Commemorazione dei defunti

02-11-2012
Cari fratelli e sorelle,

 
siamo entrati in questa Eucaristia proponendoci la preghiera condivisa per tutti i defunti. Una preghiera che diventa, con una parola antica, “suffragio” per loro. Una preghiera cioè che implora dal Signore l’abbondanza della misericordia su tutti coloro che già hanno compiuto il passaggio, perché purificati da ogni male possano finalmente godere di ciò che il Risorto ha promesso a tutti coloro che credono in lui e, attraverso la presenza della Chiesa in mezzo agli uomini, per la grazia dello Spirito, ha promesso a tutti gli uomini.
 
Coloro che con noi hanno gioito e pianto e con noi hanno condiviso le speranze e ci hanno fatto dono del loro amore e della loro amicizia sono in questo momento qui con noi, uniti alla nostra preghiera. Viviamo questa presenza vigilante, amorosa, affettuosa dei nostri morti.
 
Chiediamo di celebrare con loro il mistero della morte e resurrezione di Gesù, per poter pensare con fede e speranza anche alla nostra morte.
 
Siamo insieme all’umanità intera di ogni tempo e di ogni luogo, che in modi diversi ha prospettato il superamento della morte e quasi sempre ha pensato questo superamento in relazione alla vita che abbiamo vissuto e quindi come premio o castigo in rapporto a questa vita. D’altra parte siamo altrettanto consapevoli che l’uomo moderno – usiamo questo titolo in termini appropriati e quindi non semplicemente l’uomo contemporaneo – ha espresso un giudizio critico su queste prospettive religiose, denunciando che in queste prospettive in realtà alberga semplicemente la paura della morte e il desiderio di superarla, o addirittura una alienazione rispetto alla vita per cui si immagina un mondo migliore nell’al di là semplicemente per far sopportare, soprattutto da parte dei potenti, il mondo deludente dell’al di qua. Altri ancora si sono posti in maniera critica rispetto a queste prospettive denunciandole come una grande illusione.
 
L’esito è che ci pensiamo molto poco. Ci pensiamo molto poco anche perché si sta affermando una grande illusione che si pone proprio in maniera contrapposta a quelle che ho appena ricordato, vale a dire è l’uomo che si illude di poter dare a se stesso la vita eterna, di potere tutto, di poter prolungare la vita fino a superarne ogni limite.
 
Noi celebriamo questa preghiera, questa Eucaristia, pensiamo ai nostri morti e non li pensiamo soltanto deposti al cimitero e nel nostro cuore, perché crediamo, perché in Dio, perché crediamo in Cristo morto e risorto.
 
Desidero condividere con voi quella splendida testimonianza che il Cardinale Martini ci ha lasciato, avvicinandosi alla sua morte: “Io mi sono lamentato più volte con il Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto. E morti potremmo andare in paradiso per un sentiero fiorito. Dio ha voluto che passassimo anche noi per questo duro calle che è la morte ed entrassimo nell’oscurità che fa sempre un po’ paura. Però – scrive ancora il Cardinale – mi sono rappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto ogni scelta impegnativa, in ogni scelta impegnativa, noi abbiamo sempre delle uscite di sicurezza. Invece la morte ci obbliga di fidarci totalmente di Dio. Ciò che ci attende dopo la morte è un mistero che richiede da parte nostra un affidamento totale. Desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo a occhi chiusi, alla cieca, mettendoci in tutto nelle sue mani”.
 
Cari fratelli e sorelle, ricordiamo i nostri morti alla luce di questa fede. La morte rappresenta proprio la prova suprema della fede.
 
Riflettevo su ciò che abbiamo ascoltato nelle letture annunciate e mi sono reso conto che il nostro “oltre” è l’altro. Sì, che cosa c’è oltre la morte? C’è l’Altro. C’è il “Tu” definitivo. Quel “Tu” che abbiamo incontrato in tante persone, che abbiamo incontrato soprattutto nelle persone che abbiamo amato e che ci hanno amato. Questo è il nostro oltre, oggi e per sempre. L’Altro.
 
E l’altro alla fine è Dio stesso. Questa consapevolezza che non ci estinguiamo nel nostro io, ma che viviamo proprio nell’incontro con l’altro, trova il suo segno definitivo nell’incontro con Dio. Lui è l’Altro dentro il quale riconosceremo ogni altro, ogni tu, ogni volto, ogni persona amata, persino le persone sconosciute.
 
La fede è il superamento del confine del mio “io”. Quando dico credo io supero il mio io e apro le porte all’incontro con Dio lungo il cammino dei nostri giorni e decisamente nel momento della fine.
 
Noi siamo riuniti qui questa sera in questa Chiesa Cattedrale, con canti delicati e solenni, che ci introducono alla meditazione e alla preghiera. Portiamo negli occhi e nel cuore tante persone che non vediamo più: i nostri cari ma anche tanti altri che hanno fatto la nostra vita. Vogliamo accompagnarci a loro davanti al Signore che ora incontriamo nell’Eucaristia rinnovando quella fede nella quale loro e anche noi viviamo.
 

 

(trascrizione da registrazione)