S. Messa nel X Anniversario della morte di S.E. Mons. Roberto Amadei

Cattedrale
29-12-2019

Nella Festa della Santa Famiglia, la lettura dal libro del Siracide ci invita a benedire il Signore per i nostri padri e le nostre madri. Oggi, in questa Eucaristia, Lo benediciamo particolarmente per il Vescovo Roberto, nel decimo anniversario della sua morte: “Nell’esercizio del loro ufficio di padri e di pastori, i vescovi si comportino in mezzo ai loro fedeli come coloro che servono come buoni pastori che conoscono le loro pecorelle e sono da esse conosciuti, come veri padri che eccellono per il loro spirito di carità e di zelo verso tutti e la cui autorità ricevuta da Dio incontra un’adesione unanime e riconoscente”. Così scrive il Concilio a riguardo del ministero del Vescovo.

L’immagine di Giuseppe, così come viene rappresentata nel Vangelo di Matteo, può essere sensatamente adottata per sottolineare un tratto ulteriore di questo ministero: il Vescovo è colui che, in perfetta obbedienza, custodisce, difende, protegge e introduce alla vita nuova, la Chiesa e, in modo proprio, il tesoro della Chiesa che è Cristo Signore. Il Vescovo non sta fuori dalla Chiesa, come Giuseppe non è fuori dalla Santa Famiglia, ma, come dice Papa Francesco, sta davanti, dietro, in mezzo, sta sopra come dice il titolo di Vescovo e sta sotto, come dice quello di servo. Sant’Agostino raccoglie magistralmente queste immagini, nella celebre espressione: “Con voi sono cristiano, per voi sono Vescovo”.

Si tratta di una definizione che il Vescovo Roberto ha particolarmente rappresentato nel suo servizio alla Diocesi di Bergamo: qui è stato battezzato, è cresciuto e vissuto come cristiano, per poi esercitarvi il servizio del ministero sacerdotale e quindi quello episcopale, assumendo incarichi diversi, particolarmente relativi al Seminario diocesano e finalmente all’intera Diocesi. Non vogliamo dimenticare il breve, ma comunque “primo” servizio episcopale alla Diocesi di Savona, stasera qui rappresentata, che salutiamo e ringraziamo. A questi saluti, desidero unire il saluto affettuoso e il ringraziamento per tutti i suoi familiari.

La coincidenza della commemorazione del Vescovo Roberto con la celebrazione natalizia della Santa Famiglia, ci invita ad avviare il suo ricordo, proprio a partire dall’impegno pastorale per la famiglia che assurge al momento più intenso nella celebrazione del Sinodo diocesano: “Parrocchia e famiglia vivono delle stesse sorgenti che scaturiscono dal mistero dell’Amore divino: nel dono, nell’accoglienza e nella comunione, parrocchia e famiglia trovano gli aspetti comuni che li rendono alleati nell’edificare relazioni umane pienamente autentiche e nel testimoniare il progetto di Dio sull’umanità”.

Nella Veglia per la Vita dell’anno 2000, così si esprimeva: “Vogliamo presentare al Signore tutte le famiglie della nostra Diocesi, con le loro gioie e fatiche, speranze e delusioni. Con le difficoltà incontrate nel loro cammino a causa della fragilità umana, del modo comune di pensare, sempre meno favorevole alla fedeltà della coppia e alla vocazione alla procreazione, per la scarsa attenzione loro prestata dai responsabili della vita pubblica”.

Sempre nel corso di quell’anno, in occasione del Giubileo delle Famiglie, tenutosi in Seminario il 18 giugno, ribadiva la necessità di: “scoprire e vivere ogni giorno il dono e il compito, la grazia e la missione della famiglia, chiamata ad esprimere con particolare forza la vera natura di Dio e dell’essere umano”. Sosteneva anche in quella circostanza la centralità della famiglia nella Chiesa e nella società: “La comunità cristiana è chiamata infatti a maturare al proprio interno rapporti modellati su quelli familiari” mentre la società viene criticata per una cecità che ignora e addirittura distrugge la famiglia. “Si crede che questo sia progresso e non si vuol porre gli occhi sulle conseguenze drammatiche di queste scelte”.

Da queste parole dedicate alla famiglia, emergono alcuni lasciti più generali. Innanzi tutto quello del “radicamento”, inteso come profonda appartenenza, quasi identificazione con questa terra e con questa Diocesi. Un radicamento che ha che fare con le radici e con la radicalità: quella radicalità che sosteneva nel rapporto affettuoso con le persone di vita consacrata e con forme nuove di consacrazione; quelle radici che non solo esplorava con la sua competenza di storico, ma che nutriva con la chiara consapevolezza del cambiamento in atto e della necessità del cristianesimo, oggi più che mai, per il bene di tutta l’umanità. “Semineremo senza la pretesa di vedere subito i frutti, sapendo che questi crescono non secondo la nostra fretta, ma seguendo il ritmo della grazia del Signore e della libertà umana”.

Un secondo lascito. L’inevitabile e, proprio per questo, appassionato e anche sofferto rapporto privilegiato con i preti. I trent’anni di servizio in Seminario, profondamente amato, gli hanno permesso di conoscere e accompagnarsi a generazioni di preti, con i quali ha percorso il tempo della formazione e poi il servizio alla Chiesa diocesana, fino alla morte, avvenuta a così poca distanza dalla conclusione del suo mandato. “Nei preti ha posto l’ambito privilegiato della sua attenzione e la condivisione di un sinodale servizio al popolo di Dio. Incoraggiando ciascuno ad esprimere al meglio il mandato missionario, sia in diocesi che in tante parti dell’Italia e del mondo. Sostenendoli nelle varie stagioni della vita sacerdotale, soprattutto in quelle più fragili e delicate”.

Ci lascia, ancora, una convinta sensibilità missionaria, espressa nel sostenere un generosissimo ed esemplare impegno della Diocesi in America Latina, in Africa, in Europa: possiamo dire in ogni angolo del nostro pianeta.

Ci consegna la sua passione per lo studio e l’insegnamento della storia della Chiesa, particolarmente della Chiesa di Bergamo: uno studio accurato quanto appassionato ed evidentemente orientato ad una comprensione di cause, ragioni e movimenti che hanno delineato il volto recente della nostra Chiesa, con particolare attenzione al carisma di molteplici santi, un’attenzione che, conoscendo il passato, ci permettesse di prefigurare il futuro. “Questo pezzo di storia che stiamo vivendo è molto diverso dalla lunga epoca nella quale si è formato il volto concreto del cristianesimo nel quale siamo nati. Dobbiamo confrontarci con situazioni inedite, mentalità che non comprendiamo, anche perché non si sono formate nell’esperienza cristiana. Ricordando il titolo “Ambiente ateo, circostanza favorevole della nostra conversione personale” di Madelaine Delbrel, si potrebbe affermare che questo ambiente indifferente, sovente lontano dal Vangelo, inquieto e inquietante, è una circostanza favorevole alla nostra conversione personale, dove la fede può crescere vigorosamente in noi ed essere annunciata agli altri. La storia della Chiesa dimostra che ogni rinnovamento della comunità cristiana è stato determinato dal ritornare a Gesù Cristo con i problemi e le istanze del momento storico che si stava vivendo”.

Ci lascia la testimonianza di una reale, quanto discreta, carità nei confronti dei poveri, dei malati, degli immigrati, dei disoccupati, dei marginali ed emarginati: è impressionante il numero delle iniziative nate per suo impulso e con la sua benedizione.

La sua azione pastorale trova sintesi nella celebrazione del Sinodo diocesano sulla Parrocchia, vera consegna che desidero personalmente raccogliere, nel prospettare la prossima visita pastorale, in forma di pellegrinaggio, nel segno della “Parrocchia con connotazione missionaria, fraterna, ospitale e prossima e con attenzione particolare al ministero presbiterale”.

Vi è infine un aspetto che nulla ha a che fare con la conservazione fine a se stessa, con la nostalgia del passato o con l’indisponibilità al dialogo con tutti, che anzi lo caratterizzava, ed è quello della “resistenza”. La sua fede radicata e radicale e la consapevolezza della grandezza della missione affidatagli, ispirava in lui una resistenza al dilagare di un secolarismo materialista che riteneva non rendesse ragione alla fisionomia della nostra Diocesi e dei suoi tratti più caratteristici: emblematico sotto questo profilo il suo impegno a favore della scuola cattolica, della cultura e della comunicazione e il suo cordiale rapporto con le giovani generazioni.

Abbiamo interpretato il ricordo di del Vescovo Roberto, alla luce di San Giuseppe che prende con sé Maria e Gesù: il vescovo prende con sé Gesù custodendo la Chiesa che gli è affidata, e prendendo con sé la Chiesa, custodisce Gesù nel cuore di coloro che la Chiesa gli affida.

Ho letto la testimonianza di chi gli è stato particolarmente vicino nella malattia. Riferiva, tra l’altro, le parole pronunciate dal Vescovo Roberto dopo aver ricevuto l’Unzione degli infermi, proprio dalle mie mani: “Quando lassù ci sarà l’incontro con il Padre ognuno di voi sarà nel mio ricordo, nel mio cuore… pregate perché possa con serenità prepararmi al SI definitivo…”

Sono parole che ben si accompagnano a quelle dell’Apostolo Paolo, ascoltate in questa liturgia, con le quali, benedicendo il Signore per avercelo donato, vogliamo raccogliere la vita e la testimonianza del Vescovo Roberto Amadei, nostro indimenticato pastore: “Qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre”.