Epifania del Signore

Cattedrale
06-01-2020

La festa dell’Epifania del Signore è ricchissima di messaggi e di grazia, a cominciare dall’evento affascinante testimoniato dal Vangelo secondo Matteo: la visita dei Magi, giunti da Oriente per adorare il Re dei Giudei. La ragione e la guida del loro viaggio è una stella che li condurrà fino al “luogo dove si trovava il bambino”, esattamente a “Betlemme di Giudea”, come dichiarano i capi religiosi consultati da Erode: A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele“.

Dal tesoro di questi messaggi e della grazia che comunicano, vorrei trarre la perla preziosa del “ritorno al loro paese”. “Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Le interpretazioni di questo ritorno sono molte, ma quella che condivido con voi è la più semplice: il ritorno dei Magi ai loro paesi, come parabola o rappresentazione del nostro ritornare alla vita quotidiana dopo i giorni di festa: il “rientro”, a volte laborioso, dai luoghi di vacanza; il “ritorno a scuola” di milioni di studenti e la ridefinizione della vita delle loro famiglie e per non pochi la ripresa del lavoro.

Sono molteplici le vie di questo ritorno alla vita quotidiana, spesso contrassegnate da una forma di rassegnazione, che rasenta la depressione, e dall’attesa della prossima “vacanza”. In realtà, se questi sono stati soltanto giorni di “vacanza”, è inevitabile che il ritorno si identifichi con la ripresa di quelle occupazioni che ci impegnano, ci stancano, ci stressano, accompagnate dalla constatazione che la “vacanza” non è mai abbastanza.

Ma in questi giorni natalizi, i cristiani sono stati messi nella possibilità di osservare e meditare su due “ritorni” diversi da questo: quello dei pastori e quello dei magi. I pastori ritornano felici al loro gregge, lodando Dio per ciò che avevano visto, illuminati dalla Parola degli angeli.

I magi tornano alla loro casa “per un’altra via”: una via nuova, non più segnata dalla stella, ma dall’incontro con un Re, al di là di ogni loro aspettativa e ricerca. Essi tornano a casa con una stella nel cuore: la consapevolezza di una nuova regalità, che niente ha a che fare con quella di Erode e dei potenti della terra.

Hanno riconosciuto Gesù, nell’essenzialità del presepe, come il Re di un mondo nuovo, in cui la legge e la forza più grande e potente è quella dell’amore.

Il riconoscimento di Gesù come Re, segnato dall’offerta dei doni regali, implica la presa di distanza dall’esercizio di ogni altra forma di potere, che non sia riconducibile a quella dell’amore, resa credibile dalla rinuncia ad ogni altro mezzo umano. La scelta della povertà, nell’incarnazione del Figlio di Dio, assume anche questo significato. I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell’amore che solo può trasformare il mondo.

A fronte dello scatenarsi di ogni forma di potenza e prepotenza, a cui ancora una volta assistiamo anche in questi giorni, in un tempo in cui i piccoli, gli umiliati, gli sfruttati, i violentati, i disprezzati e i profeti o sono schiacciati o sono usati, in cui le forme di razzismo, di antisemitismo, di irrisione e di rifiuto dei “diversamente abili”, sembrano trovare più consenso di quelle della solidarietà, dell’aiuto, dell’accoglienza, della condivisione, appare ancora più paradossale l’annuncio del Natale, delle scelte di Dio e di quelle di uomini, come i Magi, che “per altra via”, non più quella di Erode, fecero ritorno ai loro paesi.

Ma è proprio nella capacità di sostenere questo paradosso, che si rivela la grazia del Natale. Se il ritorno alla vita quotidiana coincide semplicemente con la fine delle vacanza e delle feste, dovremo inevitabilmente consegnarci alla rassegnazione, al cinismo, alla legge del più forte, alla consumazione dello stress; se invece il ritorno alla vita quotidiana è l’esito del rinnovato incontro con il Re dell’amore, allora la speranza sarà alimentata dall’esercizio quotidiano e vario di questa virtù in ogni ambito della nostra vita. Saremo portatori della meraviglia di un Dio che si è fatto lui stesso “vita quotidiana”, “presenza tutta umana come quella di un bambino.

Chi ha celebrato il Natale della fede e della grazia, lascia i giorni della festa per i giorni feriali, con la certezza che il Gesù che ha celebrato nella luce e nei canti del Natale, lo ritrova nel gesto quotidiano, nell’incontro tra umani, nel volto del più povero, fragile, indebolito.

Allora la luce di Betlemme continuerà a brillare nella storia del mondo.