Venerdì Santo nella Passione del Signore

03-04-2015
Care sorelle e fratelli,
credo che tutti potremmo dire come la croce e il Crocifisso siano ancora capaci di parlarci. Parlano del dolore, tanto più provocante quanto più innocente. Parlano e denunciano ogni prevaricazione, ogni violenza, l’ingiustizia, l’odio, quell’odio che a volte assume addirittura il volto di persone che dicono di credere in Dio e di combattere nel suo nome, quell’odio che in questi mesi, in queste settimane sembra scatenarsi in una maniera particolarmente virulenta nei confronti di cristiani in tante regioni del mondo. Vogliamo pregare per coloro che sono morti, vogliamo pregare per i cristiani perseguitati, vogliamo pregare anche per i loro persecutori.
 
La croce e il Crocifisso sono capaci di parlare di una speranza irriducibile. Paradossalmente ci parlano di tutto questo dentro una sconfitta, perché la narrazione della passione e morte di Gesù è in effetti la narrazione della sconfitta di una speranza, di una sconfitta di colui che ha incarnato il bene, di colui che ha rappresentato le attese dei poveri, dei miseri, dei malati, degli esclusi. La narrazione della passione di Gesù sembra proprio dirci della sconfitta di tante nostre fatiche volte a costruire il bene. Penso alle fatiche per costruire una bella famiglia che a volte si rivelano inutili, esposte non solo alla fragilità, ma al fallimento.
 
Il mistero del male sembra pervadere la storia e che né la nascita né la morte di Gesù abbiano distrutto il suo potere. Invece, siamo proprio qui a riconoscere qualcosa di assolutamente nuovo che è cominciato proprio con Gesù, che è cominciato proprio dalla croce e sulla croce.
 
Nella veglia pasquale proclameremo la sua risurrezione, ma la vita nuova del Risorto che ci è comunicata a partire dal battesimo viene concepita sulla croce. La vita vorremmo sempre fosse frutto dell’amore. La vita nuova è il frutto dell’amore di Dio, dell’amore più grande. La novità non comincia quando Cristo risorge, ma inizia con Cristo che muore sulla croce.
 
È la novità rappresentata dal rifiuto della potenza, dal rifiuto di utilizzare gli stessi strumenti del male a fin di bene. Quante volte noi cediamo a questa tentazione: possiamo vincere il male, soltanto se utilizziamo le sue armi in misura maggiore. La croce di Gesù è novità assoluta: rifiuto della violenza, sia della violenza che seduce, come di quella che inganna. La novità sta in nella scelta di Cristo, che noi siamo disposti a fare, ma fino a un certo punto. Si tratta invece di una scelta che viene a fare appello alla libertà e alla coscienza dell’uomo. Questa è la novità: una scelta che Cristo porta avanti fino in fondo esponendosi alla croce. La novità della croce sta in questa libera e amorosa consegna che Gesù fa di sé nelle mani dei peccatori.
 
È una novità talmente nuova che il male ne rimane ingannato, perché il male non concepisce quello che abbiamo appena ricordato, non rientra nelle sue logiche. I Padri, primi cristiani, rappresentavano la croce come un amo da pesca e Gesù come l’esca. Il male divora quell’amo e quell’esca che si rivelano mortali per lui. Il male sa solo divorare, ma l’esca contiene una possibilità e un potere che il male non prevede, anzi è proprio dall’altra parte del suo mondo. È il potere dell’amore.
 
Non è il dolore che ci salva, dolore che pure riconosciamo nella croce come se nel Crocifisso si concentrasse il dolore del mondo, anche quello di coloro che sono provati dalla malattia e dall’infermità e che oggi abbiamo qui tra noi, pensando a tutti i malati e gli infermi. Concentra tutti i dolori del mondo. La croce è capace di rappresentare il dolore umano sotto ogni profilo.
 
Non è il dolore che ci salva, ma l’amore. Un amore che non si sottrae al dolore. Noi non amiamo il dolore, ma da Gesù abbiamo imparato ad amare anche “nel” dolore. È questa la novità, è questo che rompe la logica implacabile del male.
 
La rompe nella nostra vita quotidiana quando alle logiche della rivalsa, della vendetta, della maldicenza, alle logiche che seminano odio, vengono sostituite le logiche della comprensione, della compassione, della condivisione, dell’aiuto, del perdono. È così che nasce la storia nuova.
 
È la storia che anche tanti cristiani perseguitati in questi mesi ci consegnano. Pensate, c’è un religioso bergamasco in Libano che raccoglie persone che sono state vittime del terrorismo e con queste persone va ad aiutare le famiglie che appartengono a coloro che compiono azioni terroristiche e che a loro volta hanno avuto dei morti, dei feriti, che sono state impoverite. Questa è la storia nuova. La storia del male è una storia antica che continuerà a ripetersi. A volte abbiamo l’illusione che con la potenza noi sconfiggeremo il male, invece la storia continua. Dove invece si afferma quello che Gesù ha vissuto fino in fondo sulla croce, lì si spalanca la novità. Una novità che esiste nelle nostre famiglie, che può esistere nelle nostre famiglie, che può esistere in quei luoghi perseguitati, che finalmente segna la storia del mondo.
 
Cristo non è venuto a eliminare la sofferenza e ancor meno a spiegarla, lui è venuto per riempirla della sua presenza. La presenza dell’amore.
 
Cari fratelli e sorelle, abbiamo sempre presente la grande lezione dell’amore di Dio crocifisso in Gesù, ma certamente il venerdì santo e particolarmente in questa celebrazione noi siamo rimessi di fronte a questa grande grazia, la grazia di una misericordia che ha preso il volto di Gesù crocifisso.
 
Ora continueremo la preghiera, una preghiera che nasce dalla meditazione, dalla contemplazione e della riconoscenza per il grande dono di Dio. 
(trascrizione da registrazione)