Care sorelle e fratelli, buona Pasqua!
Buona Pasqua a voi, ai sacerdoti, ai diaconi, ai seminaristi, al Vescovo Giuseppe.
Vogliamo condividere la gioia di questa celebrazione, la festa del passaggio. È una festa antica, pasqua, che significa appunto passaggio. Il passaggio è un’esperienza umana molto presente nella vita: quanti passaggi! Quando narriamo la nostra storia noi usiamo spesso proprio questo concetto: ne ho passate tante, ti racconto quello che ho passato, è stato un passaggio… A volte questi passaggi introducono a qualcosa di migliore, anzi noi interpretiamo proprio così il passaggio, sperando che sia verso qualcosa di meglio.
Anche il calciatore che fa un passaggio di palla, pensa di fare qualcosa di utile alla sua squadra e se sbaglia il passaggio diventa problematico per i suoi.
C’è il passaggio di testimone: il “continua tu!” nel segno di qualcosa di meglio. Non consegno un testimone pensando che le cose vadano male, ma che progrediscano.
Il passaggio contiene dentro di sé una speranza, una speranza di miglioramento, una speranza di vita.
C’è il passaggio stretto come tra le rocce in montagna o lo scavalcare un passo. A volte può essere rischioso per la vita. Ma il passo è la possibilità di superare una barriera per entrare in una nuova terra, in una nuova valle.
C’è un altro passaggio che riempie le cronache in modo triste: quello delle migrazioni. È un passaggio da una terra a un’altra attraverso il mare, proprio come il popolo di Israele. Un passaggio in cerca di una condizione migliore e di una libertà. Quanti però si perdono in quel passaggio.
Il passaggio contrassegna la nostra vita e l’esistenza di tutti gli uomini e le donne della terra, da sempre.
Il passaggio stretto che noi stanotte celebriamo non è il passaggio dalla morte alla vita, ma è il passaggio attraverso la morte per la vita. La morte è un muro contro il quale a volte si va a sbattere. Quando sentiamo di un incidente, in una frazione di secondo uno sbatte non contro un altro veicolo ma contro il muro della morte. Altre volte il passaggio è una agonia, altre volte ancora il passaggio è lieve come un sospiro che pian piano si spegne. Ma sempre e comunque il passaggio è stretto.
Il passaggio non è semplicemente la primavera che rinasce, ma è un passaggio attraverso la morte. A volte semplicemente sembra che ci accontentiamo di tenerci un ricordo “al di qua”, perché la morte è una barriera insuperabile. Questo riguarda non solo la nostra condizione mortale, ma quelle morti che mangiano l’anima e che a volte uccidono il cuore, come può succedere per un peccato che nemmeno riconosciamo più perché ci siamo abituati e proprio per questo ci ritroviamo in esso ingessati e paralizzati.
Siamo qui riuniti in tanti questa sera per questa festa del passaggio. Ci sono tanti segni: la luce, la parola, l’annuncio dell’alleluia, tra qualche istante il segno dell’acqua. Vogliamo rinnovare il nostro battesimo che è il nostro passare attraverso l’acqua.
Il passaggio attraverso la morte è la consapevolezza che è Cristo che passa: è lui che apre il passaggio. Noi siamo qui non semplicemente a rievocare, ma per tenerci stretti a lui, non solo per prepararci al passaggio finale, ma perché ogni passaggio della nostra storia non sia una passaggio per la morte, ma sia un passaggio per la vita, per una vita nuova. Gesù non torna indietro, non è un redivivo. Gesù è risorto a vita nuova, quella comunica a noi che umilmente siamo a volte un po’ trepidanti e magari un po’ dubbiosi.
Questa vita nuova si compirà attraverso la nostra morte, ma già adesso noi la vogliamo accogliere, la vogliamo gustare dentro i passaggi che la quotidianità ci riserva.
La morte è buia. Ci viene consegnato questa sera il passaggio della luce e alla luce. “La luce del re eterno ha vinto le tenebre del mondo” abbiamo sentito cantare.
E poi ci viene consegnato il dono dell’acqua. Siamo preoccupati per le nostre siccità. Nel mondo ce ne sono di molto più radicale, prolungate, tragiche. L’acqua è vita. Noi riceveremo l’acqua della vita nuova, un’acqua nuova per una vita nuova.
Una vita che non si può comprare, fratelli e sorelle. Conquisteremo tanto, i progressi della medicina allungheranno gli anni, le condizioni migliori daranno continuamente livelli di benessere, ma la vita non si può comprare. E nemmeno si può conquistare: conquisteremo l’universo magari, ma la vita nuova può essere solamente donata e accolta.
Noi siamo qui perché crediamo nel dono di Dio. Siamo qui con un briciolo di fede perché crediamo nel dono di Dio. E la vita nuova nasce dal dono e dall’accoglienza, non si può né comprare, né vendere, né conquistare, né possedere. Noi stessi possiamo allora comunicare vita nuova ogni volta che ci facciamo dono.
Care sorelle e fratelli, buona Pasqua!
(trascrizione da registrazione)