Giovedì Santo – Cena del Signore

Cattedrale
06-04-2023

Care sorelle e fratelli,
abbiamo ascoltato il Vangelo della lavanda dei piedi: un gesto che rappresenta e rivela il mistero della Pasqua e della Eucaristia. Ci consegna un’immagine di Gesù che lui stesso apprezza: “Voi mi chiamate maestro e signore e dite bene perché lo sono”. Gesù è certamente il maestro e il signore. Nella domenica delle palme noi lo abbiamo accompagnato acclamandolo come re. Gesù è il maestro e il signore: è il re.

Nel gesto semplice, anche se sconcertante, della lavanda dei piedi, in maniera molto efficace ci fa però consapevoli del modo in cui lui è signore, maestro, re. Questo modo ci riconduce poi alla sua passione e alla celebrazione dell’Eucaristia.

Durante questa cena, Gesù a fonte dei desideri, delle immagini, dei pensieri dei suoi discepoli commenta: “I re delle nazioni le governano, coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori, voi però non fate così, ma chi tra voi è più grande diventi come più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve”.

La reazione di Pietro non è rispetto al servizio che gli viene offerto, ma si manifesta rispetto alla rappresentazione di Dio che Gesù sta dando. Un Dio in ginocchio, un Dio che si fa serve. Proprio come Gesù ha sempre detto: “non sono venuto per essere servito e – addirittura – per dare la mia vita per tutti”.

Tutto questo ci porta a dire che noi ci sentiamo interpellati personalmente e come Chiesa, una comunità contrassegnata dal servizio fraterno perché, dice il Signore, “come ho fatto io così fate anche voi”.

Il servizio quindi non è una costrizione. Quanti uomini, anche oggi, sono costretti, sono sfruttati, sono resi schiavi. Il servizio di cui parla Gesù non è nemmeno una necessità. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti, abbiamo bisogno di qualcuno che ci offra la sua competenza. Il servizio di cui parla Gesù non è nemmeno una organizzazione. Dobbiamo fare attenzione anche nella Chiesa a questo aspetto perché tante volte noi siamo tentati di “organizzare i servizi”, delegando a un’organizzazione quello che Gesù ci consegna come mandato.

La rivelazione di Gesù del suo modo di servire è un criterio di vita, è un modo di vedere l’esistenza, è un modo di vivere, è un modo di amare.

Servire è manifestazione di libertà dall’invadenza del nostro io.

Servire è manifestazione di una responsabilità verso l’altro.

Servire è possibile a tutti attraverso gesti apparentemente piccoli ma in realtà grandi, se animati da amore sincero.

Nelle nostre case ci sono donne e uomini che stanno lavando i piedi o altre parti del corpo a malati o a infermi che non riescono a farlo da sé. Ci sono genitori che lavano i loro figli piccoli ma anche i loro figli incapaci di lavarsi da soli. Ci sono gli uomini e le donne nei nostri ospedali che sono piegati a servire i corpi malati e sofferenti. Ci sono infiniti modi per realizzare quel gesto di Gesù. È il gesto di tante mamme che per ultime si siedono a tavola e per prime si alzano. Anche questo servizio fatto con amore e consapevolezza è esecuzione del comando di Gesù.

Tra qualche istante io compirò questo gesto: è un rito ma vuol dire tanto. La realtà è qui sull’altare, è l’Eucaristia. Ma l’Eucaristia senza quell’amore che diventa servizio rischia di non raggiungere la nostra vita. È come se non ci volessimo far raggiungere da quel mistero per il quale siamo qui.

Compirò questo gesto su alcune persone e anche su alcune famiglie, perché bisogna riconoscere che è proprio nella famiglia che possiamo non solo concretamente riconoscere l’amore che si fa servizio, ma avvertiamo che la famiglia stessa vive per questo amore. Gesù parla di un amore “tra” noi, perché diventi amore “di” noi. È l’amore tra i genitori che alimenta la speranza dei figli, ancor più dell’amore per i figli.

Lavatevi i piedi gli uni gli altri, dice Gesù. Questo amore scambiato tra un uomo e una donna non solo è capace di generare la vita, ma è capace di generare all’amore i propri figli. Nella famiglia si diventa grandi a partire dal servizio più grande, come ha detto Gesù: “il più grande tra voi si faccia vostro servo”. Dovremmo insegnare ai nostri figli che si diventa grandi amando e si diventa grandi amando nel servizio dell’altro, con la consapevolezza che alla fine della vita resterà il nostro amore, ciò che abbiamo amato, coloro che abbiamo amato.

La famiglia è il luogo di quell’amore reciproco e fraterno in cui gli uni si sottomettono agli altri. Servizio è sottomissione: non sono io che comando, ma io mi metto al servizio. Sottomissione significa obbedire al bisogno dell’altro. Un’obbedienza non fatta per costrizione, ma per amore e nella perseveranza dell’amore.

Cari fratelli e sorelle, il Signore oggi ci consegna tre doni: il dono dell’Eucaristia, il dono del sacerdozio e il dono del comandamento più grande “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Ogni giorno in ogni Chiesa si celebra l’Eucaristia, ogni giorno noi facciamo memoria della Pasqua di morte e risurrezione del Signore, ogni giorno nelle nostre case, nelle nostre vie, noi nostri borghi, nei nostri quartieri noi possiamo fare memoria della carità di Cristo accogliendo il suo comando: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.

(trascrizione da registrazione)