Te Deum

Cattedrale
31-12-2019

Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

Sono due gli atteggiamenti che il Vangelo suggerisce per questa celebrazione di ringraziamento, in occasione della fine dell’anno: custodire gli avvenimenti, meditandoli nel cuore, come Maria. Dopo la festa, tornare al lavoro quotidiano, con l’anima rinfrancata, gioiosa e riconoscente a Dio, come i pastori. Il primo consiste in un esercizio di memoria, ma non solo; è anche un esercizio di valutazione, una specie di bilancio, un esame di coscienza. Maria ci insegna a valutare non solo le conseguenze di ciò che abbiamo vissuto e compiuto, ma il loro significato, il senso.

Ma non è sufficiente guardare indietro, lasciando occupar l’anima da nostalgie, rimpianti, risentimenti o, come vi auguro, da gioia, riconoscenza, amore. Si tratta di guardare dentro, guardare in profondità e questo avviene non solo con l’analisi storica o psicologica, ma particolarmente con la luce della Parola di Dio e della fede. Il cristiano sa che oltre al tempo che scorre, esiste un tempo che è occasione in cui Dio entra nella storia degli uomini e la illumina gettando le condizioni per una svolta.

Ho l’impressione che le nostre scelte e i nostri comportamenti siano così profondamente assimilati alla mentalità diffusa, da rendere impermeabile la coscienza agli appelli e alle esigenze del Vangelo, oppure da deformarla al punto da sbandierare come cristiano quello che con il Vangelo non ha nulla a che fare. Anche dal punto di vista sociale, sembra che il clima che respiriamo sia ancora connotato da indurimento, rassegnazione, paura, fatica e rabbia, accompagnate da una sfiducia sempre più radicata e da un senso di incertezza non superato.

Da cristiani non ci rassegniamo a questo clima: la luce della Parola di Dio e della fede ci introducono ad una comprensione della realtà e della vita che non si riduce a descrivere i fatti, a individuarne le cause e le conseguenze, ma a comprenderne il significato profondo alla luce dell’evento decisivo in cui credono: l’incarnazione del Figlio di Dio, che abbiamo celebrato nella sua nascita e la sua Morte e Risurrezione, che diventano sorgente inesauribile di vita e dunque di speranza. Ecco allora il compito del cristiano: lavorare nel presente, per costruire le condizioni del futuro. In un passaggio storico che sembra tentarci al ripiegamento deluso e a volte incattivito, alla depressione esistenziale e pastorale, noi ci riproponiamo di coltivare con rinnovata energia la virtù della speranza, riconoscendo in Lui la sorgente della nostra speranza.

Alla luce di queste convinzioni, mentre ciascuno fa memoria degli eventi tristi e gioiosi vissuti quest’anno in famiglia, nel lavoro, nella società e nella Chiesa, desidero condividere con voi alcuni avvenimenti, che hanno aperto il cuore alla fiducia, nei quali più evidentemente possiamo riconoscere l’opera del Risorto.

Memorabile rimane l’incontro mondiale dei giovani per la pace, promosso dal Sermig. Giovani bergamaschi sono stati promotori e protagonisti di un evento che ha richiamato migliaia di giovani a proclamare la pace e il loro impegno per la pace. La testimonianza di Ernesto Oliviero, fondatore del Sermig, a pochi giorni di distanza dalla morte di sua moglie, ha assunto la forza della credibilità e della comunicazione di una forza ispiratrice che alimenta la speranza e il futuro.

La sigla Sermig, nata negli anni 60, significa Servizio Missionario Giovani, ci introduce ad un altro evento che merita di essere ricordato: il mese missionario straordinario: Indetto da Papa Francesco per rilanciare l’impegno missionario, ha avuto una ricaduta significativa nella nostra Diocesi con la partenza per Bolivia, Costa d’Avorio e Albania di quattro giovani e due presbiteri. Non vogliamo dimenticare che una delle sorgenti che alimenta la vitalità della nostra Chiesa bergamasca è proprio il generoso impegno missionario che si dispiega in forme le più diverse.

Anche l’unica ordinazione sacerdotale la vogliamo raccogliere non nel segno dello smarrimento, ma come motivo di speranza e impegno a interpretare la nostra vita e ogni vita in un orizzonte vocazionale che è capace di dare respiro, ampiezza, profondità all’esistenza di ciascuno, proprio a partire dalla testimonianza di chi la sua vita la dedica la servizio del Vangelo e del prossimo, come i giovani e le giovani che in quest’anno si sono consacrati al Signore.

Ancora i giovani hanno segnato il percorso della nostra Chiesa durante quest’anno: evento di grande gioia è stata l’apertura della fase diocesana del processo per la beatificazione di Giulia Gabrieli, questa giovane ragazza, la cui testimonianza, a partire dalla malattia, è diventata motivo di speranza, di attrazione e di riscoperta della fede per molti, giovani e adulti. Altre testimonianze sono donate alla nostra Diocesi: ricordiamo l’apertura della processo per la beatificazione di don Giovanni Antonio Rubbi e il riconoscimento recente del miracolo del Beato Luigi Palazzolo che prelude alla sua canonizzazione. Di non minor significato la partecipazione dei giovani alla celebrazione della festa del Corpus Domini, particolarmente curata per loro.

Nel segno della devozione mariana, così intensamente coltivata nelle nostra terra ricordiamo il decreto con cui abbiamo deciso la regolamentazione del culto presso la Cappellina delle Ghiaie di Bonate. La venerazione a Maria, già e ancora via privilegiata di alimentazione della fede, trova così ulteriore motivo per riproporsi.

Infine ricordiamo con gioia l’ordinazione episcopale di mons.Paolo Rudelli, al servizio della Chiesa universale e con profonda riconoscenza il 10^ anniversario della morte di mons.Roberto Amadei, celebrata proprio l’altro giorno.

Alla luce di questi ricordi e di quelli che ciascuno custodisce e medita nel suo cuore e soprattutto alla luce della Parola di Dio e della fede, anche noi, come i pastori, torniamo alla vita che ci attende, al nuovo anno che ci attende, lodando e ringraziando il Signore, disposti a narrare con la vita e le parole, la bellezza e la grazia della sua presenza in mezzo a noi.