Care sorelle e fratelli,
abbiamo ascoltato il Vangelo della passione e morte di Gesù. Una passione che vuol suscitare una compassione. Il sentimento della compassione è ambivalente.
È il sentimento di coloro che nella loro superiorità compatiscono altri che non stanno alla loro altezza. È una compassione che confina con il disprezzo e comunque alimenta un atteggiamento di umiliazione.
La compassione però ha anche un altro significato e lo possiamo comprendere immediatamente: è condividere un dolore, condividere una sofferenza.
Possiamo dire che la passione di Gesù, la stessa passione di Dio, prende i tratti di una autentica compassione per l’uomo: non quella altezzosa e sprezzante, ma quella di un Dio fatto uomo che condivide tutto e particolarmente quei lati oscuri, faticosi, sofferti, dolorosi che l’immagine della croce è così capace di raccogliere.
La croce diventa l’icona di ogni sofferenza umana. La croce non può essere una spada da brandire o una bandiera da sventolare, perché rivela la potenza misteriosa imparagonabile ad altre del crocifisso. Non è la croce che ci salva, ma il Crocifisso. È lui che ci interroga, che ci provoca e ci rivela un amore impensabile, un amore che diventa passione.
Passione non è soltanto dolore, passione è amore.
Quel dolore che la croce in maniera così intensa ci fa immaginare, in realtà diventa il segno supremo di un amore che è talmente sorprendente che non basterà la nostra vita per poterci credere, per poterci entrare. Ecco perché ogni anno ci ritroviamo e ascoltiamo in un clima raccolto il Vangelo della passione. Non è per entrare sempre più profondamente non tanto nel mistero del dolore – in questo ci sono persone che vi sono entrate fino in fondo – quanto in quello dell’amore che ci sorprende, che prende i tratti di una passione e non finiremo mai di esplorare.
La compassione non è soltanto condividere il dolore, ma è soprattutto condividere l’amore. Lo stesso amore che Cristo testimonia nella sua vita e che testimonia finalmente in maniera suprema nella sua morte.
Care sorelle e fratelli, soltanto una fede appassionate e appassionante oggi diventa credibile agli occhi di chi non crede, di chi fa fatica a credere, di coloro che sono più giovani di noi e vorrebbero vederci credibili. Lo saremo se la nostra fede non sarà solo zelante nell’osservanza, ma appassionata nell’amore.
Solo un amore compassionevole è capace di trasformare la società perché trasforma il cuore. Non basta lo zelo, abbiamo bisogno di compassione.
La compassione è il germoglio nuovo in una terra infestata dall’indifferenza, dal rancore, dalla violenza, dall’odio. La compassione è veramente già segno della risurrezione.
Custodiamo nel cuore la grande immagine della passione e morte di Gesù, per far sì che la sua compassione – la compassione di Dio – trasformi anche il nostro cuore.
(trascrizione da registrazione)