Memoria esequiale di Papa Benedetto XVI

Cattedrale
04-01-2023

Care sorelle e fratelli,
abbiamo ascoltato questa pagina indimenticabile del Vangelo: il dialogo tra Gesù e Pietro. Immediatamente nel riascoltarla insieme avvertiamo l’intensità insostituibile del dialogo personale con il Signore. Un dialogo che ciascuno di noi vive, intraprende, intesse con il Signore. A volte incontro persone che mi dicono “preghi lei, parli lei al Signore”. Certo, il Vescovo lo deve fare per primo e lo faccio con riconoscenza e premura, ma ciascuno tesse un suo personale dialogo con il Signore. È parte essenziale della nostra fede.

Questo dialogo è la pagina che la Chiesa ha indicato per la celebrazione della messa della memoria del santo Papa Giovanni XXIII. Un legame particolare, attraverso questa pagina del Vangelo, si accende con la memoria che oggi facciamo in questa celebrazione esequiale per il Papa emerito Benedetto XVI.

Vi è poi un altro motivo per cui mi sembrava opportuno annunciare questo Vangelo: le ultime parole sussurrate da Papa Benedetto sono proprio state “Signore, io ti amo”. Sono parole di Vangelo, ma sono anche parole umanissime, e sono le più preziose che un uomo e una donna possono pronunciare nei confronti di una persona e nei confronti di Dio.

Avvertiamo una sorta di pudore nell’ascoltare Pietro che dice “Signore, ti voglio bene”. Non solo avvertiamo la sua consapevolezza del limite dell’amore, ma proprio un pudore perché dire “ti amo” è la cosa più grande e più coinvolgente. E il percorso di un uomo che è diventato addirittura la guida della Chiesa universale si compie con queste parole: “Signore, io ti amo”.

Papa Francesco celebrando il 65 anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Papa Benedetto, diceva rivolgendosi a lui: “In una delle tante belle pagine che lei dedica al sacerdozio, sottolinea come nell’ora della chiamata definitiva di Simon Pietro, Gesù guardandolo gli chiede una cosa sola: mi ami? Quanto è bello e vero questo. Lei ci dice in quel “mi ami” che il Signore fonda l’azione del pastore solo se c’è l’amore per il Signore. È questo amare che ci riempie il cuore. Questo credere è quello che ci fa camminare sicuri e tranquilli sulle acque, anche in mezzo alla tempesta, proprio come accadde a Pietro”.

Possiamo dire che l’amore di Dio e l’amore per Dio concentrato nella persona di Gesù e sorgente dell’amore per il prossimo rappresentano la sintesi della vita e del magistero di Papa Benedetto.

Vi è una seconda sottolineatura che vorrei condividere con voi. Mi ha sempre colpito, guardando all’azione di Papa Benedetto, ascoltando le sue parole e anche nei due incontri personali che ho avuto con lui, come la fede del teologo e del maestro fosse indissolubilmente unita a quella fede che lui aveva ricevuto e sperimentato nella sua famiglia. Ricordo benissimo nel 2012 a Milano la giornata mondiale delle famiglie, presieduta da Papa Benedetto. Prima della celebrazione c’è stato un dialogo con le famiglie e una bambina cinese gli ha rivolto questa domanda: “Papa, come ti immagini il paradiso?”. Papa Benedetto che a molti appariva serio e riservato, rispose con grandissima tenerezza: “Io me lo immagino come quando ero bambino: la mia famiglia, la mia casa, la mia vita di tutti i giorni, il bene che ci volevamo, la rettitudine dei miei genitori, la serenità che si respirava nonostante fossimo in guerra”. Lo disse con un accento talmente intenso che la commozione si diffuse in tutti.

In una sua testimonianza riecheggiano questi ricordi. Dice: “La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche. La profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza”.

La Chiesa deve essere molto riconoscente ad un pastore e ad un teologo che ha perseguito instancabilmente la ricerca del volto del Dio di Gesù Cristo e del linguaggio adatto per tradurre in parole comprensibili la verità cristiana, confrontandosi con franchezza e lucidità con il pensiero contemporaneo, le sue meravigliose conquiste, il suo preoccupante smarrimento, facendo dell’esperienza della fede vissuta in famiglia la sorgente e il criterio della sua testimonianza e del suo servizio.

La Chiesa deve essere molto riconoscente ad un uomo che ha testimoniato una coerenza esemplare con la propria coscienza. Una coerenza che lo ha reso limpido e fermo nelle scelte, disponibile anche all’inedito per testimoniare la sua fedeltà e responsabilità. Solo un Papa della sua levatura intellettuale e morale poteva compiere la scelta di dimettersi dal servizio petrino, senza che la Chiesa oscillasse al punto di dividersi. Indimenticabili le parole con cui apriva il concistoro dei Cardinali l’11 febbraio del 2013: “Carissimi fratelli, vi ho convocati a questo concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze per l’età avanzata non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”.

Il testamento che ci lascia e che noi con riconoscenza vogliamo raccogliere, rappresenta un mandato: “Quello che ho detto ai miei compatrioti – scrive Papa Benedetto nel suo testamento – lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: Rimanete saldi nella fede, non lasciatevi confondere! Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita e la Chiesa con tutte le sue insufficienze è veramente il suo corpo”.

Anche nella sua morte ha voluto essere “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”, così come si era presentato al mondo al momento della sua elezione e così come lo è stato nella sua vita e nel suo ministero.

Su di lui la benedizione di Dio e anche la nostra, così come risuona in questi primi giorni dell’anno: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

(trascrizione da registrazione)