Te Deum – Cattedrale

31-12-2015
Care sorelle e fratelli,
 

 
ci troviamo a celebrare questa Eucaristia nella solennità di Maria Madre di Dio al termine di un anno. Con il passare degli anni ci si rende conto di come il tempo passi sempre più velocemente e avvertiamo come la vita sia inafferrabile, anzi ci si presenti proprio sotto queste due caratteristiche: la sua unicità e la sua inafferrabilità.
 
All’inizio della nostra vita, quando siamo bimbi e poi man mano cresciamo, le nostre relazioni sono abbastanza limitate. Poi con il passare degli anni le relazioni si moltiplicano e d’altra parte ci rendiamo proprio conto che ognuna rappresenta una unicità irripetibile, come lo è di ogni vita, come è di ogni persona.
 
Nello stesso tempo ci rendiamo conto che determinare degli schemi per cercare di inquadrare la vita – fossero anche i più nobili e acuti -, significa in qualche modo mortificarla o farle un torto perché la vita supera sempre ogni schema e ogni interpretazione. Avvertiamo però l’esigenza di poterla in qualche modo comprendere senza mortificarla. Ed è da questo esercizio di comprensione non mortificante che nasce la possibilità di ringraziare.
 
Effettivamente al termine di un anno ci ritroviamo come cristiani per dire grazie. D’altra parte ci sembra che i motivi per dire grazie non siano rappresentati così intensamente e forse anche il nostro cuore non è caricato nella maniera giusta per poter dir grazie. È vero per tutti che un anno porta con sé motivi di grazie e anche motivi di rammarico, di sofferenza, di dolore, qualche volta per qualcuno anche di disperazione. Non vogliamo certo dimenticare questi motivi e le persone che li hanno vissuti.
 
È proprio Maria che ci insegna a guardare l’inafferrabilità e l’unicità della vita dicendo grazie. Al termine dell’Eucaristia noi canteremo il Te Deum. Maria per prima ha cantato un Te Deum bellissimo: il Magnificat. Il cantico di Maria è proprio un Te Deum ante litteram. È Vangelo.
 
Maria ringrazia in una condizione che è molto simile alla nostra e che per molti aspetti è esposta ad esempio all’incomprensione e al giudizio malevolo di altri, eppure canta il Magnificat.
 
Come ci possiamo lasciar educare da Maria al ringraziamento?
 
Innanzitutto ascoltando la Parola del Signore come la ascoltava lei. È la Parola del Signore che nutre il nostro cuore e lo rende capace di ringraziare. È la Parola del Signore che illumina la nostra vita, senza ricondurla ad uno schema, senza schiacciarla o mortificarla dentro un’interpretazione che ci fa soffrire. La Parola del Signore è sempre capace di illuminare: la bellezza, la potenza, la grandezza di questa Parola consiste nel fatto che riesce a illuminare anche l’oscurità più nera, il fallimento, la disperazione, il peccato, la morte (la morte di una persona carissima, la morte di una persona che non avremmo mai voluto perdere, la morte di una persona più giovane di noi o addirittura un figlio). Quale parola può consolare queste desolazioni?
 
Maria ci insegna questo ascolto della Parola aperto, senza condizioni, umile, semplice. La vita non può essere chiuda dentro uno schema, ma può essere illuminata da una luce.
 
Maria ci insegna la strada della lode e del ringraziamento perché non soltanto ascolta questa Parola, ma obbedisce: dice di sì. Non basta la luce, occorre che succeda qualcosa. Perché possa succedere qualcosa è necessario il nostro sì a quella Parola, come Maria: occorre un’obbedienza, occorre fidarsi della Parola di Dio.
 
L’abbiamo ricordato all’inaugurazione di questo benedetto Anno della Misericordia, attraversando la Porta della Misericordia che è qui nella nostra Cattedrale: il dono della misericordia è elargito a piene mani, ma può portar frutto, può generare una vita nuova solo se noi diciamo sì, solo se noi lo accogliamo. Non ci chiede niente il Signore, non ci chiede perfezioni inarrivabili, ci chiede di credere, di dire il nostro sì, di assecondare la Parola. Allora viene generato non soltanto il Cristo nel grembo di Maria, ma la speranza reale nel grembo e nel cuore di ciascuno di noi.
 
Finalmente, Maria ci insegna a ringraziare perché non soltanto obbedisce alla Parola, ma crea le condizioni concrete per attuarla e quindi per manifestare la presenza di Dio nella storia.
 
Questo, cari fratelli e sorelle, non dobbiamo sentirlo come una specie di peso: sono un cristiano, “devo” dar testimonianza. È un po’ l’eco del cammino che ho rapidamente descritto: non basta ascoltare, non basta nemmeno dire sì con la nostra fede, è necessario attuare, cioè creare delle condizioni concrete perché quella parola di possa vedere. Gesù non è stato soltanto nel grembo di Maria, è venuto alla luce, si è visto. Si deve vedere il cristiano non perché ostenta se stesso, ma perché attraverso i suoi gesti molto semplici lascia trasparire la meraviglia del Signore.
 
Ecco come possiamo arricchire e nutrire il nostro cuore per riuscire a dire un grazie che tanto più è provato, tanto più diventa vero.
 
Non solo Maria, ma anche i pastori – di cui abbiamo udito nel Vangelo stasera – diventano nostri maestri nella lode. Abbiamo proprio sentito queste parole: i pastori che sono andati a Betlemme, che hanno visto, “se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano visto e udito come era stato detto loro”. Se veramente abbiamo gustato di nuovo il dono del Natale, allora anche noi come i pastori torniamo nelle nostre case lodando e glorificando Dio.
 
La rappresentazione del male è molto consistente e questo crea in noi delle fatiche che aggravano le nostre personali: a volte ci tolgono energia, forze, oltre che motivi per lodare e ringraziare il Signore. Vorrei però ricordarne alcuni, in modo quasi da elenco.
 
Lodiamo il Signore per il dono di questo Papa, del suo magistero, della sua testimonianza e del dono che attraverso questo Papa ci viene fatto di un Anno di Misericordia che veramente vuole in qualche modo travolgere ogni nostro peccato, ogni nostra resistenza, ogni nostro egoismo.
 
Ringraziamo il Signore per la testimonianza sofferta di tanti cristiani perseguitati nel mondo. Cari fratelli non dimentichiamoli! Noi siamo qui, sereni, ma tanti nostri fratelli solo per il fatto di essere cristiani sono perseguitati. Vogliamo ringraziare il Signore – dentro un fatto che pur è drammatico – per la testimonianza che ci stanno dando.
 
Una testimonianza che ha trovato per noi bergamaschi un segno particolarissimo nella beatificazione di don Sandro Dordi, prete della nostra diocesi, martire per la fede in Perù.
 
Ringraziamo il Signore per queste testimonianze e ogni tanto ricordiamocene.
 
Ringraziamo il Signore per il segno dell’accoglienza dei rifugiati che qualcuno pensa abbia provocato resistenze, pigrizie, indifferenze, ma io dico anche una generosità impressionante da parte delle nostre comunità. Ci sono state resistenze, ci sono perplessità, ma c’è anche una generosità che veramente merita di essere proclamata ad alta voce per incoraggiarla, perché non venga a mancare, perché non si svuoti di motivi di fronte alle reali difficoltà di questa accoglienza.
 
Ringraziamo il Signore per la vita quotidiana delle nostre famiglie e delle nostre parrocchie, delle realtà istituzionali, del mondo del lavoro e del volontariato, che anche a me è concesso di poter vedere attraverso i racconti di tanti persone e di tanti sacerdoti. Mille, diecimila, milioni di gesti che quotidianamente vengono compiuti e che stasera vogliamo portare al Signore per dire grazie, per lodarlo.
 
In fine ringraziamo il Signore perché io avverto – incontrando giovani e anziani, adulti a volte nel pieno delle loro energie e altre prostrati dalla sofferenza – una passione più forte dell’indifferenza. Anche se a volte non si alza la voce, nel concreto dell’esistenza viene mostrata una tenace passione più forte dell’indifferenza.
 
Cari fratelli e sorelle, tornando alle vostre case forse ritornerete a una prova severa, mentre ritornerete alle vostre case troverete immagini del mondo che ci ricordano sofferenze gravi, ma non dimentichiamo quello sguardo di Maria e dei pastori che è capace di rileggere una vita che ci supera sempre sempre e di ritrovare i motivi per lodare il Signore e per manifestare la nostra lode non soltanto con le parole e con il canto ma con la nostra stessa esistenza.
 

(trascrizione da registrazione)