Introduzione al Rosario
Care sorelle e fratelli,
presenti in questa chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie o uniti spiritualmente attraverso la diretta televisiva a questa preghiera che innalzeremo a Maria e, attraverso di lei, al Signore. Ho desiderato tanto questo appuntamento. Nei mesi più violenti della pandemia siamo stati in compagnia spirituale: abbiamo condiviso tanto pur da lontano.
Ora siamo in una nuova fare che sembra, per certi versi, risparmiare almeno in parte la nostra terra. In questa festa così affascinante e cara ai cristiani, ho voluto ritrovarmi in preghiera per con voi per condividere i sentimenti, le speranze, le sofferenze di chi è stato provato e di chi lo è ora per la malattia, per la morte dei propri cari, per la distanza dagli affetti, soprattutto penso agli anziani, per le difficoltà economiche e sociali. Vogliamo condividere anche la nostra determinazione nella domanda a Maria che ci renda forti nella prova.
Siamo nella chiesa di Maria Immacolata delle Grazie. Non solo è nel centro della città, ma è nel cuore della città. La città ha un cuore nel momento in cui i nostri cuori fanno la città.
Desidero allora bussare al cuore di tutti perché i nostri cuori si aprano alla preghiera e alla speranza.
Questo mio bussare raggiunge tutte le vostre famiglie, ma oggi voglio raggiunge anche le famiglie di tanti bergamaschi che da poco o da tanto tempo sono presenti in tutti i Paesi del mondo. In questo momento li ricordiamo perché anche loro stanno vivendo la stessa prova e a volte lo fanno con una distanza molto forte dalle persone che sono loro care.
Ricchi delle intenzioni che vogliamo portare a Maria, ci affidiamo a lei.
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Omelia durante la S. Messa
Care sorelle e fratelli,
stiamo celebrando il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria in questa chiesa a lei dedicata. Anticamente il monastero che qui sorgeva era dedicato alla Madonna delle Grazie, quindi nel momento in cui avvenne la costruzione del nuovo tempio votivo e la sua dedicazione, poco dopo la proclamazione del dogma, si decise di invocare la Madonna Immacolata senza toglierle il titolo “delle grazie”. Perché è proprio così!
La grazia è traboccante: Maria è capace di grazie perché è piena di grazia. In Maria la grazia trabocca e la rende capace di corrispondere alle attese e alle speranze di chi la invoca.
La grazia è sempre sorprendente. Abbiamo udito nel Vangelo: Maria rimase turbata e sconcertata dal saluto dell’angelo. Ma è un dono sorprendente anche per noi: riconosciamo non solo i limiti della nostra esistenza ma anche le miserie della nostra quotidianità e anche i peccati che la abitano.
L’apostolo ci ha ricordato che “siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a Dio nella carità”. La grazia quindi non è una cosa, ma è una condizione, è un modo di essere che ci è concesso da Dio, è il frutto della relazione con lui.
La grazia è sorgente di tante grazie. È quasi impensabile che una persona, anche se non credente, non porti nel cuore un desiderio, una attesa, un bisogno. Così si rivolge a chi lo può esaudire. A volte può essere un’altra persona. Ci sono domande, attese, speranze che noi rivolgiamo a Dio e noi, da credenti, abbiamo trovato in Maria e nella sua maternità, la persona a cui affidare in qualche caso attese minuscole o speranze circoscritte, in altri casi invece ciò che appartiene alla drammaticità della nostra vita e della vita della comunità.
La grazia ottenuta come risposta alle nostre domande è sempre un segno e come tale è sempre da decifrare. C’è la possibilità che qualcuno interpreti quel segno semplicemente come una combinazione. Per altri invece è un dono, un’attenzione: a volte è minuscola, ma sorprendente nella sua piccolezza proprio perché viene da Dio.
La grazia che riceviamo come risposta alla nostra preghiera è un segno non soltanto da decifrare, ma anche da coltivare. Bisogna coltivare la grazia che riceviamo: non è un pacchetto regalo che il Signore ci concede. È espressione del suo amore e nel momento in cui lo riceviamo merita di essere gustato e chiede di essere coltivato: allora porterà frutto. La grazia e le grazie non sono mai solo per noi. Nel momento in cui pensiamo di tenerle solo per noi e di non farle motivo di dono e di gioia per altri, la grazia si consuma e si spegne. Noi rimaniamo allora delusi e desolati, ma il motivo è che abbiamo mancato di corrispondere alla grazia perché è da gustare, da coltivare, ma insieme da donare.
Una pianta non è bella soltanto per il suo germoglio, soltanto nel momento in cui fiorisce, ma è bella nel momento in cui dà i suoi frutti. La grazia noi la riceviamo come un seme, che deve diventare germoglio e poi fiore, che merita di essere coltivato per diventare frutto per la vita di chi ci sta vicino.
Se grazie abbiamo ricevuto, grazie distribuiamo. Se abbiamo accolto la grazia, diventiamo persone di grazia, disposte al loro “eccomi!” come Maria.
Eccomi davanti a Dio ed eccomi davanti al prossimo.
Abbiamo udito il dialogo avvenuto nel giardino dell’Eden. Un dialogo drammatico che scaturisce non solo dal peccato, ma dalla vergogna e dalla paura che porta a nascondersi. Noi a volte ci nascondiamo: non ci nascondiamo soltanto al virus, ma ci nascondiamo ai nostri familiari e agli altri, ci nascondiamo alle nostre responsabilità, ci nascondiamo alla nostra capacità di amare. Ci nascondiamo perché abbiamo paura.
Il dialogo nel giardino dell’Eden è: “mi sono nascosto”. Spesso è la nostra condizione. Il dialogo nella casa di Maria è proprio il contrario: “eccomi! sono la serva del Signore!”. Due scelte diverse e opposte: quella di sottrarsi e quella di disporsi: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che tu hai detto”.
Care sorelle e fratelli, che siete qui, che siete collegati attraverso la televisione, nell’emergenza che in questi mesi si è manifestata in tanti modi, nella solitudine, nell’abbandono, nella fatica di ogni giorno, alla luce di quello che stiamo vivendo e di quello a cui non vogliamo rinunciare, noi siamo chiamati a dire il nostro Eccomi!
Eccomi è il contrario del “mi sono nascosto”.
Eccomi apre a Dio, mentre il peccato chiude, isola, fa rimanere soli con se stessi.
Eccomi è la parola chiave della vita.
Eccomi è essere disponibili al Signore.
Eccomi è la cura di ogni egoismo.
Eccomi è l’antidoto di una vita insoddisfatta.
Eccomi è il rimedio contro l’invecchiamento del peccato.
Eccomi è la terapia per rimanere giovani dentro.
Eccomi è credere che Dio è più importante del mio io.
Eccomi a Dio ed eccomi al mio prossimo. Ho scritto per quest’anno una lettera pastorale a con la quale ho voluto invitare a “servire la vita dove la vita accade”. Appunto: eccomi, avvenga di me secondo la tua parola.
Ancor più ricco di speranza diventa l’Eccomi di ciascuno, se diventa l’Eccoci! L’Eccoci di tutti, l’eccoci della comunità.
L’arcivescovo Delpini in occasione della festa di Sant’Ambrogio ha scritto un messaggio da titolo: “Tocca a noi, tutti insieme”. Quindi non solo eccomi!, ma eccoci! Insieme.
Questo è l’atteggiamento sapiente. Non viviamo facendo dipendere la nostra vita dai problemi, anche gravi, perché finito uno ce ne sarà un altro. Viviamo invece fidandoci di Dio, affidandoci a lui ogni giorno: Eccoci!
Eccoci è la parola, eccoci è la preghiera. Chiediamo all’Immacolata la grazia di vivere così.
(trascrizione da registrazione)