03-06-2013
Cari fratelli e sorelle, il Beato Papa Giovanni risplende. Splende nel nostro ricordo, splende nella coscienza della Chiesa e nella considerazione affettuosa del mondo.
Papa Giovanni il pastore buono, di quella bontà che è il frutto dell’amore per il Signore, così come abbiamo udito sulla bocca di Pietro: “Tu mi conosci, tu sai che ti voglio bene”. Quella bontà che ci è stata descritta con parole essenziali, delicate, luminose dall’Apostolo: una bontà capace di generare unità. Il bene prezioso della comunità è Cristo: un bene assolutamente caro alla coscienza di Papa Giovanni.
Permettete di rifarmi al recentissimo incontro avuto con Papa Benedetto proprio alla vigilia del suo ritiro, quando egli ricevette in “visita ad limina” i Vescovi di Lombardia. Presentandomi come Vescovo di Bergamo, ricordandogli Papa Giovanni, egli disse: “Quando morì io ero in Germania. Tutta la Germania si commosse alla morte di Papa Giovanni”. E concluse Papa Benedetto con un sorriso: “È stato una persona eccezionale”.
Questa “persona” la vorrei ricordare insieme con voi nel segno di tre motti.
Il primo motto è quello che si legge nel suo stemma: “OBOEDIENTIA ET PAX”.
Ha voluto mettere la sua vita e non solo il suo servizio ministeriale sotto questo motto: “oboedientia et pax”. L’una senza l’altra. Quella “oboedientia et pax” che in lui si è manifestata come desiderio infinito di bene, così infinito da diventare capace di suscitarne negli altri. Un desiderio di bene che prendeva in lui la forma dell’obbedienza alla volontà di Dio, ricercata giorno dopo giorno, fin dalla sua infanzia, secondo l’educazione della sua famiglia, con quel senso della Provvidenza che appunto si trasformava in lui in obbedienza. Nello stesso tempo assecondava questa volontà attraverso la purezza di cuore. Ricordando Papa Giovanni noi possiamo considerare quella sua limpidezza, capace di lasciar trasparire la presenza di Dio in mezzo agli uomini, dando agli uomini la possibilità di coglierla nella purezza di cuore. Una purezza di cuore che diventava in lui giorno dopo giorno l’esercizio della retta intenzione in ogni incontro, in ogni decisione, in ogni prospettiva che lo investisse.
Il secondo motto in realtà è il titolo dell’enciclica ultima del suo Pontificato: “PACEM IN TERRIS”.
Ormai Papa Giovanni è circondato dall’affetto e dalla considerazione del mondo. Intorno alla sua persona sembrano rinascere speranze, in un tempo difficile che aveva sperimentato il rischio di una terza guerra mondiale. Il mondo avverte la possibilità della pace e il Papa sembra mettere il sigillo a questa possibilitàcon la sua lettera enciclica “Pacem in terris”. In quella lettera ci sta tutta la sua passione per la pace: per la pace nel mondo e quindi per la pace di tutti i popoli a qualsiasi religione, cultura, lingua appartengano. La passione per l’unità è in ultima analisi la passione per l’umanità.
Vi è un terzo motto che prendo dall’inizio del grande discorso che Papa Giovanni tiene in questa santaChiesa nel giorno in cui si apre il Concilio: “GAUDET MATER ECCLESIA”. Morirà Papa Giovanni dopo pochi mesi. Nei passaggi di questa meditazione ci consegna, quasi espansione del suo cuore, la gioia della Chiesa. Papa Giovanni ci ha testimoniato la gioia cristiana, la gioia che percorre la vita della Chiesa nel momento in cui è fedele fino in fondo al Vangelo del Signore: “La Madre Chiesa si rallegra perché per un dono speciale della Divina Provvidenza è ormai sorto il giorno tanto desiderato nel quale presso il sepolcro di San Pietro – auspice la divina Madre di Dio di cui si oggi si celebra con gioia la dignità materna – inizia solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Concilio che inizia sorge nella Chiesa come un giorno fulgente di luce splendidissima. È appena l’aurora”.
Cari fratelli e sorelle, ricordiamo la morte di Papa Giovanni, ma insieme con lui ricordiamo questo segno dello Spirito che è il Concilio. Un segno dello Spirito posto da lui ormai proprio nell’ultima parte della sua vita, come quei patriarchi chiamati dal Signore proprio nell’età avanzata a compiere imprese più grandi. Mentre ricordiamo Papa Giovanni e benediciamo il Signore, vogliamo riportare alla nostra coscienza di cristiani il dono che egli ci ha lasciato: il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Infine, la sua beatificazione nel 2000 – a cui non pochi di voi che siete qui hanno partecipato -. Grande gioia per la nostra diocesi, grande gioia per la Chiesa e per il mondo intero. Papa Giovanni Paolo II ricordava il testamento di Papa Giovanni che anche io desidero ricordare nelle sue parole semplici: “Ciò che vale nella vita è Gesù Cristo benedetto, la sua Santa Chiesa, il suo Vangelo, la verità e la bontà”.
Cari fratelli e sorelle, tra un istante proclameremo il credo e così vogliamo fondare sulla tomba di Pietro la nostra fede. È la fede che Papa Giovanni ha incarnato, ha comunicato, ha suscitato con la sua vita.
Permettetemi di concludere con le parole che il Cardinal Suenens gli dedicava il 28 ottobre 1963, su sollecitazione del successore di Papa Giovanni, Paolo VI: “La vita di Papa Giovanni è stata una grazia per il mondo. Non è facile far udire la voce della Chiesa al mondo contemporaneo. Troppe voci la soffocano, troppi parassiti agitano le acque che trasportano il messaggio. Malgrado i grossi ostacoli Giovanni XXIII è riuscito a farsi udire. La sua parola ha suscitato una risonanza. Gli uomini hanno riconosciuto la sua voce: una voce che parlava loro di Dio ma anche di fratellanza, di riaffermazione della giustizia sociale, di costruzione della pace a livello mondiale. Hanno udito un appello rivolto alla parte migliore del loro cuore. Hanno sollevato lo sguardo verso quest’uomo la cui bontà faceva intuire la presenza di Dio. Per questo è stato pianto come un padre circondato dai figli che invocano la sua benedizione. Lasciandoci egli ha lasciato le anime più vicine a Dio e una terra migliore da abitare per gli uomini”.
(trascrizione da registrazione)