Desidero rinnovare il mio saluto ai Vescovi che stanno concelebrando non dimenticando i Vescovi originari della nostra diocesi che non sono qui.
Saluto tutti voi, sacerdoti e religiosi, diaconi permanenti, seminaristi.
Vogliamo ringraziare il Signore per il dono di nove nuovi sacerdoti che ora sono ancora tra noi come diaconi. Preghiamo il Signore per le vocazioni e per il nostro Seminario e sosteniamo le iniziative vocazionali che ci siamo proposti.
Ricordiamo affettuosamente i nostri confratelli malati, gli anziani impediti, coloro che soffrono, che avvertono il peso della stanchezza, che sono oscurati dal risentimento. Preghiamo con particolare intensità per coloro che stanno ripensando la loro scelta sacerdotale.
Vogliamo rallegrarci e benedire il Signore per i nostri confratelli, vescovi e sacerdoti, che celebrano anniversari particolari, con affetto speciale per i più anziani.
Ricordiamo coloro che sono al servizio della Chiesa universale e italiana, al servizio di altre diocesi, nelle missioni italiane all’estero, i sacerdoti fidei donum in Bolivia, Cuba, Costa d’Avorio e in altri paesi del mondo.
Non possiamo non rallegrarci per l’ordinazione sacerdotale in Bolivia di Riccardo Giavarini, partito tanti anni fa come laico fidei donum e consacrato in questi giorni.
Non dimentichiamo coloro che non esercitano più il sacerdozio ministeriale e rimangono nostri fratelli non solo per il Battesimo ma anche per l’ordinazione sacerdotale.
Affidiamo alla bontà misericordiosa di Dio i nostri confratelli defunti, particolarmente quelli morti in quest’anno e insieme con loro anche tutti i nostri parenti più cari.
Stiamo concelebrando la Messa Crismale e tra poco compiremo il rito della benedizione degli olii, nella memoria della nostra unzione sacerdotale rinnovando insieme le promesse. Tra poco ripeteremo queste parole: “Rivolgiamo la nostra preghiera a Dio Padre onnipotente perché benedica e santifichi questo olio misto a profumo e coloro che ne riceveranno l’unzione siano interiormente consacrati e resi partecipi della missione di Cristo Redentore”.
Un’unzione che segna la vita di ogni battezzato, ma in modo particolare dei ministri ordinati. Alla luce di queste parole, alla luce delle parole del Vangelo e del profeta – “lo Spirito del Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” – vorrei soffermarmi qualche istante con voi su “la passione per la missione e il presbitero appassionato”.
La passione per la missione è un dono, un dono dello Spirito Santo che ci comunica la passione di Dio. Cari fratelli, se ci limitiamo a immaginare la “nostra” passione e a verificarla, siamo inevitabilmente esposti alla nostra fragilità. Ci sono i giorni pieni di passione e ci sono giorni in cui la passione sembra un ricordo che si allontana. La passione per la missione è innanzitutto un dono di Dio, perché non è la nostra passione. Tutti gli uomini e le donne di questo mondo hanno una passione, ma la nostra è la passione di Dio e quindi dobbiamo chiedere a lui di nutrire quotidianamente questa passione. Significa che prima di tutto penso a ciò che il Vangelo rappresenta per me, a ciò che il Vangelo è in me e nella mia vita, al punto da poter dire: il Vangelo è la mia vita, tutta la mia vita. Così potremo dire al mondo che il Vangelo è la vita nella persona di Gesù.
Cari fratelli, non stanchiamoci di lasciarci evangelizzare in ogni circostanza, da ogni perdona, riconoscendo con stupore la meraviglia del regno, la presenza del Crocifisso Risorto, l’azione dello Spirito Santo. Questo sguardo che riconosce ed è riconoscente nutrirà la nostra passione. E la nutrirà di Dio.
La nostra passione è sempre una com-passione. Noi ci uniamo alla passione di Dio che ci precederà sempre e che diventa la sorgente della nostra passione missionaria.
La passione per la missione non è solo creatività, ma è generatività. È diversa la creatività dalla generatività. La generatività è insieme novità e continuità. La generatività è soprattutto comunità. La passione per la missione è una passione ecclesiale, inevitabilmente ecclesiale. È generativa nella misura in cui è frutto della Chiesa, della nostra vita ecclesiale.
Come Chiesa possiamo avere tempi e spazi bene definiti, possiamo avere comunità, istituti, movimenti ben gestiti, ma senza lo Spirito tutto resta senza anima. L’organizzazione non basta: è lo Spirito che dà la vita. La Chiesa se non lo prega e non lo invoca si chiude in se stessa, in dibattiti sterili ed estenuanti, in polarizzazioni logoranti, mentre la fiamma della missione si spegne. Soltanto la comunione nello Spirito nella comunità ecclesiale ci rende generativi.
A volte rimango un po’ interdetto quando sento “questa non è la mia Chiesa!”. Ma quale altra Chiesa esiste? Questa è la nostra Chiesa. È una Chiesa fatta da noi, dal popolo di Dio, dalle persone consacrate. Noi, proprio perché condividiamo il dono dello Spirito la vogliamo sempre più capace di condividere la missione di Dio, ma è la nostra Chiesa.
La passione per la missione è trasparenza. Penso che le persone avvertano la nostra passione tanto più noi la lasciamo trasparire, tanto più noi siamo trasparenti. Non possiamo non ricordare le parole del Santo Papa Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi: “Il mondo ha bisogno di evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscono e che sia a loro familiare, perché l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.
Nel percorso verso la nostra ordinazione abbiamo sentito risuonare le parole che io adesso voglio riconsegnarvi: “Fratelli crediamo quello che annunciamo, viviamo quello che crediamo, annunciamo quello che viviamo!”. Coltiviamo il gusto della testimonianza! Scegliamo di essere credenti, vogliamo essere credibili e speriamo di essere creduti!
La passione per la missione è sofferenza. Lo dice la parola “passione”. La missione appassionata è connotata dalla disponibilità a soffrire, addirittura a dare la vita. Proprio per questo ne garantisce la credibilità. Il cuore del pastore è un cuore trafitto. Trafitto dall’indifferenza, dall’incomprensione, dal disprezzo, dal tradimento e anche dal peccato. Il cuore del pastore più ama più soffre, testimoniando che la passione è più forte del dolore e della morte. Ciò che noi annunciamo e testimoniamo vale più della vita e proprio per questo chiede il dono della vita.
Infine, la passione per la missione è fuoco. Non il fuoco dell’aggressione, della selettività, dell’imposizione, della seduzione, o addirittura il fuoco della violenza. Il fuoco della passione è la carità. La fede e il nostro ministero diventino un fuoco in noi così da accendere il prossimo.
Questo è il modo della evangelizzazione: “accendat ardor proximus”, dice l’inno di terza. Che la verità diventi in me carità e la carità accenda in me come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la fiamma della carità cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo che non è più solo parola ma realtà vissuta.
Cari confratelli, e tutti voi sorelle e fratelli che siete qui con noi, il mio pellegrinaggio pastorale non mi porta solo nelle vostre case e nelle vostre chiese, ma mi porta ad avvicinarmi al vostro cuore. Ogni volta che questo avviene provo la meraviglia di riconoscere questa passione che assume tratti e volti diversi ma è sempre testimonianza del desiderio di accogliere il Vangelo, di vivere il Vangelo, di annunciare il Vangelo, di testimoniare il Vangelo. Grazie! È il dono più grande che ricevo da tutti voi.
(trascrizione da registrazione)