando una persona nasce: ancor prima che venga alla luce si pensa al suo nome, un nome proprio per quella persona.
Cari fratelli e sorelle, il dono dello Spirito Santo accompagna tutta l’esistenza di Gesù, ma nell’ultima parte della sua esistenza terrena Gesù si sofferma più volte su questo dono. Prima della passione, nei discorsi dell’ultima cena, Gesù promette lo Spirito.
Cari fratelli e sorelle, ci sono state consegnate alcune testimonianze e alcune storie. Vorrei dire grazie. Questa sera invochiamo insieme lo Spirito, con una corale invocazione, riconoscendo la vitalità generativa dello Spirito. Ciascuna delle realtà che voi rappresentate, ciascuna delle nostre comunità è espressione di questa generatività dello Spirito.
Vi è un appello che risuona in questi mesi, con esiti diversi: l’appello all’unità. Nel pericolo, nel bisogno, di fronte all’assalto di un male oscuro, sembra istintivo “serrare le fila”. Un appello che ha trovato inizialmente riscontri immediati, per poi risuonare sempre più inascoltato, mentre un altro istintivo sentimento è andato crescendo: “si salvi chi può”. Con insistenza instancabile, il Santo Padre richiama all’unità che abbracci tutti, senza escludere coloro che “non contano”, ma le logiche esclusive rimangono in agguato.
Care sorelle e fratelli, desidero innanzitutto ringraziare l’Ospedale Papa Giovanni che ci sta accogliendo e la Comunità dei Frati che assistono i malati. Con loro saluto tutti i sacerdoti che in questi giorni e in queste settimane nei modi più diversi hanno fatto sentire la vicinanza del Signore soprattutto là dove c’era sofferenza.