24-09-2012
Cari fratelli e sorelle,
celebriamo la liturgia ricordando, onorando e venerando San Guido di Anderlecht, patrono della vostra associazione, patrono dei sacristi. Lo facciamo in una circostanza particolarissima che, stando alle notizie biografiche di cui possiamo disporre, è rappresentata dal millennio della sua morte.
Nasce in Belgio, vicino all’attuale Bruxelles, sin da giovane sceglie di rinunciare ai beni di cui poteva disporre anche per la ricchezza della sua famiglia e di porsi a servizio della comunità come sagrestano per rendersi utile e per pregare. Interessante questa doppia dimensione che si intreccia nella sua decisione: la dimensione del fare per la comunità e la dimensione della preghiera. Fallirà poi come commerciante, professione che aveva desiderato abbracciare per poter aiutare in maniera più abbondante i poveri, e intraprenderà le vie del pellegrino, morendo al suo ritorno in patria proprio ad Anderlecht, per cui è ricordato come San Guido di Anderlecht.
La sua vita nel segno umile della semplicità e nello stesso tempo della fedeltà radicale al Vangelo potrebbe essere dimenticata, ma Dio non dimentica. Per cui attorno alla sua tomba, inizialmente dimenticata, si manifestano grazie e segni miracolosi che fanno diventare la venerazione verso quest’uomo – poi appunto riconosciuto Santo dalla Chiesa – una venerazione che supera i secoli e addirittura raggiunge il millennio.
Alla luce di questa bella figura cristiana noi abbiamo ascoltato la parola del Signore, ricchissima, che io voglio raccogliere in un passaggio con il quale vorrei accompagnare non solo questa celebrazione, ma il vostro stesso servizio quotidiano alla Chiesa.
Nella stupenda preghiera che rivolge al Padre prima della passione, con nel cuore l’unità di tutti i suoi discepoli, Gesù si esprime con queste parole: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me, dove sono io, perché contemplino la mia gloria”.
Carissimi, normalmente noi leggiamo queste parole pensando alla passione, morte e resurrezione di Gesù, e al destino che unisce i discepoli a Gesù. Ed è questo ciò per cui Gesù prega il Padre. In realtà mi sembra che queste parole risuonino oggi come un criterio, una luce, proprio per illuminare il vostro servizio, per nutrirlo – come ogni servizio nella Chiesa – della Parola del Signore.
“Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato – i discepoli -, siano con me, dove sono io, perché contemplino la mia gloria”. Dove abita Dio? Dove sta Gesù? In cielo. Nei suoi templi. Nel cuore di ogni uomo.
C’è una presenza di Dio che si manifesta in modo particolare in quei luoghi che Dio stesso indica e che per noi indica Gesù. Certamente il cielo: è lui che ci invita a pregare “Padre nostro che sei nei cieli”. Non si tratta semplicemente di ciò che sta sopra le nostre terre, ma è appunto il mondo completamente abitato da Dio. Ma è altrettanto vero che Gesù parlerà del tempio e che i cristiani, cominciando dalle loro case, abiteranno dei templi, delle case tutte dedicate a Dio. E dobbiamo dire, da cattolici, che in queste case noi custodiamo quel segno misterioso che è la presenza reale nell’Eucarestia, anche oltre la celebrazione dell’Eucarestia stessa. Certamente poi, diventa tempio di Dio lui stesso e diventiamo tempio di Dio noi perché lo Spirito Santo è effuso nei nostri cuori.
“Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me, dove sono io”. E se è vero che nella grazia del Signore ciascuno di noi abita presso Dio, è altrettanto vero che la vostra vita e il vostro servizio si connota di quella particolare vicinanza a Dio che si realizza stando nel suo tempio, stando nella sua casa, stando alla presenza di quel segno misterioso, e per noi decisivo, che è l’Eucaristia.
Ma dice ancora il Signore, “siano con me, dove sono io, perché contemplino la mia gloria”. Certo, la gloria di Dio risplende nella sua morte, perché è la rivelazione totale dell’amore di Dio. La gloria di Dio risplende nell’uomo riscattato dalla morte e resurrezione di Dio, come dice il grande padre della Chiesa Sant’Ireneo: “l’uomo vivente è la gloria di Dio”. Dice Gesù: “perché contemplino la mia gloria”.
Cari fratelli e sorelle, Gesù parla di contemplazione, di uno sguardo. Io vi invito a questo sguardo. Quante persone entrano nelle nostre chiese, in questa Cattedrale, ma non tutti hanno il medesimo sguardo: chi è attirato dalla storia, chi è attirato dall’arte, chi è attirato dalla curiosità, chi è attirato da coloro che vede frequentare le nostre chiese, ma lo sguardo di cui parla Gesù – “perché contemplino la mia gloria” – è lo sguardo della fede. Questa contemplazione che è fatta di uno sguardo, è fatta del silenzio e del raccoglimento così necessario anche nelle nostre chiese. È bello il momento dell’assemblea. È bello il momento della festa, anzi in quel momento bisogna in qualche modo che si acclami al Signore, ma questa acclamazione non diventerà dispersione, non diventerà esibizione, non diventerà esteriorità se nella stessa chiesa ci sono degli spazi per il silenzio e il raccoglimento.
Vi chiedo di essere innanzitutto voi – e poi come servizio – custodi di questo silenzio e raccoglimento. Custodi della consapevolezza che la chiesa è a volte meravigliosa ma non è semplicemente un’opera d’arte, perché custodisce il segreto di una presenza, di una storia, di un amore.
Contemplazione che alla fine è intima gioia. Io mi auguro che – al di là dei problemi che ci possono essere nella vita di tutti e qualche volta anche nella loro professione – voi siate contenti di questo servizio, di essere chiamati – e alcuni per una vita si può dire – a svolgere questo servizio.
Contemplazione di una gloria. Penso alla croce, penso all’uomo vivente e quindi a quell’amore del prossimo che San Guido ha coniugato con il suo servizio a Dio e con la sua preghiera, ma penso anche allo splendore della liturgia, che allora se è unita a tutto quello che ho tentato di ricordarvi evidentemente non è esteriorità, ma espressione, celebrazione, segno di questo mistero.
Cari fratelli e sorelle, mi piace ricordare le parole di Giovanni Paolo II rivolte ai sacristi: “Vi ringrazio – e anche io vi ringrazio – per il servizio che compite, affinché la dignità del luogo sacro e lo svolgimento dei riti favoriscano una partecipazione fruttuosa e attiva di tutto il popolo di Dio”. Grazie.
(trascrizione da registrazione)