26-08-2012
Fratelli e sorelle, mentre celebriamo la solennità di Sant’Alessandro siamo posti di fronte alla figura di un martire che testimonia in secoli antichi la fede in Cristo fino al punto di essere disposto a sacrificare la propria vita per questa fede. Il nostro pensiero va anche a tutti coloro che in questo momento sono chiamati dalla fedeltà al Vangelo, e dalla situazione in cui devono incarnarlo, ad una testimonianza particolarmente provata. Nel mondo oggi e nel secolo scorso che Giovanni Paolo II ha chiamato “il secolo dei martiri”, sono molti i nostri fratelli e le sorelle che a causa della fede vengono perseguitati. In questo canto del vespro vogliamo portarli al Signore con la nostra intensa preghiera, col nostro ricordo, quasi che possano sapere che almeno così non li lasciamo soli, che sentiamo la loro prova, che la condividiamo consapevoli che noi non siamo sottoposti alla stessa prova.
Tra le tante considerazioni che possiamo fare attorno a questa dimensione che il Signore ci ha indicato come parte della fedeltà al suo Vangelo, ve ne è una che scaturisce dalla breve lettura che abbiamo ascoltato, vale a dire la gioia nella persecuzione. Se non ascoltiamo queste parole con superficialità ci dobbiamo interrogare: come è possibile essere felici, beati nella persecuzione?
Ebbene, cari fratelli e sorelle, io credo che la testimonianza dei martiri antichi e di coloro che oggi testimoniano la fede nella persecuzione, insieme alla parola del Signore che abbiamo ascoltato, ci invitano a comprendere un modo per vivere anche noi, che non siamo perseguitati, questa gioia interiore.
Mi sembra che a volte siamo tentati di fronte anche a una semplice incomprensione di reagire in maniera astiosa. Cari fratelli e sorelle non coltiviamo una fede astiosa nei confronti di chi non crede, nei confronti di chi anche nella nostra famiglia ci sembra abbia abbandonato la fede, nei confronti di chi anche presso di noi irride alla fede. No. La fede non può essere accompagnata dall’astio. Una fede astiosa non è una fede che corrisponde allo spirito del Vangelo.
D’altra parte nemmeno una fede paurosa. Sì, evochiamo i grandi martiri e i cristiani perseguitati nel mondo, ma dobbiamo anche evocare questa tentazione che ci attraversa per cui abbiamo paura di manifestare la nostra fede e spesso anche di credere alla parola del Signore fino in fondo. Come potremo convivere e far convivere la paura e la gioia di credere?
Nè una fede astiosa e neppure una fede paurosa, ma alla luce di Sant’Alessandro siamo chiamati ad una fede coraggiosa. Ecco, la gioia scaturisce da questo coraggio che ci viene dalla parola del Signore ascoltata, dall’incontro con lui nell’Eucaristia e finalmente dal dono dello Spirito Santo che è presente in noi. Cari fratelli, non abbiate paura a credere, non abbiate paura a testimoniare la fede.
(trascrizione da registrazione)