Prima Domenica di Quaresima

Cattedrale a porte chiuse
01-03-2020

La prima domenica di Quaresima è caratterizzata ogni anno dalla proclamazione del Vangelo della tentazioni di Gesù. La pagina del libro della Genesi, che ci consegna la narrazione della prima tentazione, quella di Eva e di Adamo e la pagina tratta dalla Lettera dell’apostolo Paolo ai Romani, sono due luci potenti che la illuminano intensamente.

All’inizio della sua missione, Gesù viene sospinto nel deserto, dallo Spirito di Dio, quasi dovesse superare una prova iniziatica: in realtà lo Spirito introduce Gesù alla quella missione evangelica, che sarà costantemente sottoposta alla tentazione. Non vedremo più in scena il diavolo, come in questa pagina, ma le diverse categorie di credenti o di presunti tali, che metteranno alla prova Gesù, la verità e l’autorità della sua parola, la sua relazione con Dio, lo stile e la modalità con cui lo rappresenta e compie la missione che il Padre gli ha affidato.

Ricordiamo la ricerca di Gesù da parte della gente, dopo la moltiplicazione dei pani; oppure la richiesta di segni divini, che corrispondano alle immagini di Dio e del suo Messia coltivate da alcuni gruppi religiosi; o, ancora, le provocazioni da parte di Erode e Pilato riferite alla sua regalità; e infine la tentazione suprema: “se tu sei veramente il Figlio di Dio, scendi dalla croce”.

Anche il discepolo è esposto alle tentazioni a cui è stato esposto Gesù: non sono semplicemente quelle che esprimono la nostra fragilità e le nostre debolezze, ma quelle che mettono alla prova la nostra fede e il modo stesso di essere cristiani, discepoli di Gesù.

Interessante è riconoscere i luoghi delle tentazioni: quella di Eva e Adamo avviene nel giardino più bello del mondo, quelle di Gesù, nel deserto arido e senza vita. Dunque non c’è condizione in cui non siamo esposti alla tentazione. Certamente il deserto rappresenta la vita nei momenti più difficili, sofferti, impegnativi: si tratta di quei momenti in cui si dileguano i punti di riferimento, le certezze, le sicurezze che normalmente rassicurano i nostri giorni. Un evento sconvolgente, un periodo oscuro, l’esperienza di relazioni difficili e dolorose. E’ il deserto, spesso accompagnato dalla sensazione di solitudine e di abbandono.

Possiamo in qualche modo riconoscere l’immagine del deserto anche nelle condizioni che stiamo attraversando: il morbo contagioso inaridisce la vita, rivela la precarietà della nostra salute, ci priva della ricchezza del nostro lavoro, limita le nostre relazioni e ne rivela la debolezza.

La nostra fiducia, per altro già provata in questi anni, viene ulteriormente indebolita: è il deserto che sembra rappresentato dalla fisionomia delle nostre strade e delle nostre piazze e anche delle nostre chiese.

Queste chiese, le cui facciate si confondono con quelle della città, i cui campanili sono schiacciati dai giganti di nuove altezze, sperimentano un vuoto che non è soltanto quello della disaffezione di molti, ma è quello della impraticabilità di coloro che per ragioni comprensibili, ne sono impediti. Avvertiamo la sofferenza di questo deserto: la celebrazione dell’Eucaristia che, particolarmente in giorno di domenica, riunisce ancora non pochi battezzati cristiani, oggi non può essere condivisa nell’incontro comunitario. Le giustificate precauzioni richieste dalle condizioni che stiamo sperimentando, non lo permettono. All’esenzione eccezionale dal cosiddetto “precetto domenicale” e alla necessaria rinuncia, da parte di chi crede, alla celebrazione dell’Eucaristia, corrisponde oggi e nei nostri territori, la possibilità di potervi partecipare, in un modo del tutto originale, attraverso la televisione, la radio e il mondo di internet. Ci auguriamo che l’evoluzione positiva delle misure adottate e quindi il superamento dell’attuale situazione ci restituisca alla celebrazione comunitaria, sostenuti da un desiderio rinnovato, che questo digiuno e questa attesa alimentano.

Nel deserto, dunque, le tentazioni si moltiplicano e in questi giorni ne sperimentiamo di ogni genere: da quella delle soluzioni magiche o della presunzione di onnipotenza, a fronte della necessaria competenza, perseveranza, condivisione; a quella della sfiducia preventiva, a fronte della necessità di cominciare da noi stessi ad essere onesti nei comportamenti e retti nelle intenzioni Per vincerle è necessario assumere lo stile di Gesù, fatto di attenzione, prontezza e determinazione. La tentazione è come una trappola, tanto più efficace quanto più veloce e fulminante.

Imprudente è la presunzione di aver tutto sotto controllo, ritenendo improbabile la presenza di una trappola. I colpi a sorpresa sono i più pericolosi, poiché imprevisti e imprevedibili…. Si riesce a non cadere in trappola, solo se allenati alla prontezza, preparati alla sveltezza. Il Vangelo ci consegna il metodo di Gesù. Innanzitutto lasciarsi condurre solo dallo Spirito, cioè: imparare solo da chi può insegnare. Esercitarsi alla resistenza: egli non digiuna un giorno, ma quaranta. Avere a cuore la Parola di Dio: solo così fiorirà non solo sulle labbra, ma nel cuore e porterà frutto nella vita.

Questa celebrazione così quaresimale, sia vissuta secondo il Vangelo, come condizione per una celebrazione della Pasqua di risurrezione, veramente secondo il Vangelo.