Solennità di Tutti i Santi

01-11-2012
Cari fratelli e sorelle,

 
quest’oggi ci soffermiamo a ricordare i Santi, tutti i Santi. Pensiamo a persone eccezionali, come sono gli eroi, come sono i grandi geni dell’umanità. Potremmo immaginare che i Santi siano i campioni del Vangelo. Ogni realtà umana ha i suoi campioni, le sue eccellenze, i migliori. I Santi sono i migliori per la Chiesa, per il Vangelo.
 
È vero, ma questa verità non è completa, nel senso che noi stiamo celebrando la festa di tutti i Santi non solo perché riconosciamo la loro esemplarità, ma perché vediamo in loro – in quelli conosciuti da tutti e in quelli che solo noi abbiamo conosciuto – la realizzazione di un destino. Sì, noi stiamo guardando i Santi nel cielo, così come ci ha rappresentato in questo affresco grandioso il libro dell’Apocalisse. Non stiamo contemplando, ricordando, meditando sulla loro vita, ma sulla meta che hanno raggiunto.
 
I Santi ci consegnano in maniera luminosa il destino che Dio dona a tutti gli uomini. È molto bella l’immagine della moltitudine: una moltitudine che non si poteva contare, di uomini di ogni razza, di ogni popolo, di ogni nazione. I Santi, quindi, non ci dicono soltanto una esemplarità premiata, ma ci dicono di questo dono che Dio offre a tutti gli uomini. I Santi non rimangono soltanto nella storia, nella memoria, nelle tracce che hanno lasciato, nelle vie che hanno aperto, i Santi vivono, i Santi vivono in Dio.
 
La loro santità, la santità di quelli che guardiamo come esempi e la santità oseremmo dire “minuscola”, o alcuni tratti di santità, che abbiamo riconosciuto nelle persone a noi vicine sono il frutto di un’esistenza segnata dal rapporto con Dio, dalle fede in Dio. Ecco perché il loro destino è questo: perché il legame con Dio che hanno stabilito nella loro vita terrena è un legame che nemmeno la morte riesce a distruggere. È quel legame che anche noi non vorremmo che fosse distrutto pensando alle persone che ci sono state care. D’altra parte sperimentiamo la nostra impotenza e allora il nostro ricordo, il nostro affetto è il tentativo con il quale noi vogliamo tenerli con noi. L’eredità che ci hanno lasciato, soprattutto quella spirituale, è un modo per averli ancora con noi. Questo è di ogni uomo e di ogni donna, credente o non credente che sia.
 
Nel momento in cui noi celebriamo i Santi, celebriamo appunto un dono che ci supera, che non può essere l’esito di un nostro sforzo che per quanto grande sarà limitato. Può essere soltanto una grazia, una sorpresa. È il frutto di quella fede che noi stiamo celebrando nell’Eucaristia, che è il cuore della nostra esistenza, la fede in Cristo morto e risorto.
 
Allora veramente possiamo soffermarci su questa beatitudine. La beatitudine che abbiamo ascoltato rappresentare da parte di Gesù: beati i poveri in spirito, beati i miti, beati i costruttori di pace, beati i misericordiosi. La beatitudine è la gioia che nessuno può togliere. È la gioia definitiva. È una gioia indescrivibile, non perché è immensa – o non solo perché è immensa -, ma perché è una gioia che si colloca nei luoghi del fallimento, nei luoghi del dolore, nei luoghi dell’angoscia, nei luoghi del male, nei luoghi della tristezza. È questa la sorpresa.
 
Il libro dell’Apocalisse ci dice che questa moltitudine di beati, di santi, “sono coloro che sono passati dalla grande tribolazione”. La grande tribolazione non è soltanto il martirio che è riservato ad alcuni. La grande tribolazione è la prova dell’angoscia, della tristezza, del fallimento, la prova del male, la prova cioè di tutto quello che ci sembra esattamente il contrario della gioia. Per altro le beatitudini, così come le elenca il Signore, agli occhi di molti sembrano del tutto improbabili: non i miti, ma i prepotenti; non i misericordiosi, ma i duri; non i poveri, ma i ricchi sono beati.
 
L’annuncio di una gioia capace di trasformare le condizioni del limite più sofferto dell’uomo è un annuncio sorprendente, che è affidato alla libertà e alla fede, ma che nel momento in cui viene raccolto dà vita ad un mondo nuovo, di cui i Santi – soprattutto quelli che noi conosciamo – sono i testimoni, sono i costruttori, sono coloro che ci fanno intuire la verità di quel Vangelo che Gesù per primo ha incarnato.
 
Veramente i Santi diventano la nostra festa, la nostra speranza. È bello riconoscere che i Santi non solo hanno condiviso la nostra vita, ma continuano a condividerla. Noi siamo i pellegrini, loro hanno raggiunto la meta. Non ci dimentica, ma accompagnano il nostro cammino.
 
Cari fratelli e sorelle, la festa di Tutti i Santi è la celebrazione di una storia di speranza, di una storia trasformata da coloro che credono e seguono Gesù. È la celebrazione di una storia che culmina nella lode, non nella disperazione, pur passando dalla grande tribolazione. La celebrazione dei Santi è la storia di legami che superano la morte e non sono affidati soltanto alla fragilità dei nostri ricordi e dei nostri sentimenti. Qui, in questa Eucaristia, noi benediciamo il Signore per tutti i Santi, veramente per tutti. Benediciamo il Signore perché vogliamo riconoscere nei Santi un dono esistenziale fatto dalle loro vite, dalle vite dei grandi e dalle vite dei piccoli che ci sono consegnate.
 
(trascrizione da registrazione)