04-06-2015
Siamo passati per le vie e tra le case della nostra città: ci sono familiari. Le abitiamo ogni giorno e ogni notte. Siamo passati in un modo speciale: portando e accompagnando il Pane eucaristico, sacramento del Corpo e Sangue di Cristo.
Che cosa rappresenta questo passaggio nel cuore della città? Un tempo era la proclamazione della fede nella Presenza reale di Cristo nel Pane eucaristico; poi l’affermazione della fede cristiana come connotazione fondamentale della vita pubblica; ultimamente la testimonianza credente in una città secolarizzata. Oggi mi sembra soprattutto un’esperienza di conversione: si tratta di riconoscere e attuare un modo di abitare la città e passare per le sue strade alla luce e con l’energia di quel Pane che abbiamo portato in processione.
Nel suo messaggio in occasione dell’apertura di Expo 2015, il Santo Padre, parafrasando il tema della manifestazione, ha indicato nell’amore, la vera energia di cui il pianeta e soprattutto gli uomini hanno bisogno.
Siamo passati in città con Gesù, per passare ogni giorno come Gesù, il quale “passò beneficando e risanando tutti “; imparando la sua lezione, quella del buon samaritano che a differenza del sacerdote e del servitore del tempio, non passò oltre, ma vide e ne ebbe compassione, compiendo i gesti del concreto amore, dell’umana solidarietà.
Interroghiamoci dunque come passiamo per le vie della città e della vita: con quale sguardo, con quale cuore, con quali gesti? Esiste un modo eucaristico di abitare la città e passare per le sue vie?
La risposta dev’essere necessariamente positiva, altrimenti la partecipazione a questa solenne processione perderebbe gran parte del suo significato.
La risposta ci raggiunge a livello personale. L’Eucaristia suscita e alimenta in noi un desiderio e un impulso a fare della nostra esistenza una scelta d’amore. “L’Eucaristia è un antidoto radicale all’egoismo personale. Cerco il mio bene: è giusto e doveroso; ma, nello stesso tempo, se abito in Cristo, sono chiamato a cercare il bene degli altri; non posso pensare al mio bene senza valutare l’impatto che la ricerca del mio interesse potrà avere sull’interesse e sui bisogni degli altri”.
La risposta ci raggiunge a livello comunitario. “Nell’Eucaristia troviamo uno stimolo a superare l’egoismo di gruppo”: la giustificazione cioè di tutti i comportamenti che servono al bene del gruppo cui apparteniamo e tende a demonizzare, disprezzare ed escludere coloro che non vi appartengono. L’egoismo di gruppo si manifesta in una deformazione programmatica dei giudizi per cui il criterio decisivo non è più quello del bene e del male ma quello del successo, nella convinzione che solo il successo del mio gruppo garantisce il bene della società intera”.
Abbiamo camminato per le strade della città per ricordare a noi e a tutti che la nostra vita sociale ha bisogno di generosità, di servizio e di dono gratuito. Abbiamo ricevuto da chi ci ha voluto bene, in modo gratuito e generoso. Non pensiamo ad una semplice restituzione, ma ad una riconoscenza che diventi coscienza e responsabilità: sentiamo il dovere e la gioia di potere a nostra volta contribuire al bene di qualcun altro con il nostro lavoro, le parole, i sentimenti, il servizio. Rendere grazie, gesto eucaristico e virtù umana, non è semplicemente ringraziare, ma apprezzare il dono ricevuto e disporci a nostra volta ad offrirlo.
E’ ciò che in modo particolare quest’anno vogliamo riconoscere in tutte le persone che hanno consacrato la vita a Dio e al Vangelo, facendo della loro esistenza un dono d’amore per ogni persona umana. Questo è il senso della nostra processione eucaristica, della vita cristiana e della presenza della Chiesa nella città: “una comunità che vive, nel mondo, con la ricchezza del Vangelo e la forza dello Spirito Santo e che, da questa ricchezza, ricava la forza per testimoniare la gioia di un’esistenza liberata dall’egoismo, dalla disonestà, dall’avidità, dalla vanità, dalla ricerca ansiosa del successo”. Questo chiediamo al Signore ricevendo la sua Benedizione.