S. Messa con la Madonna Addolorata – Santuario di Borgo Santa Caterina

18-08-2015
Cari fratelli e sorelle,
in questa festa siamo messi di fronte al segno della croce, con la sua capacità di parlare e di accogliere. Accanto vi è un secondo segno: il segno della Madre. 
 
Attorno alla figura della madre si dispiega in tutta l’umanità e in tutte le civiltà una fortissima sequenza di sentimenti, di vicende, di legami che toccano la vita di ogni persona. La relazione con la madre supera ogni confine di civiltà e ogni sequenza di tempo: in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni cultura la relazione con la madre ha la capacità di toccare le corde più profonde dell’esistenza umana, che poche altre sono capaci di toccare.
 
Vi è poi un terzo segno che caratterizza in modo speciale questa festa, nel ricordo del miracolo dell’icona che sta davanti ai nostri occhi. È l’immagine del grembo di Maria. 
 
Se la figura di una madre nel suo insieme è capace di raccogliere e di restituire mille sentimenti profondamente umani, il segno del grembo sembra rappresentare il cuore della figura della madre. Nell’immagine che miracolosamente viene restituita nella sua luminosità noi possiamo contemplare questo grembo. Un grembo colmato dalla figura del Figlio, dalla figura di Gesù.
 
Vorrei che continuassimo la nostra preghiera avendo presente questi tre segni che sicuramente sono capaci di parlare immediatamente a ciascuno di noi e che in qualche modo ci hanno spinto ad essere qui ora e hanno mosso tanta gente in questi giorni a frequentare questo Santuario: il segno della croce, il segno della madre e il segno del grembo.
 
Dolore, maternità e quel mistero della vita che in modo specialissimo il grembo di una madre è capace di rappresentare.
 
D’altra parte noi possiamo unire questi tre segni e non fermarci soltanto al loro spessore umano, se ascoltiamo nel cuore la Parola del Signore. Gesù sulla croce consegna sua madre e apre un nuovo legame con quella che è la “sua” madre. Lui viene da quel grembo, ma sulla croce Gesù consegna quel grembo perché possa generare una moltitudine di figli. Il nuovo grembo che rigenera a una nuova condizione di figlio: non più soltanto una condizione umana, ma una condizione che è simile a quella di Giovanni. A tutti coloro che come Giovanni seguiranno Gesù è dato di entrare in questa relazione che assume i connotati della relazione filiale con Dio e anche con la madre di Gesù, che diventa la nostra madre.
 
Dire tutto questo non è soltanto fare poesia, non è soltanto evocare sentimenti bellissimi che appartengono al mondo della fede, ma significa indicare la strada di una speranza irresistibile. Se guardiamo bene quell’immagine ci dice il dolore più grande: il dolore più grande è quello di una madre che vede morire suo figlio. E lo vede morire come Gesù. Anche noi in questi giorni, nelle nostre comunità, abbiamo visto morire giovani e possiamo immaginarci il dolore delle loro madri e dei loro padri. C’è però qui ancora qualcosa di più sofferto: è vedere morire il proprio figlio come muore Gesù, non solo per la crudeltà del supplizio, ma per il disprezzo nel quale muore. Gesù non muore come un eroe: Maria sotto la croce è indicata come la madre del bestemmiatore, del disprezzato da Dio che va disprezzato dagli uomini. È il dolore immenso di vedere morire chi si ama così umiliato.
 
Se anche non c’è una morte materialmente – perché così succede tante volte – il fallimento, l’abbandono, l’autodistruzione, il disprezzo di chi ci è caro è altrettanto doloroso come la morte di Gesù.
 
Cari fratelli e sorelle, che siano ben lontani da noi quei sentimenti che alimentano il disprezzo, l’umiliazione, l’emarginazione non solo di chi amiamo ma di ogni persona umana. Non possiamo essere noi coloro che incarnano questi sentimenti! Non ci è possibile! Non ci è possibile come persone umane e tanto meno come cristiani. 
 
Quello che vi sto dicendo mi sembra che appartenga a quelle considerazioni che ogni persona umana può fare, ma noi siamo credenti. Allora questa riflessione la mettiamo sotto la luce della fede, come questa immagine è stata illuminata dai raggi della stella. 
 
I raggi della stella sono la parola di Dio che dipinge non soltanto l’intensità umana dell’immagine che ci sta davanti e di tutto ciò che evoca, ma il suo significato profondo è di speranza, è di luce. Quel grembo che accoglie il figlio morto, il Crocifisso, è il grembo che lo ha generato alla vita e da quel grembo, che diventa il grembo stesso della terra, Cristo Signore risorge. Risorge lui ad una vita nuova. Risorge la madre ad una vita nuova. E questa vita nuova viene comunicata a coloro che credono in lui. 
 
La restaurazione dell’immagine deve evocare in noi la possibilità di una risurrezione, non solo spirituale, ma una risurrezione che veramente abbracci tutta la nostra esistenza e ci può mostrare al mondo come autentici figli e figlie di Dio.
 
Il grembo della Chiesa di cui l’immagine di Maria è immagine intensissima, è capace di rigenerarci così.
 
Quell’immagine raccoglie tutto il dolore di cui anche ciascuno di noi è portatore, ma è anche l’immagine di una speranza invincibile, non perché affidata alla nostra buona volontà e alle nostre ragioni, ma perché è affidata al grande dono di Dio nella risurrezione del suo Figlio Gesù.
 
Condivido con voi questa Eucaristia che rende vero tutto questo, come sacramento della vita che ci viene comunicata nel grembo della Chiesa come principio di una speranza che illumina anche l’oscurità più grande. Che ciascuno di noi, che pure può essere portatore di oscurità che lo stanno affliggendo, possa andarsene, al termine di questa Eucaristia, non con una speranza che si nutre verbalmente di parole, ma che si nutre dell’autentico dono di Dio che in Maria e nella Chiesa riceviamo nella persona di Gesù crocifisso e risorto. 
(trascrizione da registrazione)