Terza Domenica di Quaresima

Cattedrale a porte chiuse
15-03-2020

Questa Eucarestia accompagna un cammino che si rivela sempre più impegnativo. Impegnativo per chi è colpito dal morbo e nella malattia vive la sofferenza e insieme la speranza. Impegnativo per le donne e gli uomini che sono impegnati direttamente sulla frontiera della cura, che richiede tutte le energie possibili e anche quelle che sembrano impossibili.

Questa preghiera, la più grande, è innanzitutto per tutti coloro che sono malati e per i loro familiari che condividono questa pena.

Preghiamo per tutti gli operatori della sanità, per tutti coloro che organizzano il loro lavoro, e chiediamo per loro dal Signore forza e luce.

Preghiamo per le autorità, perché il senso di un bene comune condiviso per tutti, a partire dai più deboli, sia sempre vivo, a guida della loro azione.

Preghiamo per le nostre comunità parrocchiali, per tutti i sacerdoti: in questa settimana ne sono morti sei.

Preghiamo per tutti i bambini e per tutti i ragazzi: loro rappresentano il futuro della nostra comunità e ci sono particolarmente cari.

Care sorelle e fratelli, viviamo anche la pena delle tante morti. Le condizioni in cui stiamo vivendo non solo moltiplicano le morti, ma anche le rendono così strazianti nell’impossibilità di farsi vicino e accompagnare nel momento del distacco, dei familiari verso i propri cari e di noi verso chi piange un lutto. Preghiamo per tutti i defunti di questi giorni.

Tutte queste intenzioni e le tante che ci sono nel cuore di ciascuno le poniamo sull’altare: l’Eucaristia è il dono più grande e così grande che le può contenere tutte.

* * *

Care sorelle e fratelli,

Come tutti stiamo constatando, viviamo un’emergenza eccezionale. Queste due parole sono significative perché dicono di qualcosa di diverso rispetto alla vita che la gran parte di noi fino a pochi giorni fa conduceva. Potremmo dire che stiamo vivendo qualcosa che va “oltre la media”, la media della vita, la media delle cose, la media delle esperienze. Normalmente sappiamo che ci sono alti e bassi, e siamo consapevoli e siamo attrezzati a queste variazioni. Ma qui ci troviamo di fronte a qualcosa di totalmente diverso.

Un’emergenza eccezionale per la potenza del morbo, eccezionale per la diffusione del morbo, eccezionale per le misure adottate per la tutela dal morbo.

Questa situazione eccezionale ci riconduce, senza troppa difficoltà, a riconoscere che la vita nasconde un qualcosa di più, qualcosa di non misurabile, qualcosa che supera ogni previsione e ogni esperienza, qualcosa di più grande e di sempre più vasto, nel bene e nel male.

Tutto questo ci provoca. Noi ci siamo sempre più allenati nell’esigere il controllo delle cose. Quante volte noi esprimiamo le nostre difficoltà con l’espressione: “è fuori controllo”, perché il controllo ci sembra il criterio adeguato per mantenere la vita dentro degli argini conosciuti e rassicuranti. Parallelamente, qualcuno per non farsi incatenare dal controllo delle cose, invoca la strada dell’eccesso, con il desiderio di esperienze sempre più forti, sempre più originali, sempre più strane.

Care sorelle e fratelli, né il controllo né l’eccesso possono dare ragione di questo mistero che è la vita e ci supera. La vita è incommensurabile, cioè non è misurabile, né nei suoi aspetti più oscuri e nemmeno in quelli più luminosi.

Da sempre l’uomo ha identificato nella guerra, nella fame, nelle pestilenze immagini del male che va fuori controllo.

Ma non possiamo dimenticare quel di più della vita che è rappresentato dalla natura. In questi giorni, oscuri per tanti aspetti, rimango meravigliato dai colori della primavera che sta sbocciando. Questo contrasto ancor di più segna la meraviglia della natura che va oltre ogni nostra capacità di poterla controllare.

Penso alla meraviglia dell’ingegno umano, che in questi giorni vediamo applicato nella gestione della tragedia che stiamo vivendo.

E poi la mente corre alla meraviglia dell’arte, del genio umano.

C’è anche la meraviglia del lavoro. Quanto siamo ammirati in questi giorni dal lavoro di coloro che sono sulla frontiera della salute, come pure di tanti altri che contribuiscono a far sì che la nostra vita non sia completamente deteriorata.

Tutto questo è un di più. Un di più rispetto ad ogni riconoscimento monetario o sociale. Va al di là.

E finalmente, ciò che va al di là di tutto, è l’amore. Quell’amore che anche in condizioni come quelle che stiamo vivendo si manifesta come una forza superiore, più grande anche del male.

Care sorelle e fratelli, la Samaritana – protagonista del Vangelo di oggi – va al pozzo e così fa qualcosa che è nella media: per vivere abbiamo bisogno dell’acqua. L’acqua è una necessità quotidiana. Ma l’acqua della sorgente, quella di cui Gesù parla, quel dono che il Cristo può offrire agli uomini è veramente una sorpresa, qualcosa che va al di là delle previsioni. Chi va in montagna conosce lo stupore che si rinnova ogni volta che si raggiunge ad una sorgente.

Gli uomini scavano pozzi, Dio ci offre una sorgente. Ed è una sorgente – Gesù dice – che zampilla dentro di noi.

Stiamo vivendo momenti forti di prova, momenti che sono capaci di svuotarci di energie e stiamo resistendo, non soltanto nella misura in cui responsabilmente corrispondiamo alle disposizioni normative che diventano argine al diffondersi del morbo, ma anche stiamo resistendo creando una condivisione sempre più forte.

È impressionante: nei primi giorni ognuno andava un po’ per la sua strada, oggi non possiamo più incontrarci facilmente, però ricerchiamo una condivisione e una “fantasia della solidarietà” che si manifesta in mille modi.

In tutto questo avvertiamo la necessità di un’energia che venga da dentro. Abbiamo bisogno di uno spirito forte. Molti di noi sono capaci di tanto. Oggi Gesù alla Samaritana e a ciascuno di noi offre il suo spirito, una sorgente d’acqua viva, che è capace di dare una vita che è più forte della morte, di ogni morte e di ogni desolazione. L’acqua viva è la relazione con Gesù con noi accogliamo con fede.

Care sorelle e fratelli, è chiaro che in momenti come questo, l’esigenza che avvertiamo fondamentale è quella di sopravvivere al morbo che dilaga, ma noi sappiamo – dentro il nostro cuore e per i nostri cari e per i nostri figli – che se sopravvivere è necessario, rinascere è il desiderio più profondo.

Insieme adoperiamoci per poter resistere al morbo e sopravvivervi, ma insieme anche doniamoci reciprocamente quest’acqua viva che è il frutto del dono di Dio, un dono che coloro che hanno fede accolgono e con semplicità, con amicizia, con discrezione, vogliono offrire a tutti.

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Care sorelle e cari fratelli,

invoco la benedizione del Signore su ciascuno di voi e su tutti coloro che in modo speciale abbiamo ricordato in questa Eucaristia.

La nostra preghiera è incessante in unione con tutte le comunità parrocchiali, dove vedo fiorire mille iniziative nuove, perché la fede e la carità trovano sempre forme straordinarie per potersi esprimere. Di questo ringrazio particolarmente i sacerdoti.

Vi do appuntamento in un luogo speciale: martedì sarò a Sotto il Monte per la supplica al Santo Papa Giovanni XXIII per questa terra da lui tanto amata e per il suo popolo.

(trascrizione da registrazione)