31-01-2015
TESTO NON LETTO E SOSTITUITO DAL BREVE INTERVENTO RIPORTATO IN FONDO
In che consiste la grandezza della vita umana?
È un dono e liberamente diventa un dono. In questo sta la felicità dell’uomo.
Riconoscere la vita come un dono: non solo per le qualità che la caratterizzano, ma perché espressione d’amore.
Abbiamo bisogno di essere amati dall’inizio alla fine per riconoscere la vita come un dono.
Gesù ha fatto percepire a tutti, cominciando dai disprezzati, dagli insignificanti, dai piccoli, la bellezza della loro vita, la dignità della loro vita, perché ha fatto percepire loro il suo amore.
I discepoli di Gesù lo seguono su questa strada, non solo perché hanno imparato il suo insegnamento, ma perché lo hanno sperimentato.
Il compimento di questa felicità avviene quando il riconoscimento della vita come dono si trasforma nella scelta di fare della propria vita un dono, di donare la vita, di generare la vita. Anche questo processo appartiene all’amore, alla relazione interpersonale, alla condivisione della vita.
Siamo convinti dell’importanza del matrimonio non perché finalizzato alla procreazione, ma perché la procreazione trova in esso il primo ambito di solidarietà rassicurante. Essere solidali per la vita, come dice il messaggio, esige una solidarietà coniugale che è insostituibile, ma anche insufficiente. Esige una solidarietà più vasta che investe tutte le forme di comunità e tutte le istituzioni che una società si da. Per generare un bambino occorre un uomo e una donna, ma per crescerlo occorre un villaggio, come dice il Papa.
E’ proprio lui che denuncia la diffusa indifferenza, la globalizzazione dell’indifferenza. Vogliamo guardare innanzi tutto a noi stessi e riconoscere i nostri egocentrismi, le nostre paure, le nostre pigrizie, le nostre stanchezze. A partire da noi, vogliamo ricominciare a tessere quei rapporti quotidiani di vicinanza, di comprensione, di aiuto, di fiducia e fedeltà, che diventano il grembo di ogni vita, concepita, fragile, terminale, e alimentano speranza per la vita. In questa prospettiva anche la vita di chi è dimenticato, scartato, rifiutato trova spazi di reale accoglienza, crescita, nutrimento e speranza.
Non vogliamo giudicare e tanto meno condannare nessuno: ma non possiamo accettare che il rifiuto della vita dell’altro e anche della propria diventi un diritto. Esistono percorsi difficili e dolorosi, ma lo sono sempre di più per un individualismo che, voracemente orientato ad affermare tutti i diritti possibili, dimentica quello che è più necessario e che nessuna legge può sancire perché non appartiene alla sfera del diritto ma del dono: l’amore.
La forza con cui difendiamo la vita nei suoi inizi e nella sua conclusione, appare tanto più credibile quanto più la tuteliamo nel suo percorso. L’orizzonte dell’inizio e della fine della vita appare confuso in molte coscienze. Compito di chi crede nel dono della vita è di introdurle ad una chiarezza convincente attraverso un impegno per la vita a 360 gradi: una solidarietà nei confronti della vita e ancor più nei confronti dei viventi.
Una solidarietà che deve diventare in maniera molto più consistente una politica che privilegi le forme relazionali, sociali, comunitarie e particolarmente la famiglia, rispetto alla pervicace e distruttiva affermazione unilaterale ed esclusiva dei diritti individuali.
Una solidarietà che si manifesti in un’attenzione seria e responsabile nei confronti dell’ambiente e delle risorse naturali, consapevoli del delicato equilibrio tra sviluppo, lavoro e ambiente vitale: un equilibrio da ricercare ogni giorno sia a livello mondiale, come a livello locale. Le morti dovute a disastri e reati ambientali non possono essere sventolate come bandiere per ragioni ideologiche o per interessi nascosti, ma non possono neppure lasciarci indifferenti e a volte addirittura insofferenti, sia per il dolore di chi vi è coinvolto, sia per quanto riguarda il futuro del nostro pianeta e soprattutto dei nostri figli.
Proprio perché solidali con la vita a 360 gradi, lo siamo particolarmente nei confronti dei suoi inizi e della sua conclusione. Non vogliamo privilegiare alcuni momenti della vita lasciando all’abbandono, all’indifferenza, alla solitudine altri momenti. Ben vengano le storie appassionate del Movimento per la Vita, del Centro Aiuto Vita, dei Consultori familiari di ispirazione cristiana. Si alimenti sempre nelle nostre parrocchie l’attenzione a favorire l’accoglienza della vita e il suo accompagnamento amoroso nel momento della conclusione. Con chiarezza il Papa ha sottolineato la responsabilità nei confronti della generazione di una nuova creatura e con altrettanta chiarezza ha sottolineato la generosità nei confronti dell’apertura alla generazione e l’accoglienza di ogni creatura, particolarmente quando la sua fragilità è ancora più evidente. La risposta a queste istanze non consiste in un giudizio, in una minaccia o in un allontanamento. Piuttosto consiste in una convinzione maggiore in termini di amore e di solidarietà diffusa, di cui i cristiani, per primi, sono chiamati ad essere testimoni. Solidali dunque con la vita e proprio per questo solidali per la vita.
La storia del bambino di ghiaccio che viveva in un frigorifero. Un giorno è andata via la corrente e il bambino di ghiaccio si è squagliato in poche gocce d’acqua.
Non siamo di ghiaccio e non viviamo in un frigorifero; ma anche noi abbiamo bisogno della temperatura adatta per vivere. La temperatura dell’amore: dei nostri genitori, nonni e famiglie. Ma non basta: gli amici e i compagni; e ancora i vicini e i colleghi; e ancora i gruppi e le parrocchie; e ancora il paese, la città con tutte le sue istituzioni, particolarmente la scuola. Occorre una temperatura d’amore perché la vita germogli e cresca e viva bene e si concluda bene. Soprattutto quando la vita attraversa momenti delicati come la nascita e la malattia, la povertà e l’emarginazione, la paura. la solitudine e la vecchiaia. Non basta essere termometri, dobbiamo essere termostati. Persone che creano amore, allora nessuno avrà paura della vita.