22-03-2016
Cari ragazzi, cari giovani,
vorrei porre alcune sottolineature ad alcune delle parole tra quelle che abbiamo ascoltato nelle testimonianze, soprattutto ai gesti che abbiamo compiuto e al cammino che abbiamo condiviso.
La prima parola è il grazie.
Ripeto il grazie che ho detto poco fa ai detenuti del carcere della nostra città che abbiamo visitato. Grazie perché ci hanno accolto nella loro casa, una casa particolare che ci ricorda che tutti abbiamo bisogno di misericordia, tutti abbiamo bisogno di riprendere in mano la nostra vita. Grazie per le testimonianze toccanti che ci hanno offerto.
Grazie a tutti voi, cari giovani. Dico grazie per aver avuto la possibilità di camminare insieme con voi nello stile che abbiamo condiviso: uno stile umile, uno stile che non ha voluto imporsi, ma nella notte ha acceso una luce per la nostra città.
Grazie a tutti voi, grazie ai sacerdoti, grazie a coloro che hanno preparato questo Giubileo dei giovani, grazie a don Emanuele e a tutti i suoi collaboratori.
Beati, beati, beati. Abbiamo sentito proprio da Gesù questa parola di felicità e particolarmente questa sera l’abbiamo sentita risuonare sotto il segno della misericordia: beati i misericordiosi perché troveranno misericordia.
Cari giovani, la misericordia è come noi stasera, anzi la misericordia siamo noi stasera: siamo noi con i nostri volti e i nostri cuori, siamo noi come un fiume impensato e incalcolabile.
La misericordia innanzitutto è impensata: nessuno si sogna la misericordia, soprattutto in questo mondo in cui sembra che la misericordia non solo sia impensata, ma sia anche impensabile. Un po’ come il numero sorprendente di tutti voi che questa sera vi siete uniti a questo cammino: un popolo di misericordia, un popolo di giovani misericordiosi. Sorprendente e incalcolabile. Questa è la misericordia e noi questa sera l’abbiamo rappresentata proprio fisicamente, in un modo che vi assicuro segnerà non solo il cuore delle persone che ci hanno visto, ma segnerà la nostra città.
Noi siamo entrati nel carcere: un luogo dove è difficilissimo entrare. Le persone che sono lì sperano tanto di uscire. Nessuno vorrebbe entrare in quel posto. Non solo, ma coloro che desiderano farlo o lo fanno per lavoro trovano mille difficoltà perché è un luogo chiuso, racchiuso, protetto e costretto. E noi siamo entrati in 2.000 e forse di più. Un popolo di misericordia perché la misericordia arriva dove nessun altro arriva, dove niente arriva, dove non si può pensare di arrivare. Questa è la misericordia. E noi stasera con umiltà e con la freschezza di voi giovani siamo arrivati dove sempre che nessuno possa arrivare.
In realtà arrivano persone non solo a lavorare, ma arrivano persone mosse dal loro cuore ma stasera noi le abbiamo volute rappresentare amplificando in maniera incredibile il loro numero, per dire che la misericordia raggiunge chi pensa di non poter essere raggiunto, supera ogni ostacolo e diventa qualcosa di incontenibile, proprio come noi qui in questa chiesa: alcuni di noi sono addirittura fuori perché non sono riusciti ad entrare. La misericordia è incontenibile.
Beati, beati, beati, beati i misericordiosi, beati coloro che hanno ricevuto misericordia, beati coloro che ce l’hanno offerta.
Papa Giovanni XXIII (nella enciclica “Pacem in terris”) ci ha insegnato che la pace si regge su quattro pilastri: occorre giustizia, occorre libertà, occorre verità. Carissimi giovani non dimentichiamo in questo momento tutte quelle persone che vedono mutilati questi pilastri della pace, che vivono la tragedia della violenza, della guerra, del terrore, della prevaricazione, dell’intolleranza, della persecuzione.
La giustizia, la libertà e la verità sono necessarie e sono il frutto a volte di conquiste che veramente richiedono tantissimo, a volte anche un sacrificio enorme. Ma questi tre pilastri non sono sufficienti a reggere la pace.
Provate a mettervi davanti delle immagini concrete: penso ai popoli schiacciati e devastati dalla guerra; penso ai bambini, agli uomini e alle donne in cammino in mezzo al fango in vista di una libertà; penso a tanti di noi: a chi è distrutto dentro, a chi è frammentato, penso a chi è malato.
Abbiamo bisogno di giustizia, abbiamo bisogno di libertà, abbiamo bisogno di verità, ma carissimi giovani – e sono sicuro che mi capite – abbiamo bisogno soprattutto di amore. L’amore è il quarto pilastro. Ogni uomo in qualsiasi angolo della terra, qualsiasi sia la sua condizione cerca e si batte per la giustizia, la libertà e la verità, ma soprattutto ha bisogno di amore. Se giustizia, libertà e verità si possono conquistare, amore si può soltanto donare e sperare di riceverlo.
La misericordia appartiene al regno dell’amore, di un amore difficile, di un amore che costa. In questo momento pensate alla persona che vi vuole più bene, a quella con la quale state bene, a quella che desiderate perché soltanto desiderandola già vi risuscita il cuore. È bellissimo l’amore e vederlo testimoniato tocca il cuore, ma viene il momento in cui l’amore costa. La misericordia è l’amore che costa, perché è l’amore che pone il nostro cuore vicino alle miserie e al di là delle miserie. Al di là delle ipocrisie.
Noi vogliamo star bene, vogliamo stare con chi sta bene, vorremmo che tutti stessero bene, ma al momento in cui ci avviciniamo alla miseria, qualsiasi miseria ci domanda una risposta, ci domanda energie, ci domanda tempo, ci domanda sacrificio. Ci domanda appunto amore.
La misericordia è un amore che costa. La misericordia è la verità dell’amore. Amore che si avvicina alla miseria. Noi siamo felici quando abbiamo degli amici, quando abbiamo persone che ci vogliono bene, ma a volte nella nostra piccola o grande miseria ci chiudiamo a bozzolo quasi pensando che sia impossibile che qualcuno ci possa raggiungere. La misericordia raggiunge – come noi stasera abbiamo raggiunto ciò che sembra irraggiungibile – anche il nostro cuore quando si trova in una condizione di povertà, di abbandono, di disgregazione.
Maddalena all’inizio di questa serata, al mercato, sul tema “giovani e lavoro” nel suo intervento parlava di mille esperienze, di una intraprendenza forte, ma si chiedeva anche come fare unità nella sua vita? Care ragazzi e cari ragazzi, l’unità è il frutto dell’amore. Non facciamo unità da soli, abbiamo bisogno di un altro per fare unità. Così unità la facciamo con lui e in noi.
Quello che vi sto dicendo, cari amici, è la storia di Gesù. Gesù non soltanto è l’amore che fa fiorire la vita, ma è l’amore che fa risorgere la vita lì dove sembra che la morte abbia imposto il suo potere. È il suo amore misericordioso. Quanti gesti d’amore compie Gesù nel Vangelo e così ci rivela il volto di Dio, ma il gesto più grande del suo amore è la croce: lì è la misericordia, cioè l’amore che è disposto a pagare il prezzo più alto per la miseria più grande, che non è semplicemente l’errore della debolezza umana ma è il male. La miseria e la misericordia. La misericordia è un amore che non si sottrae, che non sfugge alla sfida del male. Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia.
Carissimi giovani, vi lascio l’invito di continuare a camminare in questa settimana santa, l’invito di condividere la gioia e di essere misericordiosi. Ci diamo l’appuntamento con molti di voi a Cracovia per la GMG. Vorrei però che tutti portassimo nel cuore questa sera questa consapevolezza: Gesù, il Dio in cui io credo, è il Dio il cui amore mi può raggiungere anche nell’abisso più oscuro. Lasciamoci raggiungere dalla misericordia di Dio e non avremo paura di essere misericordiosi. Non ci basta essere tolleranti, non ci basta essere indulgenti, non ci basta essere efficienti, noi vogliamo essere misericordiosi vivendo fino in fondo la parola del Vangelo: “siate misericordiosi come è misericordioso Dio vostro padre”.
(trascrizione da registrazione)