Solennità di tutti i Santi – Cattedrale

01-11-2013
Cari fratelli e sorelle,
la Parola del Signore che abbiamo ascoltato ci consegna la ricchezza di vicende umane che non si concludono, ma piuttosto si realizzano pienamente nella relazione finale e perfetta con Dio. Nelle parole di Giovanni, nell’Apocalisse e nella sua lettera, noi troviamo questa condizione: già siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non lo sappiamo ancora perché nel momento in cui incontreremo il Signore faccia a faccia noi saremo simili a lui. Così la visione – tutt’atro che apocalittica secondo i nostri criteri piuttosto disastrosi – in cui si vede una moltitudine senza fine, che è accolta presso Dio e che rappresenta in un modo assolutamente efficace e significativo anche questa festa di tutti i Santi. 
 
Festa di tutti i Santi che già hanno compiuto un itinerario come il nostro, ma anche “di tutti i Santi” perché questa è la condizione a cui Dio chiama ogni creatura umana. Santi che noi veneriamo, Santi che ci sono sconosciuti, Santi per grazia di Dio e per il suo amore, uomini e donne. È come se potessimo dire che la santità non è qualcosa che si aggiunge alla condizione umana, ma è la condizione umana vista con lo sguardo di Dio.
 
Invochiamo i Santi come modelli, certamente, ma li invochiamo anche come amici. Se ci rivolgiamo a loro nella preghiera è perché li consideriamo così: non tanto dei mediatori di grazie, quanto degli amici che conoscono la nostra condizione e ai quali ci si può rivolgere. 
 
La santità quindi è una vita, è la vita. È la vita che nasce da un dono di Dio, dal dono del suo Spirito che abbiamo ricevuto. È una vita che, come ogni vita, nasce da un dialogo d’amore. Vorremmo che fosse nata così la nostra vita, ma nasce così ogni giorno vedendoci protagonisti di questo dialogo con Dio. La santità non è una perfezione. Abbiamo immaginato sempre la santità come perfezione e certamente ci sono delle buone ragioni per vedere nei Santi alcuni aspetti di perfezione, la santità in sé non consiste nella perfezione. La santità è il frutto di una relazione, è un dialogo, è una vita intesa non soltanto concentrandosi su noi stessi, soli, ma appunto aprendoci ad una relazione, ad un incontro. La vita nasce così e si sviluppa così. Ed è la vita di tutti gli uomini: tutti abbiamo bisogno per vivere di poter stabilire questo dialogo. 
 
È un dialogo nel segno della libertà, perché se il dono dello Spirito è veramente un dono, allora la condizione è quello che il dono possa essere accolto o anche rifiutato. Troppe volte ancora diamo la rappresentazione della vita di un uomo di fede come di una vita costretta, condizionata, quasi che la libertà approdasse ad altri lidi o appartenesse ad altre scelte. La vita ha bisogno di libertà e si sviluppa in un contesto di libertà: così la vita sociale ma anche la vita personale. L’incontro con Dio avviene all’interno di una libertà che non è superficialità, banalità, ma è piuttosto la consapevolezza di quanto siamo grandi. Nella nostra debolezza, noi comunque siamo liberi e la nostra libertà non si esercita soltanto in scelte che investono la nostra vita quotidiana, ma nelle nostre relazioni e in ultima analisi nel rapporto con Dio.
 
Questa vita che è la santità noi la possiamo cogliere e riconosce anche dentro quel dinamismo che si sviluppa tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. È di ogni uomo questo desiderio verso il meglio, ma non solo il meglio attorno a sé, ma verso il meglio di sé. Anche qui, nell’esperienza della santità tutto questo non diventa un’ossessione, qualche volta una patologia, ma è piuttosto la consapevolezza di ciò che io posso continuamente diventare e che i miei desideri appartengono a questo divenire. Non soltanto un meglio che sta attorno, ma un meglio che sta dentro: il meglio di me stesso. La santità è proprio questo: poter coniugare giorno dopo giorno la mia condizione e il mio desiderio di essere meglio.
 
Questa vita che nasce dal dono di Dio che viene accolto nella libertà trova nella fede la sua disposizione migliore: la fiducia in Dio. Non è soltanto una questione di libertà, cioè sono libero di accogliere o respingere il dono di Dio, ma questo dono lo accolgo con profonda fiducia. La fede è appoggiarsi su una roccia, la roccia di Dio. Nel momento in cui io accolgo il dono dello Spirito con fede mi rendo conto che lui diventa il principio di una trasformazione. Questo dinamismo dell’andare verso il meglio non appartiene soltanto al mio sforzo o alla fortuna, ma appartiene appunto alla fede, cioè all’assecondare il dono di Dio del suo Spirito.
 
Specchio di tutto questo è la Parola del Signore. Come possiamo riconoscere  questi movimenti di vita se non attraverso la Parola del Signore? Quello che vi ho detto trova un suo riscontro grandioso nel quadro delle beatitudini che Gesù ci ha offerto: questa umanità nuova. Noi stiamo avvertendo – a volte in maniera molto sofferta – questo bisogno di novità. Siamo veramente appesantiti, stanchi e ci sembra che non esista più la possibilità di un rinnovamento reale. Troppe illusioni e troppe delusioni. La santità è proprio l’espressione di una umanità nuova, di un uomo nuovo, non un super-uomo, ma un uomo e una donna veramente umani.
 
Scrivevo così nella lettera che ho consegnato a tutta la diocesi dal titolo “Uomini e donne, capaci di Vangelo” – in ultima analisi i Santi sono proprio coloro che in maniera a volte molto luminosa, altre volte in maniera discreta hanno realizzato questa capacità – : “Emerge l’esigenza di un Vangelo percepito come significativo per tutta l’esistenza e non solo ornamento di qualche suo aspetto o ultima spiaggia rispetto alla inevitabile esperienza del limite. La fede nel risorto che supera i confini della morte si propone come decisiva per la vita e per sempre. Emerge la necessità di una fede che si incarna in una umanità a tutto tondo: di un uomo e di una donna credenti, e proprio per questo comunicatori di fede. Si tratta di una umanità evangelica che non si qualifica per un’astratta perfezione morale o per un formalismo religioso fine a se stesso, ma per una fede incarnata, capace di trasformare la vita e la morte a partire dalla relazione con Gesù Cristo il vivente”.
 
Cari fratelli e sorelle che in questa Eucaristia possiamo in qualche modo gustare la gioia della santità che risplende in tutti i Santi e che rappresenta quel dono di vita che il Signore ha consegnato anche a tutti noi.
 
(trascrizione da registrazione)