Ucraina – Veglia Ecumenica per la Pace del 2 marzo e appello del Vescovo per l’accoglienza dei profughi


Preghiamo Dio per la pace, perché cessi la guerra, perché la coscienza degli uomini sia risvegliata non solo dalla paura e dal bisogno, ma dal bene supremo della pace nutrito da quello della fraternità umana. Preghiamo in modo particolare per i più deboli e indifesi, per gli innocenti: i bambini, i malati, gli infermi, gli anziani.

Preghiamo insieme: cristiani ortodossi, evangelici, cattolici … russi e ucraini … preghiamo con tutte le chiese del mondo

Preghiamo insieme come nei giorni devastanti della pandemia, proprio due anni orsono. Un’intensa preghiera che ci univa, pur rinchiusi nelle nostre case.

Preghiamo insieme, per il popolo ucraino, per il popolo russo, per i loro governanti, per tutti i popoli del mondo, per i popoli devastati da guerre spesso ignorate e dimenticate da gran parte dell’umanità.

Preghiamo insieme, consapevoli dei nostri peccati: preghiamo e digiuniamo, consapevoli della nostra pervicacia nel costruire muri, nell’allargare abissi, nel dimenticare Cristo.

Preghiamo insieme consapevoli della necessaria conversione. Il cambiamento senza conversione è un’illusione. Non possiamo proclamare valori fondamentali in tempo di guerra, che poi dimentichiamo o addirittura irridiamo in tempo di pace.

Preghiamo insieme senza sottrarci alla domanda: pregare serve a qualcosa? Quante volte abbiamo pregato e tu Signore non ci hai esaudito! Perché non ci ascolti, perché ci nascondi il tuo volto? In realtà abbiamo pregato, ma senza convertirci; abbiamo pregato Te, senza rinunciare ai nostri dei.

Noi non abbiamo saputo fare un esame di coscienza nel profondo. Ha detto giustamente qualcuno: “I fiumi di sangue sono sempre preceduti da torrenti di fango”. In tali torrenti abbiamo sguazzato un po’ tutti noi umani, uomini e donne di ogni paese e latitudine: l’immoralità della vita, gli egoismi personali e di gruppo, la corruzione politica, i tradimenti e le infedeltà a livello interpersonale e familiare, il menefreghismo, l’indolenza e lo sciupio delle energie di vita per cose vane, frivole o dannose, il disprezzo della vita dei più piccoli e dei più deboli, il volgere la testa di fronte alle miserie di chi sta vicino o di chi viene da lontano…

Ogni seria preghiera per la pace deve quindi nascere dal pentimento e dalla volontà di ricostituire anzitutto nella nostra vita personale e comunitaria “i quattro pilastri” della pace indicati dal Santo Papa Giovanni XXIII: verità, giustizia, libertà, carità. Senza tale volontà umile e sincera, la nostra preghiera e la nostra invocazione sono ipocrite. Pregare per la pace è impegnativo e esige una purificazione personale non indifferente. Non possiamo pregare per la pace pensando che siano solo gli altri a doversi convertire.

Purifica, Signore, il mio cuore da ogni fremito di ostilità, di partigianeria, di partito preso, di connivenza; purificami da ogni antipatia, pregiudizio, egoismo di gruppo o di classe o di razza; Tutti questi sentimenti negativi sono incompatibili con la pace.

Preghiamo insieme, dunque, riconoscendo i nostri peccati e purificando il nostro pentimento con una conversione sincera al Vangelo, come in questo primo giorno di Quaresima ci viene richiesto.

Preghiamo insieme superando le nostre divisioni antiche e recenti, consapevoli del bene dell’unità di tutti e della ricchezza della unicità di ciascuno. Non basta la globalizzazione a salvarci: è necessaria una unità spirituale, una comunione nelle differenze, una considerazione di ciascuno nella sua dignità più profonda. L’unità è superiore al conflitto. Papa Francesco scrive: “Questo criterio evangelico ci ricorda che Cristo ha unificato tutto in Sé: cielo e terra, Dio e uomo, tempo ed eternità, carne e spirito, persona e società. Il segno distintivo di questa unità e riconciliazione di tutto in Sé è la pace. Cristo «è la nostra pace”.

Non è la paura, lo sgomento, l’incertezza ad unire l’umanità: questa è una debole unità. La concordia è una grande forza che sostiene, incoraggia, che ridimensiona le paure e consente di pensare, di organizzarsi, di predisporsi alle emergenze.

Possiamo sperare un futuro di pace se coltiviamo l’unità e, da cristiani, riconosciamo in Cristo la sorgente dell’unità. Con particolare sofferenza dobbiamo constatare che in nome di Cristo spesso ci siamo divisi e ci dividiamo e con altrettanto dolore, da cristiani, vediamo fratelli della nostra fede coinvolti in una guerra tra loro.

Preghiamo insieme perché la preghiera unisce e ci introduce alla consapevolezza di una fraternità che non si fonda sulla comune necessità e neppure soltanto sulla comune dignità, ma sulla meraviglia di riconoscerci figli, di quello stesso Dio, che invochiamo come Padre.

La fraternità è la via della pace. La fraternità come principio, come dono, come impegno quotidiano: non basta essere fratelli, bisogna vivere da fratelli. La fraternità come prossimità nel bisogno: è l’aiuto generosamente offerto. La fraternità come sguardo sull’altro: è il riconoscimento della irriducibile dignità di ogni persona umana. La fraternità come edificazione della casa comune: è l’unità multiforme come bene supremo.

Preghiamo insieme per intercedere il dono della pace sulla terra ucraina, sul popolo ucraino, sul popolo russo, sui popoli dell’Oriente e dell’Occidente, sui popoli dimenticati nello strazio delle guerre che li devastano. Intercedere è “mettersi in mezzo”, per abbattere il muro di divisione e costruire il ponte della pace. Intercedere è un impegno grande e oneroso. Noi lo vogliamo assumere.

Da cristiani non crediamo di avere ricette risolutive per i problemi di questo tempo e di questa portata, ma non rinunciamo a pregare, mai. Non rinunciamo a cercare strade da percorrere, mai. Non rinunciamo a immaginare soluzioni da proporre, mai».

E allora preghiamo insieme. Digiuniamo sì, ma non rinunciamo al bene della pace.