Abbiamo ascoltato una pagina che sta nel cuore del Vangelo, una pagina di luce: la testimonianza della trasfigurazione di Gesù è una trasfigurazione di luce, uno squarcio di luce. Gesù ha appena annunciato qualcosa di assolutamente sconcertante, cioè che la sua missione si compirà in un modo che ai discepoli appare inaccettabile: la sua morte in croce. Accompagna questo annuncio con quello della risurrezione, ma sia la parola sulla croce che quella sulla risurrezione appaiono incomprensibili, inaccettabili.
Incomprensibili e inaccettabili possono essere anche per noi in certi momenti della vita, ad alcuni di noi più che ad altri. In questo contesto così sconcertante, Gesù chiama alcuni con sé. La trasfigurazione non è una esibizione. Oggi siamo abituati agli effetti speciali: la trasfigurazione non appartiene a questo mondo fantastico, che vuole sedurre. Gesù chiama solo alcuni, che pure in altri momenti sono stati e saranno con lui. E davanti ai loro occhi appare la sua luce. È una luce tutta speciale.
La Parola di Dio è sempre stata immaginata come una luce. Tanti nella storia del mondo hanno rappresentato la capacità dell’uomo di affrontare e risolvere i problemi, con la scienza e la conoscenza, come luce. Anche gli insegnamenti, i precetti, i comandamenti che ogni religione indica ai propri fedeli sono spesso rappresentati con l’immagine della luce. In cosa consiste la particolarità di questa luce?
In realtà la luce è una persona: è la persona di Gesù. Noi siamo affascinati dalle sue parole, ma ciò ci sorprende e provoca la libertà dell’uomo è il fatto che lui stesso, la sua persona, lui è la luce.
Dio si è rivelato nella persona di Gesù e in Gesù rivela il suo modo d’essere per ciascuna persona umana. Nel momento in cui dice a Gesù: “Questo è il mio Figlio amato”, sta dicendo che intende stabilire una relazione intima con ogni persona umana, proprio come con il suo Figlio amato.
Questa luce, che coincide con la persona di Gesù, che finalmente brillerà nella storia e oltre la storia nella sua risurrezione, accompagna la vita di chi crede. Quindi luce non è solo la parola, ma anche la relazione con Lui.
Proprio per questo, la luce di Gesù illumina la scala della vita.
Ed è con questa immagine, che vorrei soffermarmi a riflettere, in un momento così delicato, così sofferto e per certi versi così oscuro.
La vita può essere immaginata come una scala. Il primo gradino della scala della vita è proprio la salute.
Gesù è Dio che ha preso un corpo. È un Dio che ha a cuore il corpo degli uomini, la salute degli uomini. Care sorelle e fratelli, non possiamo dimenticare che la missione di Gesù si accompagna fin dall’inizio, in modo del tutto significativo, con la cura e addirittura con la guarigione dei malati. Quando un bimbo nasce, e oggi ancor prima che nasca, la preoccupazione prima è che goda di buona salute, che sia forte nella salute. In questi giorni è proprio la salute di tutti che è sottoposta ad una prova. Particolarmente stiamo ricordando coloro che sono malati. La salute è un bene prezioso agli occhi di Dio. Tante volte i cristiani si fanno paladini e difensori della vita, nel momento della sua origine e nel momento della sua fine, ma da sempre non dimentichiamolo, proprio seguendo le orme di Gesù, i cristiani si sono preoccupati della vita non solo al suo inizio o alla sua fine, ma anche nel suo “durante”. Quante opere per la salute degli uomini, non solo nei secoli passati, ma anche oggi e in tante parti del mondo, dove l’organizzazione delle risposte alla salute non sono pari a quelle del nostro Paese, vengono promosse e sostenute dai cristiani. Vogliamo vedere in tutti gli operatori sanitari, in tutti coloro che in vario modo si stanno adoperando per i malati e per la custodia della salute del nostro popolo, il gesto di Gesù che comincia proprio da questo: dal prendere sul serio la vita degli uomini nella loro concretezza, a partire dalla loro salute.
Ma – ed è forte dirlo in questo momento – la salute non è l’unico gradino della vita. Vi è un secondo gradino che ci inoltra nella profondità della vita. Molte persone stanno vivendo un disagio, un turbamento, uno sconcerto, un’incertezza. Sono tentati da forme di depressione o di fatalismo incosciente e irresponsabile. Il secondo gradino della vita è fatto di interiore integrità. È forse più delicata della salute stessa. Noi abbiamo bisogno di trovare in noi stessi un punto di equilibrio, una forza per poter reggere alle prove della vita e a questa particolare prova che coinvolge l’intera società.
Salute e integrità non bastano alle attese, ai desideri, ai bisogni dell’uomo. Noi abbiamo un bisogno infinito di amore e quindi di relazioni. È questo il terzo gradino. In questo frangente di crisi le relazioni stesse sono messe alla prova. Dobbiamo stare in qualche modo e nei modi più diversi a distanza. Questo, che da un verso è un segno, un’attenzione, una necessità, in realtà ci introduce all’importanza delle relazioni con le persone che la vita, noi diciamo da credenti, che il Signore ha affidato al nostro cuore. Care sorelle e fratelli, questi limiti a relazioni vissute con spontaneità o in totale libertà, ci facciano consapevoli che la salute e l’integrità interiore sono importanti, ma niente può sostituire quell’amore che è capace di travalicare anche le distanze e di rappresentare una vicinanza che, se in questo momento non può essere quella consueta, dice però della profondità e della verità dei nostri sentimenti, del nostro cuore e del nostro amore.
Cari fratelli e sorelle, la scala della vita, illuminata dalla luce di Gesù, ci introduce al quarto gradino, quello più profondo, senza il quale dobbiamo riconoscere che la scala difficilmente regge. È il gradino della fede: di quella relazione fondamentale che appunto Dio ci offre nella persona di Gesù. Una relazione che è fatta di quell’amore che è come una sorgente che alimenta ogni altra relazione, che alimenta la nostra integrità interiore, che è capace di dar forza anche alla nostra salute e, se la salute non c’è, sa dar forza al buio della malattia. Care sorelle e fratelli, la luce della trasfigurazione illumini la scala della nostra vita, che vorremmo percorrere tutta, mantenendo integri i suoi gradini.
L’Apostolo Pietro si rivolge a Gesù, circondato e affascinato da questa luce, e dice “è bello per noi stare qui!”.
In un grande romanzo intitolato “L’Idiota”, l’autore Fëdor Dostoevskij si pone una domanda: la domanda sulla bellezza. Molte volte avrete sentito, in questi anni, ripetere “la bellezza salverà il mondo”. Nel momento che stiamo vivendo, la bellezza è rappresentata anche dall’intelligenza, dalla cura e dalla responsabilità degli uomini. In quel passaggio letterario, la domanda viene posta, in modo originale, sulle labbra di un ateo, Ippolit, il quale rivolgendosi al principe Myskin, che rimanda addirittura alla figura di Gesù, chiede: “È vero, principe, che lei una volta ha detto che la bellezza salverà il mondo? State a sentire, signori – esclamò con voce stentorea, rivolgendosi a tutti – il principe sostiene che il mondo sarà salvato dalla bellezza! Ma quale bellezza salverà il mondo?”. Nel romanzo il principe non risponde alla domanda, come Gesù non risponderà a Pilato; ma il silenzio del principe Myskin, che sta accanto con infinita compassione d’amore ad un giovane che sta morendo di tisi a 18 anni, rivela che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore.
Care sorelle e fratelli, la luce di Cristo illumini questa capacità di amare che Lui stesso ci dona. Ci faccia capaci di condividere anche con la nostra responsabilità, con la serietà dei nostri gesti, con la competenza e la passione di chi sta operando sul fronte della salute, quel dolore, quella precarietà, quella fragilità che ci stanno toccando.
Prima della Benedizione finale
Invoco la Benedizione del Signore perché raggiunga tutti voi, raggiunga le vostre case, raggiunga tutti gli ammalati e coloro che si stanno generosamente e coraggiosamente operando per loro; raggiunga i posti di lavoro, raggiunga quei luoghi in cui le persone stanno esercitando il loro servizio, la loro responsabilità di guida e di conduzione della nostra esistenza comunitaria. Una benedizione che raggiunga ciascuna delle nostre comunità parrocchiali e i sacerdoti che continuamente e generosamente offrono il loro servizio evangelico.
Desidero ricordare a tutti voi che anche i sacerdoti non sono immuni da questo contagio e non sono pochi quelli che in questo momento ne soffrono: alcuni anche in maniera particolarmente acuta.
Desidero ricordare, nella preghiera di suffragio, mons. Tarcisio Ferrari, conosciuto da molti per il suo servizio al Vescovo Gaddi e poi per tanti anni come parroco di Sant’Alessandro di Pignolo in città, e infine tornato al suo paese natale Dorga.
Desidero farvi presente un particolare saluto, accompagnato dal ricordo e dalla preghiera, da parte dei nostri missionari. I missionari in Bolivia mi hanno fatto giungere un bellissimo messaggio: questa terra che tante volte è stata oggetto della nostra attenzione e della nostra generosità, oggi diventa protagonista di una sua vicinanza del tutto particolare. Ho detto che avrei comunicato a tutti voi il loro ricordo e quello delle loro comunità.
Non voglio dimenticare l’appello di Papa Francesco per il popolo siriano, particolarmente per la città di Idlib, dove confluiscono centinaia di migliaia di profughi e particolarmente di bambini che sono vittime di questa guerra che ci sembra non trovi conclusione.
Ringraziamo e preghiamo – in questo 8 marzo – per tutte le donne del mondo, specialmente le mamme, le bambine, le anziane che sono provate dalla sofferenza.
Infine desidero comunicarvi questo ANNUNCIO.
Domani sera alle ore 17.30, sempre in diretta televisiva con Bergamo TV – che ringrazio di cuore per le possibilità che in modo particolare in questi giorni mette a disposizione – dal Santuario dell’Addolorata in Borgo Santa Caterina in Bergamo io pregherò il Santo Rosario per la salute del nostro popolo, per i malati, gli operatori sanitari e le autorità predisposte al bene di tutti. Il Rosario, come avviene, in questi giorni, sarà a porte chiuse. È una preghiera speciale che rivolgiamo alla Vergine Maria, alla quale nei momenti particolarmente difficili la Comunità cristiana con grande confidenza si rivolge.