13-02-2016
Care sorelle e cari fratelli,
una delle domande ricorrenti in questi anni è questa: “Dove stiamo andando?”. Una risposta a questa domanda la possiamo dare questa sera: stiamo andando verso la Pasqua.
Potrebbe sembrare una risposta molto modesta, in realtà se percepiamo l’importanza della Pasqua ci rendiamo conto che la risposta è veramente capace di cambiare la vita.
Stiamo andando verso la Pasqua: l’inizio della Quaresima sottolinea in modo particolare questa preparazione che la comunità cristiana ogni anno si ripropone per vivere con intensità la celebrazione della Pasqua.
A questa consapevolezza che stiamo rinnovando si unisce un gesto molto significativo: ci sono alcune persone tra noi che si stanno preparando a celebrare la Pasqua con un “passaggio” – “pasqua” appunto letteralmente – che noi abbiamo già vissuto: il loro Battesimo, la loro Cresima e finalmente la loro partecipazione completa al banchetto dell’Eucaristia. Doni che noi abbiamo ricevuto e che loro ci stanno ricordando in modo speciale, essendo tra l’altro degli adulti giovani che chiedono di diventare cristiani.
Stiamo andando dunque verso la Pasqua di Gesù, che raggiunge il suo momento culminante nella sua morte e risurrezione, in questo passaggio di morte e risurrezione. Non semplicemente “dalla morte alla risurrezione”, ma più provocatoriamente “dalla morte la risurrezione”: perché dalla morte di Gesù nasce una vita nuova di cui lui, il Risorto, è il primo testimone.
Se questo, che noi crediamo come cuore della nostra fede, è vero – e noi lo proclamiamo vero – allora possiamo veramente dire con l’umiltà e la povertà della nostra condizione che questo evento cambia la storia e mette nella storia – che tante ci volte ci sembra disperata – il sigillo di una speranza che nessuno può cancellare. Con la gioia di riconoscere che la Pasqua di Gesù non è soltanto per lui, ma appunto diventa il dono di Dio per l’umanità.
I cristiani credono a questo e quindi accolgono questo dono e ne diventano gli umili, poveri e a volte contraddittori testimoni presso tutta l’umanità.
Carissimi amici e amiche, voi state compiendo questi passaggi e la vostra scelta, la vostra preparazione e la celebrazione nella notte santa (seppur in gran parte nelle vostre comunità), rappresentano in maniera visibile a tutti noi che cosa significa la Pasqua e cosa significa rispondere alla domanda “dove stiamo andando?”, “stiamo andando verso la Pasqua!”. La Pasqua nella storia e finalmente la Pasqua definitiva.
Ci accompagna in questo cammino la Parola del Signore, perché come abbiamo udito “non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Una parola stasera vorrei particolarmente consegnare a voi e a tutti, quella che attraverso l’Apostolo Paolo è risuonata in questi termini: “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti sarai salvo”.
Ognuno ha il suo fascicolo, se vorrete concentrarvi anche in altri momenti in queste settimane su questa Parola – particolarmente voi catecumeni – sappiate che è proprio la Parola che ci accompagna verso la Pasqua: Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti sarai salvo”.
L’Apostolo ci sta ricordando che la salvezza – cioè quella speranza irriducibile che riscatta la nostra vita dalla morte, dal peccato e dal male – sta nella relazione con Gesù, che noi riconosciamo vivente (il Risorto) e che riconosciamo come Signore (cioè non solo un uomo, ma il Figlio di Dio diventato uomo tra noi).
Dice l’Apostolo: “se crederai con il tuo cuore”. La fede ha a che fare con il cuore, cioè con la profondità della nostra persona. Ci sono segni esteriori – come quelli che stiamo compiendo – ma sarebbe tutto falso se non ci fosse il cuore, se non ci fosse quell’intimità della nostra coscienza che decide di credere. Nessuno si può sostituire.
“Se crederai con il tuo cuore e confesserai con la tua bocca”. La fede in Cristo è qualche cosa che inevitabilmente coinvolge la storia degli uomini. È un fatto che ci tocca nella profondità della nostra persona e proprio per questo diventa poi il nostro modo di vivere, uno stile che ci pone accanto ad altri uomini e diventa fermento della storia. Proclamare con la bocca non vuol dire soltanto ripetere le parole del credo – come pure faremo questa sera – ma la fede così profonda, così intima e personalissima, diventa qualcosa che si manifesta non solo nei gesti sacri della liturgia ma soprattutto nei gesti della vita. Lì noi confessiamo cioè proclamiamo che Gesù è il Signore, il vivente.
Tutto questo non si compie una volta soltanto e di questo, carissimi catecumeni, ne potete diventare consapevoli guardando noi che abbiamo già ricevuto quei doni. A volte ci vedete ancora così modesti, perché continuamente dobbiamo rifare Pasqua, perché siamo in cammino, perché non siamo ancora arrivati alla Pasqua definitiva, quella che Gesù ha inaugurato ma che adesso si dispiega nella storia e ha continuamente a che fare non solo con la nostra debolezza, ma soprattutto con la nostra libertà.
Quindi cari fratelli e sorelle, ricordiamoci sempre che siamo in cammino, di Pasqua in Pasqua, di rinnovamento in rinnovamento, di speranza in speranza, giocando continuamente nella relazione con il Signore tra il dono che lui ci consegna e la libertà con la quale noi lo accogliamo.
Questo cammino è accompagnato dalla speranza che diventa preghiera. Dice ancora l’Apostolo: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Dice infatti la Scrittura: chiunque crede in lui non sarà deluso”.
(trascrizione da registrazione)