Care sorelle e fratelli,
stiamo vegliando, abbiamo vegliato.
Abbiamo vegliato in attesa di sentire il canto che è risuonato in questa Cattedrale, nelle chiese delle nostre parrocchie, nelle chiese di tutto il mondo: è il canto della risurrezione. Avete udito le parole: “le annuncio una grande gioia: l’alleluia”. È uno squillo, come quello degli ottoni.
Abbiamo vegliato in attesa di sentire il suono delle campane. In questi giorni hanno taciuto e stasera hanno ricominciato a suonare. Le campane a volte per alcuni sono un po’ fastidiose. Vi sono paesi del mondo in cui le campane non possono suonare. Vi sono paesi del mondo – come l’Ucraina che in questo momento è particolarmente cara al nostro cuore – in cui al posto delle campane si sente il rombo del cannone: ben diverso è il suono. Se quel rombo è di morte, la campana dice di una vita nuova, di una vita insperata.
Noi continueremo a vegliare in attesa che le parole del Vangelo e queste mie parole che lo stanno riecheggiando si compiano definitivamente. Vegliare significa riconoscere la nostra condizione di pellegrini, la nostra condizione che giorno dopo giorno si misura con la storia, con il limite, con il peccato, con il male, con la disillusione.
Noi non attendiamo un’immaginazione, non attendiamo il realizzarsi di un progetto, noi attendiamo quello che stanotte noi crediamo: il Signore è risorto!
Vegliamo, appunto, nella notte che è rappresentativa dell’oscurità del male. Nella significativa liturgia della luce noi riconosciamo la forza mite e irresistibile del risorto: quella luce che è qui davanti ai vostri occhi, quella luce che è stata messa nelle nostre mani.
Vegliamo seminando gesti di risurrezione, anche lì dove sembra che la prevaricazione del cinismo, della violenza, della malvagità sia più forte.
Vegliamo seminando gesti di risurrezione lieti di questa seminagione anche se a volte ci costa molto cara.
Vegliamo e non solo guardiamo a questa luce mite ma accogliamo questa luce. È una luce che non sconfigge le tenebre, ma brilla nelle tenebre. Se qualcuno ha provato la tenebra, sa che nel momento stesso in cui si accende una luce, non solo in fondo al tunnel ma nel mezzo al tunnel, si comincia a sperare.
Vegliamo portando la luce che è stata messa nelle nostre mani. Ora la candela è spenta ma non si spenga la luce di Cristo che ciascuno di noi può portare in ogni angolo del mondo e diventa dono proprio quando quell’angolo è oscurato dal male, dalla prova, dalla disperazione.
Vegliamo perché vogliamo vedere il risorto, vegliamo perché lo vogliamo riconoscere sapendo bene che l’occhio non basta e mai è bastato. Il Vangelo ci testimonia quanti hanno incontrato Cristo: l’hanno visto, ma non gli hanno creduto. Noi vogliamo vedere il risorto con gli occhi della fede perché vogliamo riconoscerlo per quello che è: il più grande dono di Dio. Per poterlo riconoscerlo abbiamo bisogno della sua parola: ecco perché nella veglia la parola di Dio è diffusa così abbondantemente, ma ne basta anche solo una scintilla perché i nostri occhi possano vedere il risorto.
Vegliamo lasciandoci immergere nella grazia pasquale. Ha detto l’apostolo: “siete battezzati in Cristo”. Non dimentichiamolo mai: battezzati significa immersi. Noi siamo stati immersi nella morte di Cristo e non c’è più nessuna morte che ci possa spaventare, perché immersi nella sua morte noi possiamo risorgere con lui, anzi dice l’apostolo “siamo già risorti con lui”.
Care sorelle e fratelli, le smentite, il dolore, le sofferenze che a volte in modo enorme stanno nel cuore delle persone sono il calvario che le persone hanno dentro di sé, ma noi non ci fermiamo al Calvario: il nostro cammino continua, arriva al sepolcro e finalmente lo scopre vuoto e poi vede il risorto nella nostra vita per poi testimoniarlo perché altri provati possano vederlo nella loro.
Ci hanno immerso nella grazia del battesimo che è la grazia pasquale. E stasera noi vogliamo rinnovare la nostra corrispondenza a questa grazia con le promesse del battesimo che tra qualche istante rinnoveremo. Tutto questo è alimentato da un piccolo ma luminoso segno: il battesimo di una donna, di una persona adulta. Il suo battesimo risveglia la consapevolezza della grazia del nostro.
Vegliamo e poi nel momento in cui giungeremo all’Eucaristia noi capiremo perché vegliamo: noi vegliamo perché annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta. Mentre pronunciamo queste parole noi ci introduciamo alle vie del mondo, alle vie delle nostra esistenza, alle vie dell’esistenza dei nostri fratelli particolarmente più provati, proprio con nel cuore la gioia intima che nemmeno l’amarezza più dura può sconfiggere, di accogliere il grande annuncio della risurrezione di Cristo.
(trascrizione da registrazione)