Giovedì Santo – Messa nella Cena del Signore

02-04-2015
Cari fratelli e sorelle,
sempre il Signore ci parla in modo particolarmente efficace nella celebrazione dell’Eucaristia. Quella che viene intuita come prima parte di questa celebrazione è già appunto Eucaristia, è già presenza del Signore in mezzo a noi che nella Parola del Vangelo e della Sacra Scrittura sta rivolgendosi ai suoi discepoli. Bisogna ammettere che questa sera la parola che abbiamo ascoltato risuona in modo speciale nelle nostre coscienze perché è il Signore stesso che diventa il maestro di quel gesto che ci ha affidato, che noi chiamiamo Eucaristia, che celebriamo ogni giorno segnando così la storia del mondo.
 
Sono tre pagine meravigliose. La prima, quella dell’Esodo, che ci dice della Pasqua del popolo di Dio, la pasqua di liberazione. La pasqua viene nella pagina scandita attraverso una ricchezza di aspetti – che questa sera non richiameremo tutti -, al cui centro c’è quella liberazione storica che dà inizio al grande cammino dell’Esodo verso la terra promessa, evocativo del cammino dell’umanità verso questa terra. Questa Pasqua è segnata dal sangue dell’agnello: prenderete un agnello e con il suo sangue segnerete le porte; passerà l’angelo del Signore e coloro che saranno segnati dal sangue dell’agnello saranno salvi. E poi mangerete: mangerete la cena della Pasqua, nel cui cuore sta l’agnello e questo sarà per voi un memoriale. Lo ripeterete cioè non solo per ricordare, ma nel momento in cui ripeterete questo gesto di anno in anno, di generazione in generazione, il dono della liberazione di Dio continuerà a raggiungere le vostre esistenze.
 
Abbiamo poi udito l’Apostolo Paolo. Scrive ad una comunità cristiana e lo fa in maniera accorata, d’altra parte però sta dicendo a quella comunità – cui ricorda la grande tradizione della cena del Signore, di cui proprio in questa pagina noi abbiamo la consegna: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue – che non basta custodire la grande tradizione, ma bisogna esserne fedeli. Denuncia così l’infedeltà di quella comunità che celebra l’Eucaristia, ma non è fedele all’Eucaristia che celebra. Il rimprovero dell’Apostolo è un rimprovero d’amore: l’Apostolo ama questa comunità e vuole che riprenda la consapevolezza del dono di Dio e delle esigenze che scaturiscono da questo dono.
 
Finalmente siamo arrivati alla pagina del Vangelo. È Giovanni che dopo ormai decenni dalla morte e risurrezione di Gesù, guarda alla cena pasquale, alla cena del Signore, all’esperienza che ormai la comunità cristiana ne ha fatto con una profondità che gli è permessa dal dono dello Spirito, dalla sua personale esperienza e anche dalla vita della Chiesa. Attraverso il segno della lavanda dei piedi ci introduce ad una comprensione profonda del gesto di Gesù, del suo amore che diventa umile servizio: “vi ho dato l’esempio perché facciate come ho fatto a voi”.
 
Alla luce di queste tre pagine mi sembra che in questo momento proprio per ringraziare il Signore del grande dono dell’Eucaristia siamo chiamati ad un esame di coscienza.
 
La pagina dell’Esodo, che verrà commentata pure dall’Apostolo Paolo, ci dice dell’esigenza della fede. I riti – anche quelli della settimana santa – sono stupendi, le nostre liturgie amiamo tutti che siano curate, espressive e comprensive, desideriamo anche che siano calde e che scaldino il cuore. Sorelle e fratelli, i gesti del Signore vengono affidati alla nostra fede e senza fede tutto diventa freddo. Oserei dire, anche se è un po’ una forzatura, tutto diventa inutile, non per il dono di Dio, ma per la nostra indifferenza, per la nostra resistenza. Il dono di Dio non è mai inutile, ma lo può essere a causa nostra, non a partire dai nostri peccati ma a partire dalla nostra poca fede. Questo è il primo peccato.
 
Care sorelle e fratelli, se una persona si affaccia alla nostra chiesa stasera deve sentire la nostra fede, non solo le nostre voci e i nostri canti, non deve vedere solo i gesti che poniamo ma avvertire la nostra fede. Questo non solo in una celebrazione così intensa come quella di questa sera, ma in ogni celebrazione dell’Eucaristia. Mangiarono e bevvero della Pasqua del Signore – dirà l’Apostolo Paolo – ma non entrarono nella terra del Signore per la loro mancanza di fede.
 
Un secondo aspetto dell’esame di coscienza che vorrei condividere con voi a partire dall’esame che devo farmi io, è rappresentato dalla denuncia di quella infedeltà che Paolo rivolge alla comunità di Corinto. Noi compiamo i gesti della cena del Signore – questo è il mio corpo, questo è il mio sangue -, ma il modo stesso con il quale li compite è un tradimento della cena del Signore. Perché? Perché disprezzate i poveri. Concretamente nell’assemblea che si riuniva succedeva che coloro che potevano permetterselo per la loro condizione sociale o disponibilità di beni godevano di tutta una serie di possibilità, addirittura si trovano a prescindere dai poveri. Tagliavano fuori i poveri. Come può essere la cena del Signore quella che voi celebrate sancendo il disprezzo del povero?
 
Care sorelle e cari fratelli, qui non è questione di buoni sentimenti per cui bisogna aiutarci, bisogna voler bene, bisogna aiutare il povero soprattutto se è buono, pulito, gentile ed educato. Qui veramente è in questione la verità di ciò che noi crediamo e che celebriamo, di ciò per cui siamo qui stasera. Il disprezzo del povero, l’umiliazione del povero è veramente negazione di quell’Eucaristia alla quale in tanti partecipano senza rendersi conto di queste implicazioni che appellano la nostra coscienza e la nostra vita in tutte le sue dimensioni (familiari, relazionali, comunitarie e sociali).
 
C’è poi un terso aspetto dell’esame di coscienza che ci viene dato dalla parola del Vangelo, quando Gesù rappresenta questo dono d’amore attraverso il gesto del servizio umile. Dobbiamo dire la bellezza e la ricchezza della generosità in termini di servizio che anche nella nostra comunità, nella nostra città, nella nostra convivenza civile si manifesta. Quanta ricchezza rappresentata anche dall’infinità del mondo del volontariato che veramente arricchisce la nostra terra. Non può però essere semplicemente esibita con orgoglio. D’altra parte Gesù ci sta dicendo che il servizio non può essere limitato ad un gesto, ad un momento, ad un’appartenenza, ad una finalità limitata per cui in quel momento sono pronto anche a dare la vita, ma fuori da quell’ambito i criteri sono quelli del mondo. No. La verità dell’Eucaristia implica un servizio a tutto tondo, uno stile che è quello del servizio che comincia dalla relazione coniugale, fino a aprirsi a quella familiare e poi via via a quella comunitaria e a quella sociale. Uno stile di servizio. “Vi ho dato l’esempio perché facciate come ho fatto io”.
 
Care sorelle e fratelli, questa sera il gesto simbolico della lavanda dei piedi vedrà coinvolti donne e uomini consacrati al Signore. Mentre dico un grande grazie che diventa Eucaristia a voi, al vostro servizio, alla vostra testimonianza in questo Anno della Vita Consacrata, dico anche che attraverso questo gesto vorrei far avvertire a tutte le persone consacrate che il Vescovo e la nostra Chiesa diocesana vuole valorizzare la testimonianza che scaturisce dai vostri singoli carismi e dalle vostre storie perché sono una ricchezza per la nostra Chiesa. Desidero tanto che le singole comunità parrocchiali e i sacerdoti siano sempre più consapevoli di questo dono.
 
Nello stesso tempo, mentre laverò i vostri piedi, vi chiedo di offrirci la testimonianza della vostra vita fraterna, tanto difficile anche per voi in un tempo in cui la malattia dell’individualismo sembra contagiarci tutti. Una vita fraterna nel segno del servizio reciproco.
 
Finalmente insieme, mentre compiremo questo gesto, vogliamo ricordare davanti al Signore come la consacrazione eucaristica, quella che ci vede così concentrati nel momento cuore dell’Eucaristia, deve diventare consacrazione esistenziale, quella che appunto le persone consacrate rappresentano con la loro vita nella Chiesa e nella Chiesa per il mondo.
 
Così continuiamo compiendo i gesti del Signore, raccogliendo la bellezza del dono che lui ci ha fatto e avvertendo come da questa fede e da questa consapevolezza rinnovata ne scaturisce un rinnovamento della nostra vita cristiana.
 
(trascrizione da registrazione)