Domenica delle Palme – Cattedrale

13-04-2014
Cari fratelli e sorelle,
lasciamo che questo grande racconto della passione risuoni nei cuori di ciascuno di noi. Io semplicemente desidero offrirvi qualche suggerimento.
 
Innanzitutto non saremmo qui se non credessimo che quel Gesù che è morto crocifisso è risorto. Quello che ci riunisce in questa chiesa, che riunisce la grande parte di noi, è questa convinzione intima, è questa scintilla che alimenta la nostra fede. Gesù di Nazareth, di cui conosciamo la vita e la morte, è risorto e vivo.
 
Un secondo suggerimento è rappresentato dal fatto che questo grandioso racconto alla fine per noi è incomprensibile. In questi giorni mi sono messo davanti a questo grande affresco della passione del Signore e mi sono reso conto di quanto poco lo capisca. Addirittura ho avvertito che al di là di tante parole, io non sono disposto ad accettare una cosa del genere. Come facciamo ad accettare una sofferenza così? L’accetteremmo per la nostra vita? L’accetteremmo per i nostri figli? Forse potremmo accettarla per il nostro peggior nemico, ma probabilmente nemmeno per lui. Allora cosa è questo racconto? 
 
D’altra parte – ed è il terzo suggerimento – noi intuiamo qualcosa. La fede nel Risorto e la nostra esperienza – qui ci sono dei bimbi, ma ci sono anche persone che ormai sono cresciute non solo nella vita ma anche nella fede – ci portano ad intuire qualcosa che è più forte di quella incomprensione e inaccettabilità. Noi intuiamo qui una condivisione di cui avvertiamo tanto il bisogno. Nel dolore e nella sofferenza di qualsiasi persona, credente o non credente, l’attesa di condivisione è fortissima. Qui, in questo uomo, Gesù di Nazareth – che alla fine i cristiani credono il Figlio di Dio – noi avvertiamo una condivisione assoluta. Non è poco. Non è poco pensare che il Dio in cui crediamo sia stato disponibile a condividere il dolore assoluto, il dolore incomprensibile.
 
Poi c’è una seconda intuizione ed è che tutto questo dolore, questa sofferenza, questa croce, alla fine è espressione di amore. Espressione di amore sconfinato, capace di assumersi tutto quello che abbiamo ascoltato. Ciascuno di noi può raccontare una storia d’amore e può raccontare come si intuisca che al di là della bellezza inarrivabile dell’amore, al di là di questo desiderio che attraversa il cuore di tutti, c’è la consapevolezza che dentro nell’amore c’è l’esigenza di un dono che a volte sembra strapparti l’anima.
 
Alla fine, la terza intuizione è quella che dentro la morte di Cristo non si stia semplicemente la nostra speranza, ma ci stia la nostra salvezza, il nostro riscatto, qualcosa di definitivo. Il definitivo non è la morte, non è la vittoria del male.
Credo che queste intuizioni appartengano alla nostra fede. Ci attendono giorni intensi, suggestivi, ricchi di riti ma anche di fede in questa settimana santa. Ci siamo introdotti con questi gesti: l’ingresso glorioso, la passione e adesso il gesto eucaristico: “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue dato per voi, per riscattarvi dal male, dalla paura, dalla morte”.
  
(trascrizione da registrazione)