Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
Questa è la visione che si apre davanti ai nostri occhi nella festa di tutti i Santi. Una moltitudine incalcolabile, un popolo di salvati, nuovo e conviviale. E’ il nostro destino: non l’oscurità, ma la luce; non la solitudine, ma la compagnia, non l’omologazione, ma la varietà; non la paura, ma la gioia. Il nostro destino è la santità, la nostra nascita è la santità, il nostro cammino è la santità. Ma cos’è santità? Chi sono i santi? Partendo da quest’ultima domanda, riconosciamo che nella nostra immaginazione, il santo è un modello, un esempio di coerenza, un eroe. A motivo di queste caratteristiche, il santo diventa anche il nostro patrono, protettore, colui che intercede per noi, presso Dio. Ogni società, piccola o grande, ha i suoi eroi, noi abbiamo i santi: eroici perché martiri, eroici nel vivere e testimoniare le virtù del cristiano. “Nei processi di beatificazione e canonizzazione si prendono in considerazione i segni di eroicità nell’esercizio delle virtù, il sacrificio della vita nel martirio e anche i casi nei quali si sia verificata un’offerta della propria vita per gli altri, mantenuta fino alla morte. Questa donazione esprime un’imitazione esemplare di Cristo, ed è degna dell’ammirazione dei fedeli”(GE 5). “Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio … Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”.
Vi è una specie di “manuale della santità” che ci permette di ispirare e verificare la nostra vita cristiana e di riconoscere e identificare i Santi in mezzo a noi e coloro che lasciano trasparire i tratti della santità di Dio. Si tratta delle Beatitudini raccolte all’inizio del Discorso della Montagna e proposte di nuovo alla comunità proprio in questo giorno. Gesù indica i tratti della santità e le scelte che la realizzano. Santi, dunque coloro che pongono la loro sicurezza non in ciò che possiedono, ma in ciò che donano; santi coloro che sanno piangere per i loro peccati e per il dolore del mondo; santi coloro che testimoniano la forza della verità e non la verità della forza; santi coloro che cercano la giustizia, senza trasformarsi in giustizieri; santi i misericordiosi che non giustificano se stessi, ma perdonano le offese e gli offensivi; santi coloro che gustano la bellezza, senza consumarla; santi coloro che credono e operano per la pace e non pensano solo a “starsene in pace”; santi i coraggiosi che non umiliano gli altri; santi coloro che nella sofferenza e nella persecuzione sono capaci di una fede mite. I Santi che veneriamo come nostri amici e patroni, i santi che abbiamo conosciuto e riconosciuto accanto noi, non possedevano e non possiedono tutte queste caratteristiche e virtù. E noi? A volte ci esibiamo come se ne fossimo i migliori interpreti, soprattutto quando giudichiamo gli altri; altre volte ci deprimiamo giustificando ogni nostra pigrizia, con la scusa dell’incapacità. A queste tentazioni da risposta l’antica storia del monaco Epifanio.
Sotto la dominazione normanna, all’inizio del secolo millennio, viveva in Sicilia un monaco di nome Epifanio. Forse solo per talento naturale, o forse perché educato al culto delle immagini e all’uso dei segni, Epifanio era quasi giunto alla maturità coltivando un desiderio. Voleva dipingere una tavola, con un grande Cristo, che esprimesse tutto di Lui: la divinità e l’umanità, il mistero e la sua manifestazione. Alla fine di un lungo percorso, dopo aver finalmente dipinto il volto di Cristo, egli comprese e rivelò il suo segreto: “Non cercate mai Cristo nel volto di un solo uomo, ma cercate in ogni uomo un tratto del volto di Cristo”. Che il Signore ci faccia riconoscere un tratto del suo volto in chi vive accanto a noi e permetta a questi di riconoscere sul nostro volto un tratto del suo. Questa è la nostra santità, questa è la santità della moltitudine che oggi ricordiamo e veneriamo.