Ordinazioni Diaconali

31-10-2013
Cari fratelli e sorelle,
tra qualche istante pregheremo con queste parole: “Che questi tuoi figli siano immagine del tuo Figlio, che non venne per essere servito, ma per servire”. Il Figlio di Dio liberamente è diventato il nostro “diacono” e voi carissimi siete stati chiamati e avete scelto di rendere presente il diacono Gesù, il suo servizio, il suo amore per tutti, un amore quindi non esclusivo, non solo per qualcuno. E il suo amore è per sempre, non un amore a tempo, ma un amore eterno. Per questo stasera, in questa comunità della nostra diocesi, per opera dello Spirito Santo vi ordineremo diaconi.
 
Sotto questo segno voi prometterete di essere fedeli al celibato, all’obbedienza e alla preghiera: dimensioni che in maniera esistenziale caratterizzano la chiamata a seguire Cristo, il diacono, e a diventare diaconi come lui.
 
L’amore di Dio nella persona di Gesù prende la forma del servizio. In maniera sorprendente ci rendiamo tutti conto che il servizio di Dio diventa il servizio dell’uomo. Il servizio agli uomini dice la verità del servizio di Dio e il servizio di Dio – nella forma che gli ha dato Gesù Cristo – diventa la verità del servizio ad ogni uomo.
 
Nella nostra epoca abbiamo organizzato la società sotto il profilo dei servizi, vale a dire che il servizio è diventato l’organizzazione della risposta ai bisogni dell’uomo e ai suoi diritti. È uno degli elementi della nostra civiltà, del nostro progresso. Non vorremmo che questo venisse in qualche modo eroso e che i servizi fondamentali che la nostra società ha riconosciuto per tutti divenissero privilegio soltanto per qualcuno. 
 
Noi conosciamo anche il servizio sotto forma di gesti d’amore, di generosità, di attenzione, nei confronti di chi è più debole, più piccolo. Penso a tutto quello che avviene in famiglia, penso carissimi proprio ai vostri genitori, penso ai gesti materni e paterni, gesti d’amore che si dispongono anche ai servizi più umili. Penso alla grande esperienza di cui tanto il nostro popolo si fa interprete, cioè del volontariato in tutte le sue forme: appunto è un servizio per chi è debole, per chi è nel bisogno, per chi è piccolo, per chi è povero. Penso alle risposte immediate di tanta parte della popolazione alle cosiddette “emergenze”, ma si fa per dire nel senso che sono drammatiche a volte: anche questo è servizio. Servizio appunto come gesti d’amore, di generosità a volte fino al sacrificio, di attenzione nei confronti dei più deboli, dei più piccoli, dei più poveri.
 
Qui però siamo di fronte a qualcosa di ulteriore, vale a dire al servizio che diventa uno stile di vita, un modo di essere: come Gesù. Non solo è importante il servizio, il bisogno, coloro che vengono serviti, ma diventa importante il servitore, il servo. Il diacono è proprio questa rappresentazione non solo del servizio di Cristo, di questo servizio fatto essenzialmente d’amore, ma diventa rappresentazione del suo essere diventato servo, appunto diacono.
 
Diventare servitori non per costrizione. Nessuno vi costringe. Non c’è qualcuno più forte di noi che ci costringe a questo servizio: se così fosse dovremmo ribellarci. Non è neppure il servo che si dispone ad esserlo. C’è a volte una disposizione a diventare servi di qualcuno, che in realtà non è niente altro che servilismo. È mancanza di dignità: a volte per un piatto di lenticchie si diventa servi, addirittura schiavi. Non stiamo parlando né di un servizio subìto, né di un servizio al quale ci si dispone per mancanza di dignità, ma piuttosto di un servizio libero, gioioso. Servitori, contenti di poter esserlo, come Gesù.
 
Allora, il diaconato diventa prima di tutto un modo di essere discepoli, di seguire Gesù, di ricercare e riconoscere la volontà di Dio come Gesù. In questo senso il diaconato diventa proprio anche un rinnegamento di sé, una parola che ci fa paura. In realtà significa non far diventare il mio io il centro della mia vita, il centro del mondo. È un dialogo, è una relazione, alla quale ci si dispone con il cuore e con il cuore orientato ad obbedire, ad obbedire a Dio.
 
Il servizio diventa alla fine l’espressione di un amore che viene disegnato e solcato dal male, dal peccato, dai peccatori: il servizio come dovere. Dirà Gesù: “Il Messia doveva soffrire”. Non potevo amarmi che così, servendovi, ma servendovi così come i peccatori hanno deciso. Non si sottrae all’amore più grande: quello di servire fino alla fine, nella modalità che non è decisa da lui, ma è decisa dal male. Un servizio radicale: una grande avventura, carissimi giovani! È l’avventura di una vita e vi accorgerete come sarà il Signore che con la ricchezza delle sue consolazioni e del suo amore sarà capace di dare forza a questa avventura, a questa testimonianza di un amore che diventa non solo servizio, ma che ci trasforma in servitori: servi di Dio e servi degli uomini.
 
Il servizio allora non è soltanto una via di santificazione, ma è proprio il modo di essere Santi: quei Santi che noi abbiamo riconosciuto e che stiamo celebrando in questa solennità. Come fare a non pensare che stiamo parlando del servizio della gioia. Abbiamo udito il Vangelo delle beatitudini: come Cristo il diacono, anche voi siate servitori della gioia. Provate la gioia di servire e provate la gioia di far sì che gli uomini ai quali siete destinati possano entrare nella beatitudine. Così, beati voi, nella misura in cui vi disponete a interpretare le beatitudini, ma beati anche coloro che lo potranno diventare per il servizio che voi renderete.
 
(trascrizione da registrazione)