Solennità dell’Epifania – Cattedrale

06-01-2013
Cari fratelli e sorelle,
in questi giorni di Natale abbiamo potuto osservare in Gesù che nasce l’umiltà di Dio. È un’umiltà che ci sconcerta, ci sorprende, ci supera.
 
Nel momento stesso in cui affermiamo questa che è più di una constatazione, ci rendiamo conto della totale inadeguatezza del nostro modo di giudicare Dio – come possiamo noi giudicare Dio? – e d’altra parte la vicenda del Natale, lo stile natalizio, le testimonianze evangeliche ci dicono che Dio – che noi nella nostra mente abbiamo sempre grande e potente al di là di ogni immaginazione – si è fatto uomo. E si è fatto uomo scegliendo una condizione umana molto modesta, molto discreta: non appartiene ai grandi re (“al tempo di Cesare Augusto” e oggi abbiamo sentito “al tempo del re Erode”). Lui che verrà riconosciuto come un re, anche dai Magi che gli portano doni regali, invece si manifesta in una condizione estremamente dimessa, diremmo secondaria, povera, umile.
 
Questa umiltà non è fine a se stessa. Questa umiltà di Dio è tutta per la salvezza degli uomini: è la strada che Dio sceglie per raggiungere ogni persona, tutta l’umanità. È una strada evidentemente provocante perché comunque dentro di noi le possibilità di salvezza e di riscatto sono ricondotte alla forza, al potere, alla ricchezza, alla disponibilità, alla salute, a tutto ciò che ci appare grande, forte.
 
L’umiltà di Dio, trova il suo segno più forte nell’incarnazione: Dio che diventa uomo in tutto ciò che connota questa incarnazione. L’umiltà di Dio consiste innanzitutto nel suo diventare uomo. Questa umiltà manifesta il suo amore, perché proprio diventa la via lungo la quale Dio raggiunge ogni persona, anche la meno considerata. È questa la scelta di Dio che noi riconosciamo nel Natale.
 
Permettete questa piccola osservazione: la parola “rivelazione” dice qualche cosa che viene svelato, ma se badiamo bene alla parola viene anche “ri-velato”: velato nuovamente. Da un verso noi sappiamo che tanto più entriamo nel mistero di Dio, tanto più diventiamo consapevoli dell’infinità di questo mistero, tanto più Dio ci si svela tanto più ci appare inarrivabile la sua grandezza.
 
Qui ci troviamo di fronte paradossalmente al contrario: tanto più Dio si nasconde, tanto più si rivela, perché in realtà è come se Dio si nascondesse in questa condizione umana. Chi potrà mai riconoscere in un uomo Dio? O questo appartiene al mito oppure appartiene alla pazzia. Siamo di fronte a questa scelta: la manifestazione dell’amore di Dio avviene in maniera assolutamente insospettata, per certi versi incredibile e da molti anche rifiutata. Diventa totalmente uomo – e dicendo “totalmente” uomo non diciamo solo “integralmente” uomo – ma appunto in quella umanità che a volte non ci appartiene, che non è la nostra, che tutto sommato un po’ di salute l’abbiamo, un po’ di benessere lo possiamo godere nonostante la crisi, un po’ di speranza la coltiviamo, l’umanità di Cristo abbraccia invece tutto, anche coloro che non posseggono questi beni.
 
È così che si manifesta allora quell’immagine grandiosa che il profeta ci ha consegnato: Gerusalemme luminosa, circondata dalla benevolenza di tutti i popoli, che portano a Gerusalemme i loro doni. Questa visione non è completamente diversa da quella che poi si manifesta nella realtà del Natale. Anzi, proprio lì, la grandezza di Dio, lo splendore di Dio si manifesta su questa strada, lungo la strada che Dio ha scelto per stare e salvare gli uomini.
 
I Magi sono coloro che rappresentano la ricerca sincera di Dio, ma anche l’esito di questa ricerca: i Magi non soltanto sono dei cercatori, ma alla fine i Magi trovano quello che cercano e lo riconoscono. Questa è la cosa che ci stupisce: in questo bimbo che è nato riconoscono il re, riconoscono colui che viene a aprire la strada della speranza, a portare la salvezza a tutti i popoli di cui loro sono i rappresentanti.
 
La meraviglia che i Magi suscitano in noi è dettata non solo dal loro viaggio, dal loro misterioso porsi come figure un pochettino difficili da definire, ma in questo fatto: cercano, trovano e quando hanno trovano riconoscono. L’Evangelo usa una parola fortissima: “lo adorarono”.
 
Tutto questo mi sembra che faccia della festa dell’Epifania una vera festa missionaria. La missione che connota così fortemente il nostro essere cristiani oggi ricordiamoci non è perché altri diventino cristiani perché ci muove il desiderio di crescere come numero, non è per un desiderio di potenza, ma perché altri possano scoprire la bellezza e la grandezza dell’amore di Dio nella persona di Cristo.
 
Quindi la missione è essenzialmente una epifania cioè manifestare oggi, attraverso la vita di chi crede in Cristo, l’amore di Dio. Questa è la missione, adottando lo stesso stile di Dio, facendo come ha fatto Dio, quindi scegliendo quelle strade e quei criteri che Dio ci consegna attraverso l’esistenza di Gesù.
Il primo dei criteri è proprio l’incarnazione. Incarnazione vuol dire diventare uomini, farsi vicino agli uomini, farsi vicino ai più piccoli tra gli uomini, condividere la loro condizione a partire appunto dai più piccoli, dai più dimenticati, dai più poveri, dai più umiliati, perché così ha fatto Cristo: ha manifestato l’amore di Dio a tutti, ma proprio a tutti, anche a quelli che fanno fatica per le loro condizioni. A volte può essere una malattia seria che attraversa la vita della nostra famiglia e si fa fatica a credere in Dio. Manifestare l’amore di Dio in tutte le condizioni.
 
Noi a volte siamo tentati di pensare che la salvezza venga dall’alto. È vero, la salvezza viene dall’alto, viene da Dio, ma nello stesso tempo attraverso Gesù questa salvezza scompare quasi, non la vediamo più là nel cielo, nella stella, ma nel bambino. Gli occhi dei magi guardavano la stella – e dice il Vangelo, quando la rividero dopo l’incontro con Erode, “provarono una grandissima gioia” – poi si abbassano questi occhi e incrociano gli occhi di un essere umano, di un bambino. La salvezza viene dall’alto, ma poi appunto diventa una salvezza che passa attraverso la condizione umana di Gesù e attraverso la condizione umana di chi crede in lui.
 
Allora, cari fratelli, certamente chi sta in alto ha delle grandi responsabilità, ma non possiamo immaginare che la salvezza venga dall’alto. Chi è in alto ha più responsabilità, ma alla fine la salvezza passa attraverso questa dimensione orizzontale, questo amore che abbraccia gli uni gli altri, coloro che ci sono vicini e anche coloro che sono lontani.
 
Così come ha fatto Dio nella persona di Gesù. Epifania, manifestazione dell’amore di Dio a tutti gli uomini, a tutti i popoli. I Magi grandi figure, la stella bellissima immagine, ma ciò che il Vangelo dell’Epifania ci consegna è proprio questa bellezza della fede, di una fede che guarda in alto in cielo, ma poi ci riconsegna a quella condizione umana che Dio in maniera meravigliosa ha voluto sposare fino in fondo.
 
 
(trascrizione da registrazione)