15-08-2017
Care sorelle e cari fratelli,
celebriamo l’assunzione di Maria, un evento luminoso che evoca una dimensione che ci appartiene in maniera evidentissima: la dimensione verticale della vita, la dimensione dell’altezza. Maria è assunta in cielo, sale.
L’immagine della gloria di Maria ci riporta alla constatazione che il meglio della vita sta sempre in alto. Nel nostro immaginario, almeno in quello occidentale – non conosco bene altre culture – il meglio è sempre in alto. Non per nulla quando una persona ritiene di aver raggiunto una soddisfazione che gli riempie l’anima di felicità, usa l’espressione “mi sento al settimo cielo”: proprio in alto. Quando ci complimentiamo con una persona per la riuscita del suo lavoro o della sua esistenza, diciamo: “sei arrivato in alto”. Parlando di persone che occupano posti importanti spesso diciamo che “si trovano al vertice”. Comunque di una persona che per il suo lavoro o per fortuna o certamente per i suoi sacrifici ha tagliato un traguardo considerevole diciamo “che ha raggiunto un posto elevato”. Sempre il meglio sta in alto. Così guardiamo a coloro che stanno sul gradino più alto perché ci sembrano persone che hanno una particolare rilevanza.
Ho ricordato tutto questo perché sono convinto che appartenga al nostro modo di sentire, di guardare le cose e di giudicare la vita e a volte anche noi stessi. Non dobbiamo dimenticare però che questa aspirazione all’alto ha a che fare con la fatica. Non sto pensando certo a scalate improprie, a scalate sulle spalle di altre, a scalate inammissibili dal punto di vista morale. Sto parlando di quella legittima fatica di chi cerca il meglio per sé, per la propria famiglia, per coloro che ama. Salire costa fatica.
Certamente è una fatica che quando raggiunge la meta si accompagna anche a una soddisfazione e se permettete anche ad una responsabilità. Stare in alto evoca anche una responsabilità più alta.
Adesso però vorrei dirvi una cosa che sembra paradossale, stravolgente di quello che ho appena ricordato, cioè che anche il peggio sta in alto. Questo ci sorprende e sull’immediato non immagineremmo una cosa di questo genere.
Ma guardate un po’ anche in questa chiesa: la cupola è uno splendore, è il meglio; se però il vostro sguardo si innalza davanti a voi, in alto vedete una croce e questo è il peggio della vita. È quando la vita diventa in salita, non perché l’abbiamo scelto, ma perché avviene così. Comincia allora un andare in alto penoso. Nel senso che è davvero una pena. Penso a una cosa umane come una malattia: e si comincia a salire il calvario. Calvario vuol dire salire, in alto, ma sulla sommità del calvario c’è la croce, cioè dolore, male, sofferenza.
Abbiamo a che fare con l’esperienza della rovina, del fallimento, con la esperienza della debolezza.
Un’esperienza che alimenta in noi rabbia e rassegnazione. La croce, cari fratelli e sorelle, l’abbiamo messa in alto anche su tante nostre montagne, ma è la croce. Cioè è quello che nessuno desidera per se stesso e per coloro che ama. Dobbiamo dirci la verità: la croce è diventata emblema di ogni sofferenza e di ogni esperienza che non vorremmo provare, anche quella sbagliata.
Una terza considerazione ispirata a questo alto che ci indica Maria che viene assunta in cielo è che anche la sorpresa della vita sta in alto. E vorrei che non lo dimenticassimo mai.
Se umanissimo è andare verso l’alto come verso il meglio, se umanissimo è ritrovarsi su questo alto che è il calvario, altrettanto umanissimo ma che addirittura supera la nostra umanità è la sorpresa. Dio appartiene al mondo della sorpresa. Tutte le volte in cui in con la nostra abitudine stanca al posto della fedeltà quotidiana impolveriamo o addirittura mortifichiamo la sorpresa di Dio, gli stiamo facendo un grande torto.
Che siamo di una certa età o siamo giovani, Dio è sempre una sorpresa. Se non è una sorpresa, non è Dio. Anche qui c’è un’esperienza umanissima che possono fare tutti, credenti e non credenti: è l’esperienza del dono. Il dono è sempre una sorpresa. Non solo come qualcosa di inaspettato organizzato in occasione di qualche festa particolare, ma perché ci sorprende, perché è qualcosa di umanissimo e nello stesso tempo sembra superi le logiche dell’umanità, che tende sempre a rassegnarsi. Il dono è sempre più grande, il dono è una sorpresa.
La sorpresa della vita sta in alto. Maria assunta sta in alto. Cristo sta in alto sulla croce, ma ancor più in alto nella sua risurrezione. Cari fratelli e sorelle, qui abbiamo a che fare con la scelta della fede.
Maria ci rappresenta la possibilità di andare in alto percorrendo la via della fede, che è la via della fiducia incondizionata. Noi stiamo facendo fatica ad andare in alto, anche umanamente e socialmente, perché non abbiamo più fede in Dio e non abbiamo più fiducia nemmeno in noi. Che cosa possiamo costruire se non coltiviamo la fede tra noi e in Dio?
Maria ci rappresenta la scelta dell’amore, che troverà nel suo figlio lo stigma più alto. È l’amore il meglio della vita. Scegliere l’amore è andare in alto.
Anche – ed è la terza scelta di Maria – quando l’amore ci porta ad andare in basso, a porci al servizio. Uno dei test più grandi dell’amore è vedere il bene dell’altro come più importante del mio bene. Questo è l’amore che diventa servizio in una relazione coniugale, in una famiglia, in una comunità, nella società.
La sorpresa di Dio, la sorpresa della vita sta sempre in alto. Gesù ascende al cielo: è la perfezione dell’amore. Maria è assunta in cielo: è la perfezione della fede. Noi non saremo perfetti ma vogliamo metterci sulla stessa strada.
(trascrizione da registrazione)