30-11-2014
Care sorelle e cari fratelli,
vi invito in quest’anno a riandare alla sorgente e a nutrire le vostre esistenze singolari e quelle delle vostre comunità in quell’evento dello Spirito Santo che è stato il Concilio Vaticano II. Ogni speranza, ogni desiderio di rinnovamento, ogni determinazione si rinnovi alla luce di quel gran dono di Dio che è stato il Concilio.
Mentre collochiamo quest’anno e tutte le sue iniziative nell’orizzonte del Concilio, nella nostra diocesi in un modo particolare non possiamo non porre sotto la benevola intercessione di San Giovanni XXIII tutto quanto ci impegnerà interiormente e esteriormente. Se in qualche modo il dono del Concilio si può arricchire, per noi si arricchisce della testimonianza del Santo Papa e della sua intercessione.
Ritornare all’evento del Concilio, ai testi che il Concilio ci consegna e soprattutto allo spirito del Concilio significa coltivare un’esperienza di Chiesa capace di gioia, dunque di vita consacrata capace di gioia, felice del Vangelo e seminatrice di gioia nei solchi della storia e nel cuore di ciascuna persona umana.
Il Papa indica alcuni obiettivi per quest’anno che vogliamo condividere tutti insieme. Sono tre: ricordare il passato con gratitudine, vivere il presente con passione, abbracciare il futuro con speranza.
Anche in questo istante vogliamo ricordare il passato con gratitudine. Ricordare la ricchezza della testimonianza di tutti coloro che ci hanno preceduto sulle strade della vita consacrata e non dimenticare la ricchezza di vocazioni che questa nostra Chiesa ha donato, non solo alle vostre singole comunità ma alla Chiesa intera.
Vivere il presente con passione significa che quel gesto intimissimo che è la vostra consacrazione, intimissimo nel senso che tocca l’identità profonda di ciascuno e di ciascuna di voi, viene prima di ogni opera.
La presenza di persone consacrate, donne e uomini, nella nostra diocesi, è ancora molto numerosa. D’altra parte riconosciamo che non sono poche le persone limitate ormai dall’età e dalla malattia. Ma vogliamo ricordare che viviamo il presente con passione tutti, perché quell’intima personalissima consacrazione a Dio precede ogni opera.
Il Papa ci indica poi l’obiettivo di abbracciare il futuro con speranza, proprio per le ragioni che abbiamo appena ricordato. Abbracciare il futuro con speranza significa diventare testimoni di un mondo nuovo. Non c’è età, non c’è limite, non ci sono esperienze diversificate, tutte e tutti testimoni del mondo evangelico, del mondo nuovo inaugurato da Gesù.
Insieme agli obiettivi il Santo Padre rivolge alle donne e agli uomini consacrati anche un appello. Consegna loro delle attese, non solo le sue attese, ma le attese della Chiesa e del mondo.
Vi è attesa di una testimonianza della gioia, prima di tutto testimonianza di gioia, in qualsiasi condizione vi troviate.
Vi è attesa della radicalità della profezia. Se il Papa dice alle consacrate e ai consacrati “svegliate il mondo”, lo dice pensando a questo gusto interiore della profezia rappresentata non dalla vostra perfezione, ma dal continuo ritornare all’appello alla perfezione evangelica testimonianza con la vostra professione, con i vostri voti, col vostro stile di vita perché sia provocazione radicale a tutta la comunità cristiana e al mondo intero. La provocazione della radicalità che il Vangelo consegnata alla coscienza di ogni persona umana.
VI è attesa di un’esperienza di comunione. Care sorelle e cari fratelli, tutti – soprattutto voi religiose e religiosi – non rassegnatevi. Non rassegnatevi alla povertà dei nostri limiti, dei nostri caratteri, del nostro peccato. Non rassegnatevi alla divisione nell’ostilità e non rassegnatevi nemmeno all’indifferenza. Non indurite il cuore. Consegnate a tutti noi la testimonianza della comunione fraterna, semplice, bisognosa ogni giorno di conversione, ma mai rassegnata. Non rassegnatevi a quella malattia che tutti ci ha preso peggio di una epidemia che è la concentrazione narcisistica su noi stessi.
Ancora il Papa attende da quest’anno un nuovo slancio missionario. Care sorelle e cari fratelli, quanta storia missionaria qui e lontano da qui voi incarnate. Veramente ricordiamo in questo momento tutte le persone che sono lontane da questa nostra terra. Ricordiamo le persone che ci restituiscono la missione, e non sono poche anche tra di noi, nate e venute da terre lontane dalle nostre.
La missione non è una conquista, la missione è la proposta che noi facciamo a prezzo della nostra esistenza. Noi non chiediamo nulla agli altri, ma portiamo il Vangelo con tutto noi stessi. Questa è la missione.
Finalmente – e qui ricordiamo tutte le sorelle dei nostri dieci monasteri di clausura femminile e i fratelli del monastero benedettino di Pontida – il Papa di attende che i consacrati e le consacrate offrano ad ogni cristiano la luce di uno sguardo contemplativo. Tutto il nostro fare, il nostro pregare, il nostro soffrire, il nostro agire deve essere continuamente illuminato da questa luce del volto di Cristo contemplato.
In fine, nella sua lettera il Papa ci prospetta gli orizzonti di quest’anno, invitando tutti i laici e le donne laiche che sono vicini alle vostre comunità, che hanno in qualche modo sposato il carisma che voi incarnate a partecipare con vivezza a quest’anno della vita consacrata.
Non si rivolge soltanto a loro, ma a tutta la Chiesa. Vi leggo le sue parole, perché sono parole che interpellano tutte le nostre comunità cristiane. Le recito ad alta voce pensando a tutte le comunità della nostra diocesi, a tutte le parrocchie: “Invito dunque tutte le comunità cristiane a vivere quest’anno anzitutto per ringraziare il Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tutt’ora riceviamo per mezzo della santità dei fondatori e delle fondatrici e della fedeltà di tanti consacrati al proprio carisma. Vi invito tutti a stringervi attorno alle persone consacrate, a gioire con loro, a condividere le loro difficoltà, a collaborare con esse nella misura del possibile per il perseguimento del loro ministero e della loro opera che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo cristiano”.
Ancora due tratti di questo orizzonte: una particolare attenzione alla dimensione ecumenica della vita consacrata e addirittura interreligiosa, avendo presente donne e uomini di altre denominazioni cristiane e di altre religioni che pure consacrano la loro vita a Dio. È un’occasione preziosa – dice il Papa – per alimentare conoscenze e lì dove è possibile stabilire relazioni anche con queste persone.
In conclusione – e lo dico con profonda gioia e spero che avvertiate quanto lo senta – il Papa sollecita l’affetto e la premura dei Vescovi locali, sentendo come il dono della vita consacrata sia profondamente innestato nella vita di ciascuna Chiesa locale. Care sorelle e cari fratelli io desidero che voi avvertiate questa premura, questo affetto, questo riconoscimento e questa riconoscenza da parte mia non solo in occasione di quest’anno della vita consacrata, ma nell’esercizio del mio ministero.
Finisce così la sua lettera il Santo Padre e così finisco anche io: “Affido a Maria, la Vergine dell’ascolto e della contemplazione, prima discepola del suo amato Figlio, quest’anno della vita consacrata. A lei, figlia prediletta del Padre e rivestita di tutti i doni di grazia, guardiamo come modello insuperabile di sequela nell’amore a Dio e nel servizio del prossimo”.
(trascrizione da registrazione)