Ordinazioni Sacerdotali – Cattedrale

31-05-2014
Care sorelle e cari fratelli,
siamo qui a condividere nella fede l’inizio di una bella avventura, della più bella avventura. La vita può essere rappresentata proprio così, ma a volte l’immagine dell’avventura può evocare semplicemente qualcosa di imprevisto, di affascinante, ma nello stesso tempo di assolutamente imprevedibile, indefinibile, di qualche cosa che viene lasciato più al destino che alla responsabilità dell’uomo. Qui siamo di fronte ad una avventura speciale di cui ogni esperienza d’amore sulla faccia della terra è un segno di particolare efficacia: perché, appunto, stiamo parlando dell’avventura dell’amore, dell’avventura dell’amore di Dio, dell’avventura dell’amore di Dio che si manifesta nella vita di questi giovani e che loro sono chiamati a manifestare presso la vita di uomini e donne che il Signore affiderà alle loro mani, ai loro cuori, al loro ingegno.
 
E’ l’inizio della più bella avventura che è la missione stessa del Vangelo. In questi giorni loro si sono preparati in un modo specialissimo, ma sono anni che si dispongono a questa avventura e potrebbero dire tanto: dire tanto di questa avventura, dire tanto della missione del Vangelo, dire tanto della missione del prete proprio perché si sono preparati a questo. Ma io vorrei che in questo momento noi tutti avvertissimo il fascino di questa avventura. Qui ci sono tanti sposi, ci sono persone consacrate, ci sono giovani che stanno individuando la vocazione che il Signore ha loro affidato.
 
Quella del sacerdozio è una avventura veramente speciale perché ci unisce a Cristo in un modo che tutti attendiamo, cioè il rappresentarlo con una particolare intensità. Cristo è rappresentato nell’amore coniugale, Cristo è rappresentato nella consacrazione verginale, Cristo è rappresentato in ogni donazione, Cristo è rappresentato nel povero che ci accosta. Ma qui c’è una rappresentazione di Cristo che assume una intensità che la comunità cristiana ha sempre accolto come unica, non solo perché la teologia e ancor prima la fede ce lo insegnano, ma proprio perché la comunità cristiana ha avvertito come un tesoro prezioso il dono del sacerdozio che scaturisce dalle stesse mani di Cristo. Quelle mani che affidano agli Apostoli la prima missione e con loro per sempre affidano la missione del Vangelo: “Andate, fate mie discepoli, battezzate, insegnate”. Sono le parole che abbiamo appena sentito da Gesù: “Sarete miei testimoni fino ai confini della terra, riceverete forza dallo Spirito”.
 
Ecco la più bella avventura: la missione di Gesù!
 
Questa “rappresentazione” che avviene in maniera unica non pensate, cari miei, che sia una specie di “interpretazione” di un copione, di una parte. Qui veramente per dono di Dio, per dono del suo Spirito, questi giovani vengono uniti a Gesù con la loro umanità per renderlo presente in mezzo a noi. Così che la loro parola sia la sua parola, i loro gesti siano i suoi gesti, la loro vita sia la sua vita.
 
Come può essere? Sono giovani. Sono pieni di entusiasmo, si sono preparati per questo.
 
Carissimi, la scuola non è finita e l’esperienza non basta mai. E’ necessario che continuamente coltiviate quella relazione personale con il Signore Risorto, perché avvenga questa rappresentazione di Cristo e perché voi lo sentiate vivo nel vostro cuore e le persone lo avvertano quando vi accostano e vi accosteranno. Questa relazione col Risorto è dimensione di ogni cristiano, ma è necessità ineludibile di coloro che il Signore manda per fare dei discepoli. Non si può far discepoli se non si rimane discepoli. E non si rimane discepoli semplicemente “imparando” da Gesù, ma “stando” con Gesù, legati esistenzialmente a lui, ogni giorno. Nei giorni in cui tutto questo è semplice, è spontaneo e nei giorni in cui questo sarà più faticoso.
 
Lo sappiamo tutti: fare il prete non è un mestiere. Nel momento in cui diciamo “non è un mestiere”, non possiamo nemmeno dire semplicemente che è un’arte, che è uno slancio gratuito dell’animo. Fare il prete è il frutto di questa chiamata, di questa grazia, di questa relazione che ogni giorno che ogni giorno noi rinnoviamo con lui.
 
Certo l’ordinazione ti segna una volta per sempre, ma è una sorgente alla quale attingere ogni giorno.
 
Farete discepoli. Farete discepoli, ve lo assicuro, non abbiate paura. A volte sembra che gli sforzi non bastino, ma farete discepoli. E ne farete più di quelli che vedrete, ma rimanete discepoli. State con il Signore, ogni giorno. Ogni giorno.
 
Una relazione personale vuol dire non una relazione fatta di ricordi, una relazione scontata (“io sono del Signore, io sono un prete”), ma una relazione fatta veramente di un rapporto con lui, come lo si ha con le persone che ci sono care, con le persone che sono importanti della nostra vita, con la persona che è la più importante della nostra vita. Qualcuno potrebbe sorridere, ma io chiedo scusa non c’è da sorridere: o qui si è veramente innamorati di Gesù Cristo, o se no il nostro essere preti non riesce più a conquistare i giovani. Innamorati di Cristo di che si è innamorato di noi: è un amore che è capace di trasformare il mondo secondo il Vangelo. E’ l’amore di Cristo.
 
Tutto questo non può avvenire se non riceverete forza dallo Spirito in questo momento e sempre. Ricevere forza dallo Spirito significa attendere lo Spirito: non è che sia una formula, non è un meccanismo. Lo Spirito è un dono anche in questo momento dove il segno del sacramento non è certamente qualcosa di magico: è sempre un dono. Noi lo attendiamo, lo desideriamo, lo preghiamo.
 
La forza dello Spirito è la capacità di essere umili. Non quell’umiltà che può diventare l’alibi di una pigrizia, l’alibi di un defilarci rispetto all’assumere responsabilità. No. L’umiltà è di chi ha bisogno essenzialmente dello Spirito, di chi delle sue doti anche migliori ne fa un dono gioioso che però viene affidato a questa forza, dono che diventerà fecondo grazie a questa forza. Ogni presunzione è ridicola nel nostro ministero. Ogni presunzione non porterà mai nessun frutto di Vangelo.
 
E’ legittima la stima di sé, la consapevolezza di sé, la voglia di dare il meglio di sé, ma avrete forza dallo Spirito Santo, sia per quanto riguarda i vostri punti migliori, sia per quanto riguarda le vostre debolezze.
 
“Avrete forza dallo Spirito”. Queste parole di Gesù ai suoi, le vorrei evocare in modo particolare ricordando la figura di San Giovanni XXIII. Non dobbiamo dimenticare quello che Papa Francesco ci ha detto di lui, lasciandocelo come una icona: “Papa Giovanni è l’uomo che ricorderemo come docile allo Spirito Santo”. Questo mette in evidenza un aspetto che è caratteristico della storia di tutto il presbiterio bergamasco: un radicamento nella storia, radicamento sul nostro territorio, radicamento in mezzo alla comunità.
 
Cari fratelli a volte potete rilevare le nostre debolezze, ma io penso che tutti possiate riconoscere questo radicamento. Papa Giovanni è stato radicato nella tradizione ma capace di un cuore aperto alle intuizioni spirituali più grandi. Questo è essere docili allo Spirito. Avrete forza dallo Spirito Santo.
 
“E mi sarete testimoni”. Testimoni cosa vuol dire? Vuol dire un insieme. Testimoni evoca una vita, ma evoca anche parole e segni. Evoca parole, vita e segni: il testimone mescola tutto, soprattutto quel testimone particolare che è il sacerdote di Cristo. La Parola di Cristo, i segni di Cristo – questi segni che ancora le persone attendono da noi – e certamente anche la vita di Cristo.
 
Per tutti, “sino ai confini della terra”, senza distinzione, senza discriminazione, senza esclusione, avendo l’anelito di raggiungere i confini della terra che non sono solo i confini geografici, ma i confini dell’esistenza, quando appunto a volte uno si sente ai margini della vita, dimenticato dagli uomini e qualche volta gli sembra anche dimenticato da Dio.
 
Le ultime parole che abbiamo udito sono queste: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Gesù lo dice a tutti, cari fratelli e sorelle, ma lo dice in modo particolare a voi: questa missione è la missione di Cristo. Non è la vostra missione, è la missione di Cristo: “io sono con voi”. Da oggi in un modo speciale rivolgerete questo saluto all’assemblea convocata: “il Signore sia con voi”. Questo saluto ce lo scambiamo in una maniera che è diventata così ovvia e scontata. Pensate, il Signore dice “io sono con voi tutti i giorni” e il prete dice a tutti i cristiani “il Signore sia con voi”. Attraverso la parola, attraverso la vita, attraverso i gesti del prete il Signore veramente si fa vicino ad ogni esistenza, ad ogni persona, ad ogni vita, ad ogni comunità.
 
Cari fratelli e sorelle, che veramente la gioia ci accompagni in questo momento insieme alla gratitudine, insieme anche alla grande preghiera per questi giovani perché veramente il dono di Dio li abiti interamente e per tutta la vita. 
 
(trascrizione da registrazione)