È la mostra allestita fino al 10 novembre nel Museo della Basilica di Gandino.
Grazie all’organizzazione del Gruppo Amici del Museo ed al patrocinio di Comune di Gandino e Castello di Thiene, la mostra è dedicata, nel 90° della morte, al grande pittore Ponziano Loverini. L’esposizione (una sorta di cameo con poche tele ma d’eccezione) è stata inaugurata sabato 21 settembre alle 17.
“Loverini – sottolinea Francesco Rizzoni, rettore del Museo della Basilica – plasmò la propria abilità innata in paese. Dagli insegnamenti e dalla sua direzione artistica presso l’Accademia Carrara lunga ventisei anni, si formarono importanti pittori e scultori e sempre grazie a lui, nel Novecento, si contarono fino a una cinquantina di pittori gandinesi autodidatti. In questo anno, si vuole ricordare un anniversario importante del pittore con un evento straordinario: la riscoperta di un dipinto e la presentazione di un ritratto inedito”. Al centro della mostra c’è la tela “L’ultimo saluto del Colleoni alla figlia Medea”, rintracciata dopo oltre un secolo (esattamente dal 1871) nel Castello di Thiene (Vicenza) proprio dal rettore del Museo di Gandino.
“Fino al 2016 – spiega Rizzoni – ne era sconosciuta la collocazione. Si tratta di un dipinto a carattere profano che lascia trapelare l’affetto, l’amore e il dolore per la perdita della figlia da parte del genitore. Nessuna parola indica lo stato del genitore nel caso di morte di un figlio, proprio perché il dolore è indescrivibile. Un’atmosfera silenziosa nella quale spicca il raccoglimento dei personaggi rappresentati, dove tutto il dolore e la calma dei gesti, vengono assorbiti dal cero acceso in mezzo alla stanza: unica fonte di speranza e di vita nella flebile fiamma accesa. Tre figure femminili, probabilmente alcune sorelle, che con aria rattristata sono vicine al gesto fermo nell’estremo doloroso saluto del padre, mentre in un angolo, con in mano una gabbia, un paggetto che cerca di prendere l’uccellino, compagno di giochi e di allegria della povera Medea, per riporlo, come compagno di viaggio, nel sarcofago che di li a poco verrà chiuso. La figlia Medea inerme posta sopra il candido catafalco, illumina prepotentemente la scena, i fiori recisi posti ai piedi del drappo in seta con l’arma del Colleoni, lasciano trapelare quel senso di vanitas della vita, dove il profumo e la freschezza dei boccioli appena tagliati, svaniranno da li a poche ore. In un angolo ed ai piedi di un preziosissimo trittico con fondo in oro, si scorge un frate barbuto mentre legge in silenzio da un libro, probabilmente delle invocazioni o delle precie per l’intercessione dell’anima della piccola. Era in uso in ciascuna corte avere in dote un religioso per la cura d’anime e per l’insegnamento della dottrina religiosa. Una scena toccante che mette in evidenza una forte religiosità del Colleoni, una dote che emerge da un animo plasmato da lotte e strategie militari ma che, una volta rasserenato, è capace gesti di pietà e d’amore cristiani. Ne sono esempi indissolubili il lascito testamentario del 1475 a favore dell’erigendo monastero francescano dei frati dell’Osservanza in località Ruviales a Gandino, di circa 200 lire imperiali, ed il trasporto di due importanti reliquie, il teschio di San Lazzaro e le reliquie di Maria Maddalena, nei domini colleoneschi di Covo e Romano di Lombardia”.
In mostra a Gandino ci saranno anche un inedito (il ritratto di don Emilio Salvatoni del 1874), l’autoritratto del 1915 (di proprietà del Comune di Gandino ma custodito in Museo) ed il Benjamin West del 1877. La mostra è aperta sabato e domenica dalle 14.30 alle 18.30 ed è legata all’esposizione del Moroni nel vicino Salone della Valle.
“Per quanto riguarda il dipinto inedito – aggiunge il Rettore – raffigurante il sacerdote gandinese Don Emilio Salvatoni, sappiamo ben poco, tranne che venne realizzato nel 1874, poco prima della morte del prelato, avvenuta il 30 Gennaio dello stesso anno. Le poche informazioni conservate presso l’archivio parrocchiale dicono che nacque il 29 Maggio del 1812, da Querino e Cecilia Sales e che venne ordinato sacerdote il giorno di Pentecoste del 1835. Il suo ministero si svolse solamente a Gandino come cappellano e coadiutore presso l’ospedale (ex convento francescano), nonché insegnante della scuola elementare. Il dipinto è stato donato nel corso del 2017 al Museo della Basilica per essere conservato e valorizzato. Raffigura il sacerdote in talare e solideo neri, com’era consuetudine tra i sacerdoti, seduto al tavolo con in mano un libro, semplice richiamo all’educazione scolastica”.