31-12-2012
Cari fratelli e sorelle, al termine di questa Eucaristia canteremo il Te Deum. È un inno che potremmo definire una professione di fede in canto, nella forma della lode. Fra qualche istante ripeteremo il credo degli Apostoli: è un’affermazione sintetica della nostra fede. Il Te Deum ci consegna le stesse convinzioni della Chiesa in relazione a Dio, a Gesù, allo Spirito Santo, all’opera di Gesù Cristo, ma lo fa sotto forma di lode e ci ricorda così che la lode è il modo supremo della preghiera. Forse non è il più frequente, ma certamente è il più importante. Questo non significa sottovalutare l’importanza e la bellezza della preghiera di invocazione, che è appunto la più frequente, quella che sale quasi istintivamente sulle labbra di una moltitudine di uomini.
La lode ci ricorda ciò che essenziale in ogni preghiera: il riconoscimento che Dio è proprio Dio, che soltanto Dio è Dio. La fede, che quest’anno vogliamo particolarmente alimentare, è proprio questo: riconoscere Dio, riconoscere la sua presenza in mezzo a noi, riconoscere la sua opera. È questo riconoscimento che inevitabilmente ci porta al ringraziamento e alla lode.
Riconoscere Dio, per noi cristiani, è riconoscere il suo amore, quell’amore che si è manifestato, si manifesta e si manifesterà essenzialmente nella persona di Gesù Cristo che è appunto il cuore della nostra fede. È bello vedere come da tutto questo ne scaturisca poi la domanda, l’invocazione e l’ultima parte del Te Deum, in forme molto semplici ma anche di grandissima intensità, si trasforma in una supplica.
Nel cuore di questa preghiera ci sta un’affermazione: “ogni giorno ti benediciamo”. Non soltanto l’ultimo giorno dell’anno, ma ogni giorno ti benediciamo. Ciascuno dei nostri giorni è come un luogo dove benedire Dio. Questo tempo che diventa una specie di luogo in cui si benedice Dio ci è consegnato in maniera intensissima proprio nelle parole che abbiamo udito dall’Apostolo Paolo: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”. Il tempo quindi è una specie di grande spazio dentro il quale non si svolge soltanto la nostra vita, ma in una maniera assolutamente sorprendente si manifesta la vita stessa di Dio. Dio, che siamo abituati giustamente a pensare solitamente nella dimensione dell’eternità, sceglie per amore nella persona di Gesù di abitare il tempo, come noi. Noi non siamo solo gli abitanti di un pianeta, noi siamo gli abitanti del tempo.
Noi siamo talmente immersi in questo tempo che potremmo immaginarlo come una specie di grande fiume, dentro il quale noi siamo immersi, ma a differenza di tutti gli altri esseri viventi noi siamo capaci di emergere dalla corrente e di vedere il tempo che scorre. Questa è l’unicità dell’uomo, la grande dignità dell’uomo: di elevarsi sopra le cose, di elevarsi sopra il tempo, di avere coscienza e consapevolezza della propria vita. Degli esseri immersi nella corrente del tempo come tutti e come tutto l’universo, ma nello stesso tempo capaci di elevarsi e di guardare e contemplare il tempo: di rendersi conto del passato, del presente, del futuro, di che cosa rappresenta il tempo per la nostra vita.
Questa sera noi viviamo la nostra celebrazione nella conclusione di un anno. Appunto ci solleviamo dalla corrente del tempo. È proprio un momento così: noi che ci fermiamo, solleviamo il nostro sguardo sopra la corrente del tempo e guardiamo il passato, guardiamo il tempo che è passato, guardiamo l’anno che si conclude.
C’è una tentazione che accompagna l’uomo contemporaneo più di altri uomini di altri tempi ed è quella di dimenticare il passato. È una tentazione che si fa particolarmente forte quando il passato non ci sembra degno di essere ricordato, quando il passato introduce in noi sentimenti di tristezza, di pena, rinnova dei dolori. Nel nostro tempo la tentazione di dimenticare il passato è molto forte, ma dimenticando i giorni noi dimentichiamo la vita, dimentichiamo le persone che fanno e hanno fatto la nostra vita, dimentichiamo ciò che ci ha segnato e che fa ciò che siamo oggi.
C’è un’immagine che appartiene alla mitologia antica ed è quella di Kronos, il più grande di tutti gli Dei. Egli divora i giorni, come divora i suoi figli: è il tempo che divora la vita. Ebbene noi siamo in una condizione nuova: da cristiani, cioè da persone che credono che Dio abita il tempo, non siamo più consegnati a nessun tipo di disperazione e tanto meno a quella del tempo che passa, che se ne va, che cancella piano piano i nostri giorni e dunque la nostra vita.
A coloro che si lamentavano dei tempi cattivi, Sant’Agostino rispondeva con un’espressione fulminante, che è ancora di una potenza la cui attualità possiamo immediatamente cogliere: “I tempi siamo noi. Non esistono i tempi cattivi, o meglio esistono nella misura in cui noi siamo cattivi”. Con questa affermazione Sant’Agostino riconosce la superiorità dell’uomo rispetto al tempo e la sua responsabilità nei confronti del tempo.
Cari fratelli e sorelle, certo evocando questi anni e in particolare questo anno, guardando con qualche trepidazione l’anno che ci attende, noi possiamo in qualche modo desiderare di dimenticare e di sognare qualche cosa di diverso, ma nello stesso tempo questa dimenticanza e questo sogno li dobbiamo superare con la consapevolezza che i tempi saranno cattivi o buoni nella misura in cui la nostra responsabilità ci orienterà verso il bene o verso il male: verso un bene condiviso, che sia il bene per tutti, o verso un male che a volte può rivelarsi un bene per qualcuno ma alla fine diventerà rovina per tutti.
La pienezza del tempo – di cui parlava l’Apostolo – non è una condizione particolarmente felice, ma è piuttosto il momento e la condizione in cui Dio si fa uomo entrando nel tempo. È lui che dà il significato ad ogni istante, ad ogni vicenda, che ci libera dalla tirannia del tempo che in ultima analisi è la tirannia della morte. Il tempo è riempito da Dio ma non come una specie di nuvola che pervade, che si diffonde sulla faccia della terra, ma è riempito da Dio nell’umanità di Gesù Cristo. Il tempo diventa il vero tempio di Dio. Noi siamo qui raccolti in un bel tempio, stiamo sollevando il nostro sguardo sopra il tempo, ma non dimentichiamo che proprio tutto questo che ci è concesso per grazia di Dio trasforma il tempo in un autentico tempio. Non solo il tempio dove abita Dio, ma dove noi che crediamo in lui abitiamo insieme con lui.
Guardiamo al tempo con fede in Dio e ci conceda questo la possibilità di vivere un tempo più autenticamente umano.
Maria, la Madre di Dio, ci introduca a questa sapienza. Lei che, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, custodiva queste cose nel suo cuore, meditandole.
(trascrizione da registrazione)