Care sorelle e fratelli,
è sempre impressionante l’annuncio del Vangelo della passione e morte di Gesù. Sono infinite le storie di passione e morte che non verranno mai raccontate, perché si infilano nelle pieghe più nascoste della vita degli uomini.
Noi annunciamo questo Vangelo perché la grande rappresentazione della passione e morte di Gesù è come una gigantesca onda che non distrugge ma che investe l’umanità della misericordia di Dio. Noi avvertiamo che questa grande narrazione evangelica diventa un annuncio di speranza per una umanità tribolata e che oggi avvertiamo bisognosa non di annunci di guerra, ma di annunci di pace, annunci di misericordia.
La croce di Cristo non rappresenta la distruzione del mondo, ma la salvezza del mondo e la croce di coloro che lo seguono vuole rappresentare un piccolo ma decisivo segno di questa salvezza.
La croce di coloro che seguono Gesù è la croce della verità, di una verità mite, di una verità che ispira fiducia. La nostra forza, la nostra vittoria, è diversa: contemplando il volto del crocifisso noi comprendiamo che la nostra forza e la nostra vittoria passano da questa debolezza, da questa umiltà, da questa mitezza che non corrisponde alle logiche che intorno a noi vediamo imporsi ma che nello stesso tempo stanno distruggendo il mondo.
La croce di Cristo e di coloro che lo seguono è la rappresentazione della responsabilità più alta: una responsabilità non per la morte, ma per la vita. Una responsabilità per la salvezza dell’umanità: abbiamo bisogno di alimentare a questo interiore convincimento, alla fede in Cristo crocifisso e risorto, un’interiore forza, una forza morale, che scaturisce dall’insegnamento evangelico.
Tanta forza di sta manifestando nel mondo sotto ogni profilo, noi vogliamo invece ispirare continuamente la nostra forza d’animo trasformandola in una forza morale, come responsabilità per la vita davanti a noi stessi, davanti ai nostri figli, davanti all’umanità e davanti a Dio.
Desidero concludere questo pensiero consegnandovi quello che il Patriarca di Gerusalemme, a noi profondamente unito perché nato e cresciuto nella nostra terra, scrive: “Noi non vogliamo odiare, noi non vogliamo disprezzare. L’amore di Cristo che ci ha conquistato è più forte di qualsiasi esperienza contraria. Questa è e resta la nostra forza. Questa vuole essere la nostra testimonianza, nonostante i nostri limiti e peccati. Non scoraggiamoci dunque, non perdiamoci d’animo, non perdiamo la speranza e non abbiamo paura, ma alziamo lo sguardo con fiducia e rinnoviamo ancora una volta il nostro impegno sincero e concreto di pace e di unità con salda fiducia nel perenne amore di Cristo”. Amen.