S. Natale – Messa del giorno

Cattedrale
25-12-2021

Care sorelle e fratelli,
abbiamo appena ascoltato queste parole: “Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”.

Dio nessuno lo ha mai visto. Nel nostro cuore noi, insieme a tanti altri, coltiviamo questa convinzione e quasi la diamo per scontata. Per molti proprio questo invece è un ostacolo alla fede: Dio non si vede. Tutti comunque sono attraversati dal desiderio, a volte dalla pretesa, altre dalla scommessa di vedere Dio. Forse abbiamo udito qualcuno dire: “se vedessi, crederei”.

Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Non lo ha rivelato semplicemente con delle parole, ma diventando uomo. La celebrazione della nascita di Gesù è la celebrazione della rivelazione che nell’umanità di Gesù noi possiamo riconoscere Dio.

Tra poco ripeteremo: “credo in un solo Signore, Gesù Cristo… per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo”. Il Dio invisibile si rivela nell’umanità di Gesù. Un’umanità umana come la sua nascita e come la sua morte.

A fronte di questi convincimenti del credente ci sono tante resistenze che non sono solo fuori di noi, ma a volte anche in noi. A volte sono resistenze che attraversano la testa, altre volte attraversano la vita e sono le più forti.

Qualche giorno fa mi sono incontrato con un gruppo di volontari in una parrocchia. Ad un certo punto si è aperto il dialogo e una persona disabile (nel fisico ma non certamente nella intelligenza) davanti a tutti mi ha detto: “Io vorrei chiederle una cosa: mi scusi, ma Dio esiste?”. Devo dire che la domanda di quella signora, sulla cinquantina, così diretta mi ha sorpreso. Le ho risposto ma poi mi sono accorto che avrei dovuto ascoltarla di più, perché alla fine quando sono andato a salutarla mi hanno detto: “Questa persona una settimana fa ha perso la sua mamma e adesso non ha più nessuno”. Quella domanda non nasceva da una curiosità intellettuale ma da una ferita della vita. Le nostre resistenze a credere che Dio si è fatto uomo non sono solo qualcosa che riguarda la testa: nascono nei diversi momenti della vita ed è soprattutto nelle ferite che ci domandiamo “ma è proprio vero?”.

Per alcuni l’incarnazione è qualcosa che tradisce l’idea stessa di Dio: se Dio c’è, se Dio è Dio come fa a diventare uomo? Ci sono stati i miti, ma restano tali appunto. Per qualcuno è impossibile e allora si trovano soluzioni. Gesù è un grande maestro di vita e i suoi insegnamenti hanno incantato anche uomini che non hanno mai creduto in lui come Dio fatto uomo. Tutti ammettono che se seguissimo maggiormente i suoi insegnamenti l’umanità sarebbe migliore.

Oppure ci siamo dati un’altra spiegazione: Gesù è un ideale. La sua figura è tanto lontana nel tempo e non sappiamo come sono andate le cose. È la rappresentazione di una umanità ideale e anche di come vorremmo che fosse.

Noi invece siamo qui oggi per celebrare la nascita di Dio. Dire così è un paradosso: Dio che diventa veramente uomo. E diventa uomo non per fare una passeggiata e provare come si sta da uomini, ma “per la nostra salvezza”.

Abbiamo bisogno di salvezza. In questi mesi e anni la pandemia ci ha fatto sentire in modo tutto particolare la percezione di un bisogno di salvezza. Vogliamo salvarci. Non è l’unico bisogno di salvezza che sperimentiamo, però certamente questo si è imposto e vogliamo proprio uscire da questa condizione. Ce lo ripetiamo continuamente che “non possiamo salvarci da soli” anche se alla fine siamo esposti alla grande tentazione di pensare il contrario e di pensare solo a noi stessi. Non vale solo per la pandemia, perché il “salva te stesso” è una logica sempre dominante. Così c’è sempre il dubbio che il più furbo, il più ricco, il più svelto, il più scaltro possa salvarsi e gli altri si arrangiano.

Questo bisogno di salvezza che ci consapevoli, in mezzo a tante contraddizioni, che non possiamo salvarci da soli, ma insieme, ci dice anche che noi non bastiamo a noi stessi, nonostante quelle tentazioni di supponenza che a volte ci fanno sembrare di avere abbastanza, soprattutto quando stiamo bene, quando disponiamo di qualche mezzo, quando abbiamo una buona famiglia, quando abbiamo una casa sicura. Poi però ci accorgiamo che questa supponenza è così fragile che basta un soffio perché venga scardinata.

Allora, possiamo salvarci?

Possiamo salvarci perché la salvezza è dono. Non si compra. Non si compra con l’intelligenza, con il potere, con i soldi. È un dono da accogliere. Gesù è il dono di Dio per la nostra salvezza da ogni forma di male. Sperimentiamo il male della malattia, il male della delusione, il male dell’abbandono, il male della povertà… Quanto male!

Gesù è venuto a salvarci dal male e dal peccato. Ma cosa è il peccato? Non sappiamo neanche più bene cosa è. Il peccato è la radice del male e il suo frutto è la morte: la morte fisica, ma anche la morte della speranza. Noi abbiamo bisogno di essere riscattati da questo. Si dice nella pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato: è sorta per noi una luce nelle tenebre. E quando tu vedi una luce nelle tenebre, le tenebre non sono più tenebre.

Continua il Vangelo: “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Gesù non aveva una casa, ha avuto la casa della sua famiglia, come tutti noi abbiamo e vogliamo. Anche se non tutti ne hanno la possibilità. Il Figlio di Dio è venuto ad abitare la nostra umanità perché noi potessimo essere riscattati dal male e della disperazione.

Gesù incarna un’umanità prossimo. Non si è fatto solo “vicino”. In questa Cattedrale, nonostante il distanziamento, siamo vicini. A casa siamo vicini e abbiamo i vicini di casa. Lavoriamo vicini gomito a gomito con altri. Non basta essere vicini. Gesù si è fatto prossimo. Farsi prossimo vuol dire andare incontro all’altro, andare incontro all’altro nel suo bisogno e lasciarci avvicinare nel nostro bisogno.

Gesù incarna un’umanità ospitale. La sua immagine nel presepio è sempre a braccia aperte segno di una umanità accogliente. Tutti abbiamo bisogno di sentirci accolti. Gesù chiede ospitalità, oltre che offrirla. Anche noi chiediamo ospitalità agli altri e come cristiani chiediamo ospitalità al mondo, umilmente, senza imporci. Saremo lieti di poter essere ospitati come Gesù nella storia del mondo.

Gesù, finalmente, incarna un’umanità fraterna. È il sogno di ciascuno, anche se a volte ci sembra solo un’illusione. Lui, il Figlio unigenito, è diventato il primogenito di una moltitudine di fratelli, perché chi crede in lui avverte la possibilità di una fraternità che invece spesso sembra smentita dalla realtà.

Care sorelle e fratelli, Dio si è fatto uomo, è diventato uno di noi per la nostra salvezza. Un autore scriveva questo appello: “Fai come Dio, diventa uomo!”.

(trascrizione da registrazione)