Giornata Mondiale per la Pace – Paderno di Seriate

01-01-2015
Care sorelle e cari fratelli,
celebriamo l’Eucaristia pregando per la pace, un’Eucaristia che si unisce alle tante celebrate in questo giorno in onore della Vergine Maria venerata come la Madre di Dio in questa ottava del Natale. Vogliamo affidare anche alla sua particolare intercessione la nostra preghiera per la pace.
 
Tutti voi sapete che la Giornata per la pace è nata dal cuore del Beato Paolo VI, il quale diede inizio a questa proposta di preghiera collocata nel primo giorno dell’anno. Da allora tutti i Sommi Pontefici hanno proposto un messaggio in occasione di questa giornata e tutt’oggi noi accogliamo il messaggio che Papa Francesco ci ha consegnato per alimentare una cultura di pace, per sostenere gesti e scelte di pace, per nutrire la preghiera che proprio in questa Eucaristia condividiamo per la pace.
 
Care sorelle e fratelli, come discepoli del Signore siamo chiamati ogni giorno ad essere dei costruttori di pace. 
 
Proprio in questa giornata il Papa in maniera sintetica ha rivolto a tutto il mondo questo invito alla preghiera: “Quanta gente innocente e quanti bambini soffrono al mondo, Signore donaci la tua pace!”. In questa preghiera permettete che ricordi in modo particolare la giovane Vanessa Marzullo di Brembate tenuta in ostaggio insieme a Greta Ramelli di Varese. Abbiamo ascoltato il loro messaggio di questi giorni e quindi in questo contesto di preghiera per la pace vogliamo ricordarle insieme a Padre Dall’Oglio che ci auguriamo ancora vivo e a tutti coloro che sono tenuti sotto questa forma di schiavitù, perché appunto il tema della giornata della pace di quest’anno è proprio questo: “Non più schiavi, ma fratelli”.
 
La diffusione di forme di schiavitù alimenta inevitabilmente la destabilizzazione della pace ed è frutto di ingiustizie che non possono nutrire condizioni di pace. 
 
Il Papa ci sta ricordando che la schiavitù esiste ancora, anche se storicamente sembrerebbe superata. Non viviamo più in tempi in cui la cultura e le legislazioni prevedevano la schiavitù; d’altra parte, pur essendo superata questa fase, la schiavitù esiste sotto tante forme. Forme imponenti – come ce le ha ricordate il Papa – e forme sottili che possono attraversare i rapporti che viviamo tra noi.
 
Schiavitù ci sembra una parola forte, quasi non riconoscibile nel contesto delle società contemporanee; ma se sostituiamo la parola “schiavitù”, così forte, con la parola “sfruttamento”, sfruttamento dell’uomo, allora ci rendiamo conto dell’imponenza di questa realtà, in forme a volte violente e vistosissime, ma anche in forme molto sottili che possono contrassegnare gli stessi rapporti che condividiamo nelle nostre comunità e nella nostra società.
 
Il Santo Padre ci ricorda che vocazione intima dell’uomo è vocazione alla fraternità e riporta questa vocazione alla nostra comune origine. Anche nell’orazione che ho rivolto al Signore ho ricordato questa comune origine di ogni essere umano. D’altra parte proprio questa generazione divina è stata oscurata dal peccato. Il peccato incide fortemente su questa dimensione fraterna della vita: Caino e Abele, rappresentazione della prima umanità fraterna, diventano la rappresentazione tragica degli esiti del peccato sulla fraternità. La degenerazione della relazione fraterna introduce allo sfruttamento dell’uomo nei confronti di un altro uomo.
 
Grande allora, cari fratelli e sorelle, è l’azione di Gesù Cristo. Quell’azione che noi celebriamo proprio a partire dalla sua nascita, l’azione di un Dio che ricuce il tessuto lacerato della nostra umanità. Lo riconduce non solo all’origine, ma a qualcosa, anzi a Qualcuno di più: Lui stesso diventa l’immagine dell’uomo nuovo, l’immagine del Figlio di Dio che conduce tutti gli uomini dentro questa relazione e dentro questa nuova fraternità. Noi non siamo semplicemente fratelli perché abbiamo un’unica origine in Dio, ma perché in Gesù Cristo, il Dio fatto uomo, il Figlio di Dio, noi tutti diventiamo come Lui, Figli adottivi di Dio e dunque fratelli tra noi.
 
D’altra parte nella storia noi dobbiamo continuamente fare i conti con la tentazione, con il peccato, con la necessità della conversione: il dono di Dio è affidato alla nostra libertà e alla nostra fede. Quindi continuamente ci si ripropone la scelta di entrare gli uni in relazione con gli altri in dimensione fraterna oppure di scivolare verso quelle forme drammatiche nelle quali uno diventa estraneo all’altro, nelle quali la persona viene trasformata in una cosa, in un numero, in un mezzo e quindi inevitabilmente usato.
 
Care sorelle e cari fratelli, fra un istante vi elencherò le situazioni drammatiche e imponenti che il Papa ricorda, ma vorrei che non dimenticassimo quelle situazioni che tutti noi possiamo sperimentare e che tutti noi abbiamo provato in un modo o nell’altro, con sofferenza e a volte con sentimenti di vendetta o di odio. Sono quelle situazioni in cui ci siamo sentiti usati: usati dalle persone che vivono con noi, usati negli ambienti del nostro lavoro, usati qualche volta nelle nostre stesse relazioni familiari. E’una sensazione che avvertiamo subito, l’avvertiamo come una profonda ingiustizia, l’avvertiamo come qualcosa di inaccettabile. Non saremo dichiarati schiavi, non potremo neanche dire di essere sfruttati, ma ci sentiamo usati. E il processo è sempre identico: l’altro non viene più percepito in termini fraterni, ma viene percepito in termini strumentali. E perché una persona diventi uno strumento, inevitabilmente prima la si trasforma in una cosa, in un oggetto.
 
Elenco dunque le condizioni e le situazioni che il Papa denuncia come forme forti di schiavitù contemporanea: “Penso a tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori, nei Paesi in cui la legislazione del lavoro non è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la cui legislazione tutela il lavoratore. Penso anche alle condizioni di vita di molti migranti che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente. Penso alle persone costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti minori, ed alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso. Non posso non pensare a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di traffico per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale. Penso infine a tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali”. 
 
Care sorelle e fratelli, mi sembrava importante che ci rendessimo conto di come questo tema, che potrebbe sembrare inizialmente lontano, sia vicino alle nostre relazioni nel momento in cui si perde la coscienza della decisività dei rapporti fraterni. Ora siamo interpellati da queste precise indicazioni del Santo Padre che indicano fenomeni del nostro tempo, sotto i nostri occhi. Quando preghiamo, quando evochiamo la pace non rimaniamo indifferenti di fronte a queste situazioni in cui viene stravolta la possibilità stessa della pace.
 
Il Santo Padre ricorda anche le cause delle schiavitù contemporanee. Cause che sono determinate dalla povertà, dall’ignoranza, dalla mancanza di lavoro, dalla corruzione di coloro che hanno il compito di difendere i diritti e la dignità di ogni persona, dai conflitti, dalle violenze, dalla criminalità, dal terrorismo.
 
Il Santo Padre fa quindi memoria riconoscente dei tanti Santi religiosi, particolarmente femminili – anche nella nostra diocesi abbiamo queste bellissime testimonianze- che da sempre si sono impegnate per la liberazione di coloro che vengono sfruttati. 
 
Alla globalizzazione dello sfruttamento e dell’indifferenza bisogna sostituire una globalizzazione della fraternità, partendo certamente da livelli di natura politica e istituzionale, culturale e sociale, fino ad arrivare ai piccoli gesti quotidiani che nascono dalle nostre famiglie, che diventano motivo di educazione, che alimentano la vita della comunità cristiana, che tessono la tela della vita sociale.
 
Care sorelle e cari fratelli, le parole del Messaggio del Santo Padre ci inducano a lottare contro ogni tentazione di usare l’altro, cominciando dalle relazioni più vicine fino alle più importanti relazioni sociali.
 
Lottiamo anche contro le tentazioni che ci rendono schiavi. Non soltanto c’è il dramma di chi è reso schiavo, ma c’è il dramma per cui noi stessi ci rendiamo schiavi: schiavi delle nostre cattive abitudini, schiavi dei nostri vizi, schiavi di tutto ciò che mortifica la nostra dignità di figli di Dio e di esseri umani, e che a volte ci rende indegni di guardarci in faccia dentro lo specchio della nostra coscienza.
 
Care sorelle e cari fratelli, viviamo la Giornata della pace in un contesto natalizio, nel ricordo della maternità di Maria, che sollecita sentimenti di speranza, alimentati dalla sua grande tenerezza.
 
La celebrazione della Giornata della pace, in questo contesto parrocchiale, in questa bella chiesa, con una assemblea così numerosa, ci conduce veramente a contemplare ancora di più l’umanità di Gesù. Gesù è il Figlio di Dio che si fa uomo per liberare l’uomo. È  un’opera di liberazione quella che il Dio fatto uomo viene a compiere, a partire proprio dal fatto che condivide la nostra condizione umana. La maternità di Maria, che contempliamo nella nascita di Gesù, è la via che Dio si è scelto e Maria ha corrisposto, perché questa opera di liberazione potesse cominciare.
 
(trascrizione da registrazione)