13-12-2015
Care sorelle e cari fratelli,
cari giovani che siete qui davanti a me, ragazzi e ragazze,
cari fratelli e sorelle che venite da ogni angolo non solo della nostra terra ma del mondo,
tutti noi abbiamo bisogno di misericordia!
L’anno della misericordia, il regalo della misericordia, non si aggiunge ad altro, quasi fosse qualcosa di superfluo o di ornamentale, un di più che ci possiamo concedere perché già abbiamo tutto oppure perché comunque misericordia evoca qualcosa di consolante. Noi prima di tutto e più di tutto abbiamo bisogno di misericordia. Soprattutto oggi. Soprattutto in questo mondo.
Viviamo in mondo in cui sembra che ciò che è implacabile ci sovrasti. Sembra che l’implacabilità della violenza, l’implacabilità di una economia e una finanza capaci di stritolare gli uomini, l’implacabilità di visioni che a volte assumono i connotati di una apocalisse, si imponga al nostro sguardo, al nostro cuore, alle nostre speranze. Abbiamo bisogno di misericordia per resistere alla paura dell’implacabilità di ciò che ci sembra inevitabile.
Abbiamo bisogno di misericordia rispetto a quella corazza di indifferenza con la quale ci illudiamo di difenderci. Le nostre indifferenze a volte non sono il frutto di cattiveria, ma piuttosto il frutto di una paura dalla quale istintivamente ci difendiamo. L’indifferenza sembra l’arma per poterci difendere, per non lasciarci toccare, per lasciarci toccare il meno possibile, per non lasciarci avvicinare. Il prezzo di questa indifferenza è quella diffusa solitudine che sembra una malattia della quale tutti quanti siamo contagiati.
Abbiamo bisogno di misericordia per spezzare quella indifferenza alla quale ci siamo rassegnati. Abbiamo bisogno di misericordia per superare la rassegnazione.
Cari fratelli e sorelle, tutti – dai più giovani ai più anziani – non ci vogliamo arrendere all’implacabilità, non ci vogliamo arrendere all’indifferenza, non ci vogliamo arrendere neppure alla rassegnazione. Non arrenderci vuol dire riconoscere che abbiamo bisogno di misericordia.
Lo dico con intensità di voce, lo dico innanzitutto a me stesso: la tentazione di non credere alla misericordia ci accompagna continuamente. Il fatto di essere qui così in tanti all’inizio dell’anno della misericordia ci aiuti a vincere questa tentazione. La tentazione di immaginare che abbiamo bisogno di misericordia, ma di non crederci fino in fondo e ritenere che è d’altro che abbiamo bisogno.
In questi giorni il Papa parlando dell’anno della misericordia insiste proprio su questo: la Chiesa, l’umanità, ciascuno di noi ha bisogno di misericordia.
Cari fratelli e sorelle, non scandalizziamoci della misericordia!
La misericordia è qualcosa di profondamente atteso, ma è anche un grande scandalo. Molti si sono scandalizzati per la misericordia e molti ancora oggi si scandalizzano della misericordia. Sembra assurdo, ma è così!
Ci scandalizziamo come il fratello maggiore della parabola del Vangelo della misericordia del Padre. Il fratello maggiore abita sempre dentro di noi: “Io sono sempre con te, io ho fatto tutto ciò che è giusto, io ho sempre lavorato, io mi sono sempre sacrificato e questo tuo figlio che ha sperperato tutto, che ha approfittato di tutto ora viene accolto nella mia stessa casa. No! Non è giusto!”. Questo è lo scandalo della misericordia.
D’altra parte il Vangelo è tutto percorso da questo scandalo e l’incomprensione nei confronti di Gesù è proprio questa: l’incomprensione della misericordia di Dio che si manifesta nei gesti concreti che Gesù ha compiuto nei confronti di coloro che riteniamo non siano meritevoli di misericordia. “Forse io qualche merito l’ho per ottenere misericordia, ma quelli no!”: la tentazione del fariseo ci attraversa ancora.
Non solo il fratello maggiore della parabola, non solo i farisei, ma anche i discepoli di Gesù si scandalizzano di una misericordia che prevede il prezzo del sacrificio di se stessi, perché Gesù pagherà il prezzo più alto per donare la misericordia.
Cari fratelli e sorelle, la misericordia è gratis. La misericordia è per tutti. Ma questo dono costa carissimo: costa la vita di Dio. Quel Dio onnipotente che per manifestarci la sua misericordia sacrifica se stesso nella persona di Gesù.
Meraviglioso e incantevole sarà il momento in cui la solennità che stiamo vivendo nei gesti di questa celebrazione diventerà la solennità dei nostri cuori felici, perché finalmente aperti alla misericordia. Questa meraviglia e questa gioia siano consapevoli di quello che è costata, dell’amore che costa. La misericordia è l’amore che costa.
Entriamo allora nel regno della misericordia!
Quanti sono già passati, adesso. dalla porta della misericordia! Tutti voi, cari fratelli e sorelle: debbo dire che mi ha commosso osservare questo fiume. La Porta resterà aperta tutto l’anno e vorremmo che restasse aperta per tutta la vita e la storia del mondo.
Entriamo dalla porta della misericordia, entriamo nel regno della misericordia, che è il regno del perdono per noi, per me. Quanto risuona questa parola del Papa: “Dio non si stanca mai di perdonarci, siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono”.
Mi auguro che possiamo ricevere questo perdono con una consapevolezza e con una felicità ancor più grande in quest’anno. Il perdono è ciò di cui possiamo diventare capaci, cominciando dalle nostre famiglie, dalle nostre comunità, dalla nostra città, dal nostro territorio.
Entriamo nel regno della misericordia, felici di essere noi stessi oggetto di un’opera di misericordia: l’attenzione che riceviamo dai nostri cari e che siamo capaci di esercitare per i nostri cari. Poi via via: un cerchio che si allarga senza confini. Le opere di misericordia siano il segno concreto di persone che sono entrate nel regno della misericordia.
Desidero salutare con tanto affetto giovani, persone che sono portatrici di sofferenze e limiti, persone provenienti da paesi lontani: rappresentano tutti quanti noi che pure siamo portatori di sofferenze e di limiti.
Opere di misericordia vissute con intelligenza e con un cuore che scaldi l’intelligenza. Un cuore misericordioso. Non bastano le opere di misericordia. Entrare nel regno della misericordia, entrare dalla porta della misericordia, riesca a non farci compiere solo opere di misericordia, ma a farci diventare donne e uomini di misericordia.
Ricordavo in questi giorni che sull’ingresso di un antico monastero benedettino sta incisa questa frase: “porta patet sed cor magis”, la porta è aperta ma il cuore di più. Questo è l’augurio e la preghiera che ci scambiamo all’inizio dell’anno della misericordia lasciando veramente che questa bontà di Dio ci raggiunga e trasformi i nostri cuori.