S. Natale – Messa di Mezzanotte in Cattedrale

25-12-2015

Care sorelle fratelli così numerosi e mi auguro anche attraversati da un sentimento intimo e profondo di gioia e di speranza, che non vogliamo tenere soltanto per noi stessi, ma a partire da questa nostra Chiesa Cattedrale, arricchiti dal dono di Dio che si manifesta nella nascita di Gesù, possiamo noi stessi diventare motivo di gioia e di speranza per tanti altri, soprattutto per chi tra noi conosciamo provato dal dolore, dalla tristezza e dalla disperazione.
 
Questa gioia e questa speranza si alimentano con le parole che il Signore ci ha rivolto nelle letture appena ascoltare. Il profeta Isaia annuncia la nascita del figlio del re. Nell’antichità la notizia più bella era proprio quella e gli araldi percorrevano le strade degli imperi e delle città per annunziare che era nato il figlio del re. Era una bella notizia perché garantiva continuità e stabilità, perché alimentava la speranza e prospettava un futuro. La nascita del figlio del re significava che si poteva continuare a contare sulla sua protezione, soprattutto nei confronti dei più deboli e dei più poveri. Il re poteva essere la garanzia della giustizia e della pace. Questo era il motivo della gioia nell’annuncio della nascita del figlio del re: proprio anche dal punto di vista del vocabolario questo annuncio si chiamava “vangelo”, la “buona notizia”.
 
Noi cristiani leggiamo questa profezia come qualcosa che ci introduce alla gioia che alimenta nella coscienza cristiana la nascita di Gesù.
 
Dobbiamo però riconoscere che non è stato così: nessun re, nessun potere riesce a garantire queste attese dell’umanità e di ciascuna persona. Rimane sempre l’attesa. Anche la nostra presenza così numerosa questa sera dice ancora una volta che l’attesa non si è sopita nella nostra anima. Ma potrà ricevere una risposta? L’annuncio della nascita di Gesù è la risposta a questa attesa?
 
Abbiamo udito l’Apostolo che ci dice di sì. Ci ha detto che la grazia di Dio che porta salvezza è apparsa proprio nella persona di Gesù. Non è più il figlio del re ma è addirittura il figlio di Dio che “ha dato se stesso per riscattarci da ogni iniquità”.
 
Come la profezia di Isaia non è mai stata realizzata in maniera piena dal figlio del re, così la parola di San Paolo ci sembra che non sia ancora realizzata. Noi crediamo che veramente nella nascita di Gesù si è manifestata la grazia misericordiosa di Dio, però ci sembra che l’affermazione di questa grazia non sia ancora avvenuta.
 
Arriviamo così al Vangelo. Quel bellissimo racconto che abbiamo sentito cantare è stupendo perché non soltanto ci riporta alla nascita di Gesù, ma evoca questo umanissimo fatto di cui tanti di voi sono stati protagonisti: la nascita di un figlio.
 
Perché leggiamo ancora questa narrazione? Perché questa narrazione è capace ancora di suscitare una apertura dell’anima anche ai più distratti e ai più cinici tra noi? Chi è nato?
 
La risposta a questa domanda ci viene dagli angeli. Anche loro sono dei messaggeri, dei portatori di una buona notizia. A chi la portano? A quei pastori che nella notte stanno vegliando. Proprio come noi in questa notte. A questi uomini gli angeli dicono: “È nato per voi un salvatore e il segno sarà questo: un bimbo che è adagiato in una mangiatoia”.
 
Care sorelle e fratelli, in quest’anno della misericordia ancora una volta desidero ricordarvi che la misericordia di Dio si è manifestata in Gesù. La misericordia non è un’idea, la misericordia non è un sentimento, la misericordia non è un dovere: la misericordia è una persona, è la persona di Gesù. Lui è il volto umano della misericordia di Dio.
 
Chi guarda Gesù, chi si avvicina a Gesù, chi conosce Gesù, chi ama Gesù riceve da lui il dono della misericordia liberante.
 
La misericordia di Dio si manifesta proprio nel Natale perché Dio, il nostro Dio, ci fa il dono più prezioso. Cosa poteva farci Dio di più prezioso come regalo? Suo figlio. Mio figlio: chi di voi è disposto a regalare suo figlio? Piuttosto è disposto a sacrificare se stesso. Il dono più grande è il dono del figlio.
 
Care sorelle e cari fratelli, molti sono tentati di dubitare della misericordia di Dio. A volte le prove della vita sono così severe che ci sembra che non esista misericordia. Ma proprio stanotte, ripercorrendo le strade che ci conducono a Betlemme noi ritroviamo la sorgente della misericordia nella persona di Gesù, il figlio di Dio che è donato per noi.
 
È affidato alle nostre mani, come pochi istanti fa io tra le mani portavo quel piccolo segno che ci evoca la grandezza del dono. È affidato alle nostre mani e alla nostra libertà. La grandezza della misericordia di Dio non sta semplicemente nel fatto che si dispiega tutto l’amore di Dio nei confronti della nostra miseria, ma che tutto questo avviene affidandosi alla nostra libertà. Grandissimo dialogo.
 
Cari fratelli e sorelle, anche i più affaticati, anche i più disincantati: l’amore di Dio è espressione suprema della sua libertà. La libertà di Dio si manifesta nell’amore e si affida alla nostra libertà. Nel momento in cui noi diremo di sì all’amore di Dio, lo diremo come espressione più alta della nostra libertà. Il frutto della misericordia si manifesta dentro questo dialogo di libertà.
 
Cari giovani, guai se doveste percepire la fede come una specie di prigione. L’incontro con Cristo è l’incontro con la libertà di Dio che si è manifestata in questo amore senza confini. Noi possiamo godere di questo amore e vivere di questo amore quando liberamente lo accogliamo.
 
La misericordia di Dio nella nascita di Gesù su avvicina ad ogni persona abbassandosi. Dio si è avvicinato non chinandosi su di noi, ma abbassandosi accanto a noi. Diventando uno di noi. Abbassandosi fino al più piccolo degli uomini, al più povero dei miseri, al più debole degli infermi, al più disprezzato dei peccatori. La luce della sua umanità si avvicina alla nostra umanità per liberarla. Questa è la misericordia che si manifesta nella persona di Gesù.
 
Noi non potremo incontrare Dio se a nostra volta non ci abbassiamo, perché Dio lo si incontra lì: lì dove c’è il più piccolo degli uomini, il più povero dei miseri, il più debole degli infermi, il più disprezzato dei peccatori.
 
Care sorelle e cari fratelli, qualcuno potrebbe dire: “ma tutto questo basta a riscattare il mondo? basta a illuminare questa oscurità?”. Io umilmente, facendomi voce del Vangelo vi dico: sì! Basta ogni volta – e sono infine le volte – in cui un uomo apre il cuore al dono della misericordia di Dio che si è manifestato in Gesù, ogni volta che lasciamo che Gesù rinasca nel profondo delle nostre coscienze, nel profondo del nostro spirito, nel profondo delle nostre convinzioni.
 
Dicevamo di Isaia: non è stato così. Abbiamo detto di Paolo: non è ancora così.
 
Ora diciamo con il Vangelo, con il dono che ci è consegnato: può essere così!
 
Ogni volta che noi apriamo il cuore al dono di Dio nella persona di Gesù, diventa così.

 

(Trascrizione da registrazione)