S. Natale – Messa di Mezzanotte – Cattedrale

25-12-2018
Care sorelle e fratelli,

 
abbiamo ascoltato una grande narrazione capace di attraversare i secoli e di toccare una moltitudine di cuori. Ma non è soltanto una narrazione, è un Vangelo. La storia di Gesù, la narrazione della sua nascita si trasforma in un Vangelo, in un annuncio, in una “buona notizia”. Un annuncio rivolto a ciascuno: a tutti noi che siamo riuniti in questa Cattedrale, a tutti coloro che in questa notte riempiono le nostre chiese.
 
L’annuncio è quello degli angeli ai pastori e vorrei farlo risuonare ancora, non solo alle vostre orecchie ma alla vostra attenzione e al vostro cuore: “Non temete! Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino, avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
 
È l’annuncio di una nascita. È l’annuncio della potenza mite e della novità ineguagliabile rappresentata dalla nascita di un essere umano. Qualunque sia la sua condizione. Non esiste notizia più potente di questa. Non esiste una novità paragonabile a questa: una nascita.
 
Ma ogni nascita è esposta all’accoglienza o al rifiuto. Come ogni essere umano, Gesù si espone a questa scelta decisiva che verrà fatta da altri, da ognuno, da ciascuno di noi.
 
La stalla in cui nasce – perché è questa la sala parto di Gesù – non rappresenta una grande novità per quel tempo, probabilmente succedeva così a non pochi. Non dimentichiamo però che anche oggi – nel nostro tempo – molti bambini nascono ancora in queste condizioni.
 
L’aspetto provocante sta nelle parole del Vangelo: “non c’era posto per loro nell’alloggio”. Per questo nasce in una stalla: per loro, proprio per Maria e Giuseppe e Gesù non c’era posto, non c’era un alloggio. Non è nato per caso in una stalla, ma perché per lui non c’era posto in una casa. È condizione emblematica di tutti coloro che non hanno posto, non hanno un posto, non trovano posto, sono fuori posto.
 
Se Dio non trova posto, come potrà trovare posto l’essere umano?
 
Se l’uomo – noi – non troviamo posto in questa vita, in questa umanità, in questo nostro mondo, dove troverà posto Dio?
 
L’angelo non annuncia soltanto la nascita di un nuovo essere umano: “per voi è nato un Salvatore”. Se il fascino della nascita di un bambino è capace comunque ancora di smuovere il cuore di un padre, di una madre, di una famiglia, di tutti noi che vediamo in questo in segno di speranza, soprattutto in un’epoca e in un occidente dove una nascita appare veramente come un miracolo.
 
L’angelo annuncia “per noi” un Salvatore. E lo annuncia ai pastori, perché questa gioia è per chi sta attendendo un riscatto, una liberazione e attende appunto una salvezza nella condizione in cui si trova. Questo annuncio ai pastori diventa rappresentazione di una buona notizia, di un vangelo, a chi non ci spera più. Quante volte succede proprio così: la prova è così dura che noi non attendiamo più niente, non speriamo più niente. L’annuncio del Vangelo del Natale è indirizzato a chi attende e a chi non ha più la forza di attendere.
 
È un annuncio che risuona nella notte e risveglia il cuore assopito e appesantito. I pastori rappresentano l’appesantimento del cuore, della mente, degli occhi. La fatica del giorno per loro era stata tanta e forse anche a noi in questo momento la stanchezza si fa sentire. Ma questo annuncio è capace di risvegliare il cuore.
 
“Per voi è nato un Salvatore”. Ogni cuore umano custodisce un’attesa, un desiderio, una speranza che nessuna risposta riesce a placare. Credo che siamo qui anche per questo.
 
L’angelo annuncia ai pastori, di notte, la nascita del Salvatore, rivelandone i connotati, attraverso i quali noi riusciremo ad intuire come ci salverà: è nato un bambino, è stato avvolto in fasce, è deposto in una mangiatoia.
 
Care sorelle e fratelli, non ci lasciamo smuovere facilmente dall’annuncio della nascita di una salvezza. Nel corso della storia umana mille e mille volte è stata annunciata una salvezza; mille e mille volte sono apparsi all’orizzonte i salvatori che poi hanno rivelato tutto il loro limite o addirittura la loro disumanità.
 
La salvezza annunciata con le tre immagini – un bambino, le fasce, la mangiatoia – si mostra sulla via di una totale condivisione. Dio condivide totalmente e radicalmente la nostra condizione. Quando diciamo “escluso il peccato” non dobbiamo dimenticare che Gesù condivide talmente la nostra condizione che verrà crocifisso come un peccatore.
 
È la strada della condivisione quella della salvezza.
 
Di fronte ad ogni ritirata, di fronte ad ogni resistenza, di fronte ad ogni forma di barriera noi ci rendiamo conto che soltanto se corriamo il rischio che ha corso Dio, cioè il rischio della condivisione con i nostri fratelli, cominciando dalle nostre famiglie, e poi con le famiglie che vivono attorno alla nostra famiglia, e quindi le nostre comunità e via via…
 
È la cura la via della salvezza.
 
“Lo avvolse in fasce”. Prendiamoci cura soprattutto di chi è senza cura, prendiamoci cura di chi è trascurato. Una delle malattie che si sta diffondendo è la “non-curanza”. Non l’indifferenza, che avvertiamo grave. La non-curanza è più sottile: perché mi devo prendere cura io? non potrò prendermi cura io del mondo intero? Cari fratelli e sorelle, cominciamo da chi ci è affidato e il cuore si allarghi a chi è trascurato. Lo avvolse in fasce: questa è la via della salvezza.
 
La via della salvezza passa attraverso un nutrimento capace di dare vita.
 
“Lo depose in una mangiatoia”. Cari fratelli, a noi non manca il pane, ma ci rendiamo conto che per la nostra vita questo pane non basta. La mangiatoia è dove si nutrono le bestie, ma lì viene deposto un pane che trasforma le bestie in uomini. Questa è la grandezza. Di che cosa ci nutriamo per vivere e non solo per sopravvivere? È questo pane deposto nella mangiatoia la nostra salvezza.
 
Il racconto del Natale conquista il cuore, l’annuncio dell’angelo lo risveglia alla speranza. Che questo annuncio possa risvegliare i nostri cuori, aprirli ancora alla speranza, ad una speranza così grande che non sia soltanto per noi, ma sia per tutti, come la nascita di Gesù.
(trascrizione da registrazione)