Pontificale del giorno di Pasqua

11-04-2012
Cari fratelli e sorelle,
 
siamo riuniti in questa chiesa ed abbiamo appena ricevuto un annuncio: l’annuncio della risurrezione di Gesù di Nazareth, riconosciuto come il Cristo, il Messia, l’Atteso; di Gesù di Nazarethh, il crocifisso. Alcuni tratti di Gesù si allontanano nel tempo ed è come se la nostra memoria e la memoria della comunità cristiana continuamente li ricercasse, li riproponesse a se stessa. E’ di grandi uomini, di cui non vogliamo smarrire la memoria e delle persone che ci sono care che non vogliamo dimenticare.

Ma la notizia che abbiamo ascoltato ci introduce in qualcosa di assolutamente diverso: non siamo noi, non sono gli uomini che con il loro affetto, con la loro memoria, con la loro stima, con la loro considerazione trattengono il Cristo, ma è il Cristo che trattiene noi. Sì, perché l’annuncio della risurrezione non è qualcosa che si allontana nel passato, da quel giorno in cui le donne si sono recate per prime al sepolcro, ma questo annuncio è contemporaneo alla nostra vita. Oggi il Signore è risorto.

La risurrezione è un passaggio che supera i confini, i limiti del nostro tempo e del nostro spazio. E’ un presente nel quale si raccoglie tutto il nostro passato e il passato di tutti gli uomini sulla faccia della terra e tutto il nostro futuro. Cristo è risorto, lui è vivo, è il vivente. Questa è la notizia, questo è l’annuncio affidato alla coscienza, alla libertà, alla fede di ciascuno.

Insieme all’annuncio vi è una testimonianza. Nella pagina degli Atti degli Apostoli abbiamo udito Pietro che porta l’annuncio ai primi momenti della vita della comunità cristiana e accompagna l’annuncio con questa dichiarazione: “Il risorto ci ha mandato come testimoni. Noi siamo stati con lui, abbiamo visto i suoi gesti, abbiamo ascoltato le sue parole, noi lo abbiamo visto crocifisso e poi l’abbiamo incontrato risorto. Ve lo annunciamo, ma di questo noi siamo testimoni”.

Cari fratelli e sorelle, noi, uomini e donne di questo terzo millennio riceviamo questo annuncio e questa testimonianza. L’esperienza e la verità della resurrezione di Cristo ci raggiunge attraverso queste parole: le parole del Vangelo, le parole dei testimoni. Parole di Vangelo e testimonianze che sono accompagnate dallo spirito di Dio e finalmente da una storia di testimonianza avvalorata certamente dalla successione apostolica che fa la Chiesa ma insieme dalla miriade di uomini e di donne che hanno creduto e quindi hanno ispirato la loro esistenza lasciando trasparire attraverso la loro vita la fede che hanno portato nel cuore.

Parole e testimonianza, annuncio e testimonianza. La testimonianza ha bisogno dell’annuncio, perché l’annuncio supera la testimonianza anche del più grande dei Santi: nessuno di noi può rappresentare il Cristo crocifisso e risorto, lo dobbiamo annunciare. Ci è consegnata questa parola. Nello stesso tempo la parola rimarrebbe soltanto un suono, pur nobile, pur affascinante, se non fosse accompagnato dalla forza di una testimonianza.

Tutto questo non sostituisce Gesù di Nazareth. Gesù di Nazareth – dicevo – non appartiene al passato, non è cosa del passato e noi i discepoli lo rendiamo attuale attraverso le nostre parole e la nostra testimonianza. Noi non sostituiamo il Cristo perché lui è vivo: lui parla, lui compie ancora i suoi segni. Noi li raccogliamo, li riecheggiammo, li testimoniamo.

In un tempo in cui una sottile rassegnazione, che a volte sconfina in una profonda disperazione, l’invito che scaturisce da questa celebrazione è a riconoscere i segni di Cristo crocifisso e risorto. Riconoscere i santi segni e particolarmente il segno dell’Eucaristia che ci ha lasciato come memoriale perpetuo della sua morte e resurrezione, ma soprattutto accompagnare il riconoscimento di questi segni santi col riconoscimenti dei segni viventi di Cristo risorto, che sono gli uomini e le donne, che sono i risorti, i riscattati, i credenti, sono i figli di Dio. Ma sono anche tutti quelli nei quali Cristo ci ha detto di riconoscerlo. Sì, i segni non sono solo coloro che credono in lui, ma sono tutti gli uomini e le donne in cui lui ci ha detto di vederlo e di riconoscerlo e particolarmente i piccoli, i poveri, i dimenticati, i disprezzati. Ci ha detto di vederlo in loro perché lui si è identificato in loro. Ben venga quindi la testimonianza di chi crede, ma non si esaurisce lì la manifestazione del Cristo risorto nella vita degli uomini. Ci è dato di riconoscerlo in coloro in cui lui si fa riconoscere e vi sono uomini e donne che non lo conoscono ancora eppure lasciano trasparire il suo volto e la nostra testimonianza consiste anche nel saperlo riconoscere, non nel saperlo soltanto mostrare e annunciare. Nel saperlo riconoscere così come è successo agli inizi.

Cari fratelli e sorelle, non sono le ideologie che diciamo passate, non sono super-uomini, non sono dogmi scientifici, tecnici, economici, politici che trasformano il mondo in un mondo buono per tutti. Non ci bastano. Saranno necessari, ma non ci bastano a trasformare il mondo in un mondo buono per tutti. Sono invece persone che vivono la trasformazione di sé per opera dello Spirito del risorto, condividono questa trasformazione con altri e introducono giorno per giorno nella storia del mondo e nella vita di ciascuno i semi del Vangelo. Non bastano nuovi uomini, è necessario che ci siano uomini nuovi. Resi nuovi dall’uomo nuovo che è Cristo risorto. Persone che mentre proclamano “è risorto, è vivo. è il vivente”, lo accolgono come il principio vitale della loro esistenza che ogni giorno si lascia trasformare da lui secondo il Vangelo.

Se i cristiani saranno così potranno essere una speranza vera per il mondo di tutti.