05-08-2013
La pagina dell’Antico Testamento ci conduce sulle strade dell’Esodo e ci fa ascoltare il lamento e la protesta del popolo di Israele per mancanza di cibo. Dio ascolta, raccoglie il grido del suo popolo e risponde con il dono della manna.
Nel Vangelo, il prodigio della moltiplicazione dei pani rivela che Gesù ha uno sguardo misericordioso. E’ attento ai bisogni dell’uomo. Vede con il cuore e interviene. La gente lo avverte e ne è stupita. Con parole e gesti, Gesù insegna in modo persuasivo e istruisce chi lo ascolta a riconoscere in lui il Messia, il figlio di Dio inviato nel mondo per liberarci dalle tenebre del peccato e guarire le nostre ferite e tutto ciò che è nocivo per l’uomo, riversando nei cuori l’amore di Dio, il cibo che nutre per la vita di pienezza e di gioia.
L’icona di Gesù maestro che imparte il proprio insegnamento con assiduità, giorno dopo giorno, e spalanca le finestre sul mondo di Dio brilla in modo esemplare nel ministero episcopale di mons. Giuseppe Piazzi, che ricordiamo oggi nel cinquantesimo della morte, avvenuta improvvisamente, a soli 56 anni, mentre si trovava a Engelberg, in Svizzera, presso l’abbazia benedettina, per un tempo di riposo.
Il suo episcopato a Bergamo fu breve, ma pastoralmente incisivo.
Da umile e generoso lavoratore della vigna del Signore, proseguì il lavoro pastorale avviato da mons. Adriano Bernareggi. Il suo ministero fu caratterizzato da grande saggezza, espressa con chiaro intento già nella scelta del motto episcopale: quasi platanus iuxta acquas in plateis, un passo che elogia la sapienza che, nel contesto agricolo del nostro territorio, si accompagna alla concretezza e alla operosità nel far fruttificare il campo di Dio.
Nella memoria della nostra diocesi la figura di mons. Piazzi è associata alle sofferte vicende della ricostruzione del Seminario, sul Colle San Giovanni, all’impegno per la formazione del clero e alla pastorale vocazionale. Furono iniziative che suscitarono interesse e passione nelle parrocchie e crearono tensioni e dibattiti nella comunità civile. Ed è anche ricordato per un ritmo di lavoro di grandissima intensità. Agli amici che lo invitavano a misurare il proprio lavoro e a risparmiarsi, era solito rispondere di essere venuto a Bergamo non per villeggiare, ma per donarsi interamente per il suo popolo.
La catechesi, una priorità del ministero episcopale di mons. Piazzi
In questo cinquantesimo anniversario della morte, mi voglio soffermare sulla catechesi che, insieme alla liturgia, fu tra le priorità del suo ministero episcopale.
Mons. Piazzi è stato un vescovo venuto dalla parrocchia, dalla cattedra della dottrina cristiana, dal catechismo dei bambini, da una paternità quotidiana fatta di parole semplici, di un linguaggio chiaro, di buoni consigli, di parole di conforto e di incoraggiamento. Non impiegò molto a rendersi conto che occorreva una rinnovata e corale attenzione alla catechesi.
Le arcata di ponte per il rilancio della catechesi furono l’insegnamento di san Carlo e di San Gregorio Barbarigo e gli orientamenti di papa Giovanni XXIII.
Da San Carlo gli venne la convinzione della necessità della catechesi:
Vorrei avere il cuore di San Carlo… per gridare come lui: Dottrina, Dottrina, Dottrina cristiana. Ovunque egli passava, fondava la Compagnia della Dottrina Cristiana (LVD 1961, pag. 51).
A San Gregorio Barbarigo, che fu il suo modello di Vescovo, chiese l’aiuto di imitare il suo fervido fecondissimo lavoro pastorale.
Vorrei avere la santità apostolica del nostro grande vescovo San Gregorio Barbarigo, che portò in tutta la diocesi un soffio nuovo di azione catechistica e di amore alla cristiana verità (LDV 1961, pag. 51).
Da Papa Giovanni XXIII raccolse l’invito al rinnovamento per una catechesi robusta, splendente fascinatrice, così che potesse penetrare nelle anime e nella vita e illuminare le risorse dell’intelletto umano in tutte le sue manifestazioni.
Queste arcate di ponte non furono per mons. Pizzi un puro riferimento storico o di circostanza. Convinto com’era che senza la catechesi il popolo manca di ossigeno, mons. Piazzi riorganizzò l’ufficio catechistico e quello degli oratori e diede vita al Magistero catechistico e all’Istituto teologico per religiose.
Ai concorsi Veritas e alla cerimonia di consegna del diploma per l’abilitazione all’insegnamento della religione, era solito raccomandare ai catechisti di essere uniti come tralci nell’albero di Gesù maestro, perché senza di lui non possiamo fare nulla.
All’Azione Cattolica diede affidò la consegna di mettere al centro l’istruzione religiosa per una conoscenza più profonda e completa delle verità della fede.
Cari fratelli e sorelle
Nella lettera pastorale Fides ex auditu, mons. Piazzi presentò lo spirito e le caratteristiche della catechesi. Da questa lettera raccolgo tre indicazioni: sull’oggetto della catechesi, il metodo e la catechesi degli adulti.
La catechesi, mistero di Dio
Mons. Piazzi presenta la dottrina cristiana come il mistero di Dio stesso.
La dottrina cristiana non è soltanto un insieme di verità; è soprattutto una persona. Noi abbiamo fatto del messaggio cristiano una cosa, mentre è una persona, Gesù cristo, la pienezza della parola di Dio. L’oggetto vero perciò della dottrina cristiana è un soggetto, una persona, Dio stesso (LVD 1961, pag. 61).
La catechesi, per il vescovo Piazzi, è un mistero di vita, è storia di salvezza è una chiamata di grazia che supera ogni sistema dottrinario. Il suo scopo è condurci a Cristo… farci vivere in Lui… Gesù non dice soltanto credete a Me, dice sopratutto credete in Me: chi crede in Me avrà la vita eterna (LVD 1961, pag. 62).
In questa prospettiva la catechesi è contemplazione e amore, parola viva che mette in comunione con Gesù.
Ispirazione catecumenale della Catechesi
Per rendere concreta in ogni persona l’accoglienza di Dio che chiama e vivere uniti a Lui, mons. Piazzi indica la pedagogia del catecumenato.
E’ necessario che l’uomo che crede alla Parola, cammini nella Chiesa, viva nella Chiesa.
La catechesi, quando è vera, conduce alla celebrazione, alla conversione, alla testimonianza di carità, alla condivisione della fede e ad essere lievito di vangelo nelle realtà terrestri.
In queste dimensioni, mons. Piazzi indicò le vie maestre per diventare cristiani. Le vide e le considerò non come tappe da vivere in successione, ma come dimensioni della Chiesa per condurre le persone a una progressiva consapevolezza della fede.
Non trascurò l’attenzione per la competenza didattica e pedagogica
La catechesi è un ministero educativo che deve adoperare quanto è necessario per la formazione di uno spirito. Quindi la catechesi non deve trascurare i mezzi pedagogici, perché lo Spirito Santo non è si è incaricato di supplire a tutti i nostri sbagli. Si impone al catechista uno studio serio non solo delle verità da trasmettere, ma anche dei modi e dei mezzi onde trasmetterle con efficacia (LVD, 1961, pag.63).
Mons. Piazzi era pienamente consapevole che il futuro della catechesi doveva avvalersi del contributo positivo dei nuovi mezzi didattici, senza però dimenticare che la catechesi è debole quando manca la testimonianza forte e viva degli adulti. Il tecnicismo non può sostituire il clima di religiosità e d’interiorità che sono la grazia può dare.
La catechesi degli adulti
Il vescovo riservò particolare attenzione alla catechesi degli adulti. Era il settore che aveva destato in lui le maggiori preoccupazioni. Era l’inizio di quel fenomeno divenuto, nei decenni successivi, generalizzato e oggi comunemente fotografato con l’immagine del banco vuoto per indicare il costante allontanamento dalla Chiesa e dalle sue direttive.
Riprese l’esortazione dell’apostolo Paolo: Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina… per esortare il clero a sentire sempre vivamente la necessità della catechesi agli adulti, perché le anime hanno bisogno di luce e le tenebre sono tante.
Cari fratelli e sorelle
abbiamo ripreso, in questo cinquantesimo anniversario della morte di mons. Piazzi, la sua parola che, a distanza di tanti anni, risuona ancor più incisiva di un tempo.
Oggi la nostra Chiesa è alle prese con una sfida inedita.
La memoria cristiana con le sue numerose manifestazioni non è venuta meno nella nostra diocesi, ma non manca indifferenza e qualche volta resistenza alla proposta della fede.
L’esempio del vescovo Piazzi ci sia di incitamento ad aprire un cammino nuovo nella storia della nostra diocesi che deve imprimere una svolta missionaria alla catechesi. Ci aiutino San Carlo Borromeo e San Gregorio Barbarigo, apostoli del catechismo; ci aiuti papa Giovanni che sarà presto proclamato santo; ci aiutino i tanti buoni catechisti della nostra diocesi che vivono in Dio, ci aiuti il caro vescovo Giuseppe Piazzi, il cui corpo è deposto nella nostra Chiesa Cattedrale, e la cui testimonianza limpida di cristiano e di pastore vogliamo custodire e assecondare.